• Trovare partner affidabili all’estero: strumenti e canali da usare

    Noi di Impresa.biz sappiamo quanto sia importante, per un’impresa che vuole crescere oltre confine, trovare partner commerciali seri e competenti. Che si tratti di distributori, agenti, importatori o fornitori, la scelta dei collaboratori giusti è spesso ciò che determina il successo (o il fallimento) di un progetto di internazionalizzazione.

    Ma come si fa a trovare partner affidabili all’estero? Ecco i canali e gli strumenti che utilizziamo – e che consigliamo – per farlo in modo efficace e con il giusto livello di sicurezza.

    1. Fiere internazionali di settore
    Partecipare alle fiere B2B è uno dei modi migliori per incontrare potenziali partner:
    -Permette di valutare di persona competenza, professionalità e interesse reciproco
    -Spesso include agende di incontri pre-organizzati (matchmaking)
    È utile sia per chi esporta che per chi cerca fornitori
    Esistono contributi e bandi pubblici per sostenere i costi di partecipazione.

    2. Portali specializzati e database ufficiali
    Online ci sono strumenti molto utili per cercare partner già profilati:
    -Enterprise Europe Network (EEN): piattaforma dell’UE per trovare partner in Europa
    -Kompass, Europages e Alibaba B2B per contatti globali
    -ICE – Italian Trade Agency: offre elenchi aggiornati e servizi di scouting personalizzato

    3. Camere di commercio italiane all’estero
    Le Camere di commercio italiane all’estero (CCIE) sono presenti in oltre 60 Paesi e aiutano concretamente le imprese:
    -Identificano potenziali partner locali
    -Offrono referenze e pre-verifiche
    -Organizzano incontri e missioni d’affari
    -Un canale prezioso, anche per chi è alla prima esperienza internazionale.

    4. Contatti tramite clienti o fornitori già attivi
    A volte i partner migliori si trovano… tra i contatti che abbiamo già. Chiedere referenze a clienti soddisfatti o fornitori internazionali può aprire porte a collaborazioni affidabili e veloci.

    5. Associazioni di categoria e consorzi export
    Molte associazioni italiane (es. Confindustria, CNA, Confartigianato) e consorzi export offrono:
    -Reti di contatti selezionati all’estero
    -Eventi di networking e promozione congiunta
    -Servizi di scouting e assistenza legale/commerciale

    6. Due diligence e verifiche preliminari
    Prima di firmare un contratto con un partner estero, è fondamentale fare delle verifiche:
    -Visure e bilanci (dove disponibili)
    -Recensioni, reputazione online, referenze dirette
    -Check tramite ambasciate o istituti di credito per l’estero
    Meglio perdere qualche giorno in più all’inizio che mesi per risolvere un problema dopo.

    Trovare partner affidabili all’estero non è semplice, ma è possibile se si utilizzano i canali giusti e si applicano metodi strutturati di selezione. Noi di Impresa.biz supportiamo le imprese passo dopo passo, dalla ricerca al primo contatto, fino alla gestione del rapporto commerciale.

    #ImpresaBiz #Internazionalizzazione #Export #PartnerEsteri #BusinessGlobale #FiereInternazionali #CamereCommercioEstero #StrategieExport #PMIExport #TrovarePartner
    Trovare partner affidabili all’estero: strumenti e canali da usare Noi di Impresa.biz sappiamo quanto sia importante, per un’impresa che vuole crescere oltre confine, trovare partner commerciali seri e competenti. Che si tratti di distributori, agenti, importatori o fornitori, la scelta dei collaboratori giusti è spesso ciò che determina il successo (o il fallimento) di un progetto di internazionalizzazione. Ma come si fa a trovare partner affidabili all’estero? Ecco i canali e gli strumenti che utilizziamo – e che consigliamo – per farlo in modo efficace e con il giusto livello di sicurezza. 1. Fiere internazionali di settore Partecipare alle fiere B2B è uno dei modi migliori per incontrare potenziali partner: -Permette di valutare di persona competenza, professionalità e interesse reciproco -Spesso include agende di incontri pre-organizzati (matchmaking) È utile sia per chi esporta che per chi cerca fornitori ➡️ Esistono contributi e bandi pubblici per sostenere i costi di partecipazione. 2. Portali specializzati e database ufficiali Online ci sono strumenti molto utili per cercare partner già profilati: -Enterprise Europe Network (EEN): piattaforma dell’UE per trovare partner in Europa -Kompass, Europages e Alibaba B2B per contatti globali -ICE – Italian Trade Agency: offre elenchi aggiornati e servizi di scouting personalizzato 3. Camere di commercio italiane all’estero Le Camere di commercio italiane all’estero (CCIE) sono presenti in oltre 60 Paesi e aiutano concretamente le imprese: -Identificano potenziali partner locali -Offrono referenze e pre-verifiche -Organizzano incontri e missioni d’affari -Un canale prezioso, anche per chi è alla prima esperienza internazionale. 4. Contatti tramite clienti o fornitori già attivi A volte i partner migliori si trovano… tra i contatti che abbiamo già. Chiedere referenze a clienti soddisfatti o fornitori internazionali può aprire porte a collaborazioni affidabili e veloci. 5. Associazioni di categoria e consorzi export Molte associazioni italiane (es. Confindustria, CNA, Confartigianato) e consorzi export offrono: -Reti di contatti selezionati all’estero -Eventi di networking e promozione congiunta -Servizi di scouting e assistenza legale/commerciale 6. Due diligence e verifiche preliminari Prima di firmare un contratto con un partner estero, è fondamentale fare delle verifiche: -Visure e bilanci (dove disponibili) -Recensioni, reputazione online, referenze dirette -Check tramite ambasciate o istituti di credito per l’estero Meglio perdere qualche giorno in più all’inizio che mesi per risolvere un problema dopo. Trovare partner affidabili all’estero non è semplice, ma è possibile se si utilizzano i canali giusti e si applicano metodi strutturati di selezione. Noi di Impresa.biz supportiamo le imprese passo dopo passo, dalla ricerca al primo contatto, fino alla gestione del rapporto commerciale. #ImpresaBiz #Internazionalizzazione #Export #PartnerEsteri #BusinessGlobale #FiereInternazionali #CamereCommercioEstero #StrategieExport #PMIExport #TrovarePartner
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  • Esportare prodotti Made in Italy: opportunità e sfide da conoscere

    Noi di Impresa.biz siamo testimoni quotidiani del fascino e della forza del Made in Italy nel mondo. I prodotti italiani – dall’abbigliamento al cibo, dal design all’artigianato – sono sinonimo di qualità, creatività e tradizione. Esportarli rappresenta una straordinaria opportunità di crescita per molte imprese italiane, ma anche una sfida che richiede preparazione e strategia.

    Opportunità di esportare il Made in Italy
    -Brand riconosciuto e apprezzato: Il marchio Made in Italy è un potente vantaggio competitivo, capace di conquistare clienti attenti alla qualità e all’autenticità.
    -Accesso a mercati in crescita: Paesi emergenti e mercati sviluppati mostrano grande interesse verso i prodotti italiani, soprattutto in settori come moda, food & beverage, arredamento e cosmetica.
    -Valorizzazione della cultura e della tradizione: Esportare significa anche raccontare una storia, un territorio, un know-how unico, che genera valore aggiunto oltre al prodotto stesso.

    Le sfide da affrontare
    -Barriere burocratiche e doganali: Ogni mercato ha regole diverse su certificazioni, etichettature, normative sanitarie e standard di sicurezza. Navigare questi ostacoli richiede competenze specifiche e attenzione.
    -Concorrenza internazionale: Il prestigio del Made in Italy non esclude la competizione agguerrita da produttori locali e da altri paesi che cercano di imitare o abbassare i prezzi.
    -Adeguamento ai gusti locali: Anche se il Made in Italy è sinonimo di eccellenza, è fondamentale adattare l’offerta alle preferenze, alle esigenze e alle abitudini dei consumatori dei diversi mercati.
    -Logistica e distribuzione: Gestire spedizioni, magazzini, canali di vendita e assistenza post-vendita in paesi esteri è complesso e può incidere sui costi e sulla qualità del servizio.

    Come prepararsi al successo nell’export Made in Italy
    -Investire in una ricerca di mercato approfondita per capire dove e come posizionarsi.
    -Costruire partnership solide con distributori e agenti locali.
    -Curare la comunicazione e il branding, valorizzando l’autenticità e la storia dietro il prodotto.
    -Affidarsi a professionisti per la gestione degli aspetti normativi e logistici.

    Esportare prodotti Made in Italy è una straordinaria occasione di crescita, ma richiede preparazione, strategia e capacità di adattamento. Noi di Impresa.biz siamo pronti a supportare le imprese italiane in questo percorso, fornendo consulenza specializzata e strumenti per affrontare con successo i mercati internazionali.

    #ImpresaBiz #MadeInItaly #Export #Esportazione #BusinessInternazionale #PMI #StrategieDiExport #MercatiEsteri #CrescitaAziendale #Internazionalizzazione
    Esportare prodotti Made in Italy: opportunità e sfide da conoscere Noi di Impresa.biz siamo testimoni quotidiani del fascino e della forza del Made in Italy nel mondo. I prodotti italiani – dall’abbigliamento al cibo, dal design all’artigianato – sono sinonimo di qualità, creatività e tradizione. Esportarli rappresenta una straordinaria opportunità di crescita per molte imprese italiane, ma anche una sfida che richiede preparazione e strategia. Opportunità di esportare il Made in Italy -Brand riconosciuto e apprezzato: Il marchio Made in Italy è un potente vantaggio competitivo, capace di conquistare clienti attenti alla qualità e all’autenticità. -Accesso a mercati in crescita: Paesi emergenti e mercati sviluppati mostrano grande interesse verso i prodotti italiani, soprattutto in settori come moda, food & beverage, arredamento e cosmetica. -Valorizzazione della cultura e della tradizione: Esportare significa anche raccontare una storia, un territorio, un know-how unico, che genera valore aggiunto oltre al prodotto stesso. Le sfide da affrontare -Barriere burocratiche e doganali: Ogni mercato ha regole diverse su certificazioni, etichettature, normative sanitarie e standard di sicurezza. Navigare questi ostacoli richiede competenze specifiche e attenzione. -Concorrenza internazionale: Il prestigio del Made in Italy non esclude la competizione agguerrita da produttori locali e da altri paesi che cercano di imitare o abbassare i prezzi. -Adeguamento ai gusti locali: Anche se il Made in Italy è sinonimo di eccellenza, è fondamentale adattare l’offerta alle preferenze, alle esigenze e alle abitudini dei consumatori dei diversi mercati. -Logistica e distribuzione: Gestire spedizioni, magazzini, canali di vendita e assistenza post-vendita in paesi esteri è complesso e può incidere sui costi e sulla qualità del servizio. Come prepararsi al successo nell’export Made in Italy -Investire in una ricerca di mercato approfondita per capire dove e come posizionarsi. -Costruire partnership solide con distributori e agenti locali. -Curare la comunicazione e il branding, valorizzando l’autenticità e la storia dietro il prodotto. -Affidarsi a professionisti per la gestione degli aspetti normativi e logistici. Esportare prodotti Made in Italy è una straordinaria occasione di crescita, ma richiede preparazione, strategia e capacità di adattamento. Noi di Impresa.biz siamo pronti a supportare le imprese italiane in questo percorso, fornendo consulenza specializzata e strumenti per affrontare con successo i mercati internazionali. #ImpresaBiz #MadeInItaly #Export #Esportazione #BusinessInternazionale #PMI #StrategieDiExport #MercatiEsteri #CrescitaAziendale #Internazionalizzazione
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  • 5 modelli di business vincenti da cui prendere ispirazione

    Noi di Impresa.biz lavoriamo ogni giorno con imprenditori, startupper e liberi professionisti in cerca di direzione e struttura. Spesso ci viene chiesto: “Da dove parto? Che modello posso adottare?”

    La verità è che non esiste un unico modo giusto per fare impresa. Ma ci sono modelli di business vincenti, collaudati, flessibili, che possono essere adattati a diversi settori e mercati. In questo articolo ne abbiamo selezionati cinque, tra i più solidi e attuali, da cui prendere spunto per costruire o ripensare la propria attività.

    1. Business in abbonamento (Subscription model)
    Un modello sempre più diffuso, perché garantisce entrate ricorrenti e fidelizzazione del cliente. Funziona sia per prodotti (es. box mensili, cibo, cosmetica, libri) sia per servizi (software, formazione, consulenze, community).
    Vantaggi: entrate prevedibili, rapporto continuo col cliente
    Adatto a: digital business, e-commerce, contenuti premium, servizi specializzati

    2. Marketplace (piattaforma multi-vendor)
    Un modello che mette in contatto domanda e offerta, senza necessariamente detenere i prodotti o fornire i servizi. Pensiamo a Airbnb, Etsy o Vinted. L’impresa guadagna attraverso commissioni o fee di servizio.
    Vantaggi: scalabilità, possibilità di crescere velocemente
    Adatto a: settori con forte domanda frammentata (turismo, artigianato, servizi locali)

    3. Freemium + servizi a valore aggiunto
    Si offre un servizio gratuito di base (es. software, app, contenuti), e si monetizza attraverso funzionalità avanzate, formazione, assistenza o pubblicità. È un modello vincente nel digitale perché permette di creare una base utenti ampia e di monetizzare solo su chi è disposto a pagare di più.
    Vantaggi: crescita rapida, bassa barriera d’ingresso per l’utente
    Adatto a: app, strumenti SaaS, portali online, community digitali

    4. Modello “boutique” ad alto margine
    Invece di puntare su volumi elevati, si propone un’offerta premium, personalizzata, ad alto valore percepito. Funziona quando il cliente è disposto a pagare di più per qualità, esclusività, esperienza. È perfetto per professionisti, artigiani e brand di nicchia.
    Vantaggi: alta marginalità, posizionamento forte
    Adatto a: consulenti, brand di lusso, servizi su misura, design, artigianato

    5. Modello ibrido online-offline
    Molte attività stanno vincendo la sfida combinando presenza fisica e canali digitali. Un negozio che vende anche online, un personal trainer che offre sia lezioni in palestra che videocorsi, uno studio professionale che affianca consulenze in presenza e digitali.
    Vantaggi: flessibilità, maggiore copertura del mercato
    Adatto a: retail, professionisti, formazione, wellness, servizi locali

    Non serve inventare qualcosa di completamente nuovo per fare impresa con successo. Spesso basta adattare un modello collaudato al proprio mercato, alle proprie competenze e alla propria visione. Noi di Impresa.biz siamo qui per aiutare chi ha un’idea a trovare la strada più adatta per trasformarla in un business vero, sostenibile e scalabile.

    #ImpresaBiz #ModelliDiBusiness #BusinessModel #StartUp #PMI #IdeeDiImpresa #StrategiaAziendale #ImprenditoriDigitali #Freemium #Abbonamenti #Marketplace #BusinessDesign #Scalabilità
    5 modelli di business vincenti da cui prendere ispirazione Noi di Impresa.biz lavoriamo ogni giorno con imprenditori, startupper e liberi professionisti in cerca di direzione e struttura. Spesso ci viene chiesto: “Da dove parto? Che modello posso adottare?” La verità è che non esiste un unico modo giusto per fare impresa. Ma ci sono modelli di business vincenti, collaudati, flessibili, che possono essere adattati a diversi settori e mercati. In questo articolo ne abbiamo selezionati cinque, tra i più solidi e attuali, da cui prendere spunto per costruire o ripensare la propria attività. 1. Business in abbonamento (Subscription model) Un modello sempre più diffuso, perché garantisce entrate ricorrenti e fidelizzazione del cliente. Funziona sia per prodotti (es. box mensili, cibo, cosmetica, libri) sia per servizi (software, formazione, consulenze, community). ✅ Vantaggi: entrate prevedibili, rapporto continuo col cliente 💡 Adatto a: digital business, e-commerce, contenuti premium, servizi specializzati 2. Marketplace (piattaforma multi-vendor) Un modello che mette in contatto domanda e offerta, senza necessariamente detenere i prodotti o fornire i servizi. Pensiamo a Airbnb, Etsy o Vinted. L’impresa guadagna attraverso commissioni o fee di servizio. ✅ Vantaggi: scalabilità, possibilità di crescere velocemente 💡 Adatto a: settori con forte domanda frammentata (turismo, artigianato, servizi locali) 3. Freemium + servizi a valore aggiunto Si offre un servizio gratuito di base (es. software, app, contenuti), e si monetizza attraverso funzionalità avanzate, formazione, assistenza o pubblicità. È un modello vincente nel digitale perché permette di creare una base utenti ampia e di monetizzare solo su chi è disposto a pagare di più. ✅ Vantaggi: crescita rapida, bassa barriera d’ingresso per l’utente 💡 Adatto a: app, strumenti SaaS, portali online, community digitali 4. Modello “boutique” ad alto margine Invece di puntare su volumi elevati, si propone un’offerta premium, personalizzata, ad alto valore percepito. Funziona quando il cliente è disposto a pagare di più per qualità, esclusività, esperienza. È perfetto per professionisti, artigiani e brand di nicchia. ✅ Vantaggi: alta marginalità, posizionamento forte 💡 Adatto a: consulenti, brand di lusso, servizi su misura, design, artigianato 5. Modello ibrido online-offline Molte attività stanno vincendo la sfida combinando presenza fisica e canali digitali. Un negozio che vende anche online, un personal trainer che offre sia lezioni in palestra che videocorsi, uno studio professionale che affianca consulenze in presenza e digitali. ✅ Vantaggi: flessibilità, maggiore copertura del mercato 💡 Adatto a: retail, professionisti, formazione, wellness, servizi locali Non serve inventare qualcosa di completamente nuovo per fare impresa con successo. Spesso basta adattare un modello collaudato al proprio mercato, alle proprie competenze e alla propria visione. Noi di Impresa.biz siamo qui per aiutare chi ha un’idea a trovare la strada più adatta per trasformarla in un business vero, sostenibile e scalabile. #ImpresaBiz #ModelliDiBusiness #BusinessModel #StartUp #PMI #IdeeDiImpresa #StrategiaAziendale #ImprenditoriDigitali #Freemium #Abbonamenti #Marketplace #BusinessDesign #Scalabilità
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  • Come usare i marketplace per testare un mercato estero prima di investire
    Quando ho deciso di vendere i miei prodotti all’estero, il primo pensiero è stato: da dove comincio senza bruciarmi budget e tempo? La risposta l’ho trovata nei marketplace internazionali.

    Invece di partire subito con sito localizzato, magazzino, customer care e campagne complesse, ho scelto un approccio più snello: usare i marketplace per validare il mercato.

    È stato il modo migliore per capire se c’era davvero domanda, quali prodotti funzionavano, e che tipo di cliente mi aspettava oltre confine. Ecco come ci sono arrivato, passo dopo passo.

    1. Perché partire da un marketplace
    Un marketplace ti dà visibilità immediata, struttura già pronta, e accesso a un pubblico locale. Non serve creare un sito da zero o investire in SEO internazionale.

    Vantaggi chiave:
    -Testi e valute localizzati
    -Logistica (a volte) semplificata
    -Marketing integrato
    -Accesso a migliaia di clienti locali già attivi

    2. Scegliere il marketplace giusto per il tuo settore
    Io ho cominciato vendendo su Amazon.fr e eBay.de. Ma nel tempo ho capito che la scelta deve essere fatta in base al Paese e al tipo di prodotto.

    Ecco come ho selezionato le piattaforme:
    Settore Marketplace ideale Paesi di forza
    Artigianato / design Etsy, Amazon Handmade USA, Francia, UK
    Moda / accessori Zalando Partner, Spartoo, Miinto Germania, Nord Europa
    Home & Garden ManoMano, Wayfair, eBay Francia, Regno Unito, Germania
    Tech / elettronica eBay, BackMarket Francia, Spagna, Polonia
    Tutto (generalista) Amazon, Cdiscount, Kaufland, Fruugo Europa e mercati globali

    Consiglio: prima di iscriverti, guarda se ci sono prodotti simili ai tuoi, che prezzi hanno, e se ci sono recensioni.

    3. Cosa puoi testare davvero
    Nei primi 3 mesi su marketplace esteri ho capito:
    -Quali prodotti funzionavano meglio fuori dall’Italia
    -Quanto erano disposti a pagare i clienti stranieri
    -Che tipo di comunicazione risuonava di più
    -Quali erano i problemi (spedizioni lente, resi, recensioni)
    -Quanto margine avevo dopo commissioni e costi di logistica
    Usa questi dati come base per decidere se aprire un tuo shop locale o no.

    4. Gestione dei costi: non è “gratis”, ma è scalabile
    Ogni marketplace prende una % sulle vendite (dal 10% al 20%) e può avere:
    -Costo fisso mensile (es. Amazon: ~39€/mese)
    -Commissioni su transazioni
    -Costi di logistica (se usi FBA o equivalenti)
    Ma il bello è che paghi solo se vendi. Nessun investimento in advertising o sviluppo preventivo.
    Per me è stato un modo a basso rischio per capire dove valeva la pena investire di più (e dove no).

    5. Ottimizzare schede prodotto e feedback
    Per vendere bene devi curare la scheda prodotto come se fossi sul tuo sito:
    -Titolo chiaro + keyword locali (in lingua)
    -Descrizione adattata, non tradotta
    -Foto professionali (ma realistiche)
    -Prezzo competitivo
    -Politiche di reso e spedizione trasparenti
    E poi: chiedi feedback! Le recensioni nei marketplace sono il tuo passaporto per la fiducia nei mercati stranieri.

    6. Dopo il test: cosa fare se funziona
    Dopo 6 mesi su marketplace esteri avevo dati reali su:
    -Paesi più redditizi
    -Fasce di prezzo preferite
    -Domande frequenti dei clienti
    -Problematiche di logistica e servizio

    Con questi insight ho lanciato:
    -Un sito e-commerce localizzato solo in 2 mercati (Francia e Germania)
    -Ads mirate con messaggi testati
    -Un magazzino doganale in Belgio
    Il test è stato il trampolino per un export digitale solido, mirato e sostenibile.

    Usare i marketplace per testare un mercato estero è una delle mosse più intelligenti che abbia fatto. Non servono grandi budget, ma un metodo e la voglia di imparare dal mercato.

    Partire da lì mi ha permesso di fare scelte consapevoli e internazionalizzare senza bruciarmi.

    #MarketplaceExport #EcommerceInternazionale #TestDiMercato #ExportDigitale #PMIitaliane #VendereAllEstero #AmazonSeller #EtsyItalia #CrossBorderEcommerce #DigitalExport #MadeInItaly

    Come usare i marketplace per testare un mercato estero prima di investire Quando ho deciso di vendere i miei prodotti all’estero, il primo pensiero è stato: da dove comincio senza bruciarmi budget e tempo? La risposta l’ho trovata nei marketplace internazionali. Invece di partire subito con sito localizzato, magazzino, customer care e campagne complesse, ho scelto un approccio più snello: usare i marketplace per validare il mercato. È stato il modo migliore per capire se c’era davvero domanda, quali prodotti funzionavano, e che tipo di cliente mi aspettava oltre confine. Ecco come ci sono arrivato, passo dopo passo. 🔍 1. Perché partire da un marketplace Un marketplace ti dà visibilità immediata, struttura già pronta, e accesso a un pubblico locale. Non serve creare un sito da zero o investire in SEO internazionale. ✅ Vantaggi chiave: -Testi e valute localizzati -Logistica (a volte) semplificata -Marketing integrato -Accesso a migliaia di clienti locali già attivi 🌍 2. Scegliere il marketplace giusto per il tuo settore Io ho cominciato vendendo su Amazon.fr e eBay.de. Ma nel tempo ho capito che la scelta deve essere fatta in base al Paese e al tipo di prodotto. Ecco come ho selezionato le piattaforme: Settore Marketplace ideale Paesi di forza Artigianato / design Etsy, Amazon Handmade USA, Francia, UK Moda / accessori Zalando Partner, Spartoo, Miinto Germania, Nord Europa Home & Garden ManoMano, Wayfair, eBay Francia, Regno Unito, Germania Tech / elettronica eBay, BackMarket Francia, Spagna, Polonia Tutto (generalista) Amazon, Cdiscount, Kaufland, Fruugo Europa e mercati globali 📌 Consiglio: prima di iscriverti, guarda se ci sono prodotti simili ai tuoi, che prezzi hanno, e se ci sono recensioni. 🧪 3. Cosa puoi testare davvero Nei primi 3 mesi su marketplace esteri ho capito: -Quali prodotti funzionavano meglio fuori dall’Italia -Quanto erano disposti a pagare i clienti stranieri -Che tipo di comunicazione risuonava di più -Quali erano i problemi (spedizioni lente, resi, recensioni) -Quanto margine avevo dopo commissioni e costi di logistica 📌 Usa questi dati come base per decidere se aprire un tuo shop locale o no. 💸 4. Gestione dei costi: non è “gratis”, ma è scalabile Ogni marketplace prende una % sulle vendite (dal 10% al 20%) e può avere: -Costo fisso mensile (es. Amazon: ~39€/mese) -Commissioni su transazioni -Costi di logistica (se usi FBA o equivalenti) Ma il bello è che paghi solo se vendi. Nessun investimento in advertising o sviluppo preventivo. 📌 Per me è stato un modo a basso rischio per capire dove valeva la pena investire di più (e dove no). ✍️ 5. Ottimizzare schede prodotto e feedback Per vendere bene devi curare la scheda prodotto come se fossi sul tuo sito: -Titolo chiaro + keyword locali (in lingua) -Descrizione adattata, non tradotta -Foto professionali (ma realistiche) -Prezzo competitivo -Politiche di reso e spedizione trasparenti E poi: chiedi feedback! Le recensioni nei marketplace sono il tuo passaporto per la fiducia nei mercati stranieri. 🛠️ 6. Dopo il test: cosa fare se funziona Dopo 6 mesi su marketplace esteri avevo dati reali su: -Paesi più redditizi -Fasce di prezzo preferite -Domande frequenti dei clienti -Problematiche di logistica e servizio Con questi insight ho lanciato: -Un sito e-commerce localizzato solo in 2 mercati (Francia e Germania) -Ads mirate con messaggi testati -Un magazzino doganale in Belgio 📌 Il test è stato il trampolino per un export digitale solido, mirato e sostenibile. Usare i marketplace per testare un mercato estero è una delle mosse più intelligenti che abbia fatto. Non servono grandi budget, ma un metodo e la voglia di imparare dal mercato. Partire da lì mi ha permesso di fare scelte consapevoli e internazionalizzare senza bruciarmi. #MarketplaceExport #EcommerceInternazionale #TestDiMercato #ExportDigitale #PMIitaliane #VendereAllEstero #AmazonSeller #EtsyItalia #CrossBorderEcommerce #DigitalExport #MadeInItaly
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  • Localizzazione di un e-commerce: tradurre o adattare? Ti racconto cosa ho imparato

    Quando ho deciso di vendere all’estero con il mio e-commerce, ho fatto quello che fanno in molti: ho tradotto il sito in inglese. Testi, bottoni, schede prodotto… tutto perfetto. Peccato che le vendite non arrivassero. Il traffico c’era, ma la conversione era bassa. Perché?

    Semplice: avevo tradotto, ma non localizzato.

    Tradurre ≠ Localizzare
    Tradurre è solo il primo passo. Localizzare significa entrare davvero in un mercato, parlare la lingua nella forma, nel tono e nel contesto giusto, tenere conto di usi culturali, aspettative, e abitudini di acquisto.

    Ecco cosa ho imparato sul campo.

    Schede prodotto: non solo parole, ma cultura
    Quando ho tradotto “artigianato italiano” in inglese come Italian handicraft, mi sembrava corretto. Ma ho scoperto che in UK la parola craft evoca mercatini, non lusso. In Germania, invece, conviene usare termini come Manufaktur o Design Made in Italy.
    Lezione: tradurre le schede prodotto senza adattare i termini chiave può far perdere il valore percepito del brand.

    Tone of voice e fiducia
    In Italia un "Scopri di più" funziona bene. In Francia, la forma di cortesia è fondamentale. In Olanda, il tono diretto e minimalista è più apprezzato. Ho dovuto riscrivere headline e call to action per ogni Paese target.
    Lezione: la fiducia online passa anche da come parli, non solo da cosa dici.

    Festività, promozioni e timing
    Avevo lanciato una campagna sconti il 2 giugno... senza rendermi conto che non è festivo all’estero. In UK e USA, il periodo forte è il Black Friday, in Francia i saldi sono regolati per legge, in Germania c’è attenzione alla trasparenza delle offerte.
    Lezione: localizzare vuol dire anche adattare il calendario commerciale.

    Pagamenti, valute e formati
    Il mio sito mostrava i prezzi in euro. Ma in UK, i clienti volevano vedere la sterlina. In Svezia, preferiscono Klarna. In Olanda, pagano con iDeal. Anche i formati di indirizzi e numeri di telefono devono cambiare.
    Lezione: localizzazione è anche esperienza d’acquisto fluida e coerente.

    Checkout e customer care
    Non basta tradurre le email automatiche. I miei primi clienti tedeschi si sono lamentati per un tono troppo “confidenziale” nei messaggi post-vendita. Ho rivisto tutto, dai messaggi di conferma alla gestione dei resi, in chiave locale.

    Lezione: se il cliente si sente “a casa”, compra. Se percepisce un sito “straniero”, si blocca.

    Quindi: meglio tradurre o adattare?
    La risposta è: entrambe le cose, ma partire sempre dall’adattamento. La traduzione letterale ti porta solo a metà strada. L’adattamento culturale, linguistico e tecnico ti fa arrivare fino al cliente.

    Checklist pratica di localizzazione (che uso io):
    Traduzioni fatte da madrelingua esperti in marketing
    SEO e parole chiave locali
    Adattamento immagini, simboli, colori
    Valute e metodi di pagamento locali
    Customer care in lingua
    Legal e cookie policy conformi al Paese
    Calendario commerciale e offerte personalizzate

    #LocalizzazioneEcommerce #TradurreOAdattare #ExportDigitale #PMIitaliane #MadeInItaly #EcommerceInternazionale #UserExperience #DigitalExport #CrossBorderEcommerce #VendereAllEstero

    Localizzazione di un e-commerce: tradurre o adattare? Ti racconto cosa ho imparato Quando ho deciso di vendere all’estero con il mio e-commerce, ho fatto quello che fanno in molti: ho tradotto il sito in inglese. Testi, bottoni, schede prodotto… tutto perfetto. Peccato che le vendite non arrivassero. Il traffico c’era, ma la conversione era bassa. Perché? Semplice: avevo tradotto, ma non localizzato. Tradurre ≠ Localizzare Tradurre è solo il primo passo. Localizzare significa entrare davvero in un mercato, parlare la lingua nella forma, nel tono e nel contesto giusto, tenere conto di usi culturali, aspettative, e abitudini di acquisto. Ecco cosa ho imparato sul campo. 🛍️ Schede prodotto: non solo parole, ma cultura Quando ho tradotto “artigianato italiano” in inglese come Italian handicraft, mi sembrava corretto. Ma ho scoperto che in UK la parola craft evoca mercatini, non lusso. In Germania, invece, conviene usare termini come Manufaktur o Design Made in Italy. 📌 Lezione: tradurre le schede prodotto senza adattare i termini chiave può far perdere il valore percepito del brand. 🗣️ Tone of voice e fiducia In Italia un "Scopri di più" funziona bene. In Francia, la forma di cortesia è fondamentale. In Olanda, il tono diretto e minimalista è più apprezzato. Ho dovuto riscrivere headline e call to action per ogni Paese target. 📌 Lezione: la fiducia online passa anche da come parli, non solo da cosa dici. 📅 Festività, promozioni e timing Avevo lanciato una campagna sconti il 2 giugno... senza rendermi conto che non è festivo all’estero. In UK e USA, il periodo forte è il Black Friday, in Francia i saldi sono regolati per legge, in Germania c’è attenzione alla trasparenza delle offerte. 📌 Lezione: localizzare vuol dire anche adattare il calendario commerciale. 💳 Pagamenti, valute e formati Il mio sito mostrava i prezzi in euro. Ma in UK, i clienti volevano vedere la sterlina. In Svezia, preferiscono Klarna. In Olanda, pagano con iDeal. Anche i formati di indirizzi e numeri di telefono devono cambiare. 📌 Lezione: localizzazione è anche esperienza d’acquisto fluida e coerente. 🛒 Checkout e customer care Non basta tradurre le email automatiche. I miei primi clienti tedeschi si sono lamentati per un tono troppo “confidenziale” nei messaggi post-vendita. Ho rivisto tutto, dai messaggi di conferma alla gestione dei resi, in chiave locale. 📌 Lezione: se il cliente si sente “a casa”, compra. Se percepisce un sito “straniero”, si blocca. 🎯 Quindi: meglio tradurre o adattare? La risposta è: entrambe le cose, ma partire sempre dall’adattamento. La traduzione letterale ti porta solo a metà strada. L’adattamento culturale, linguistico e tecnico ti fa arrivare fino al cliente. 🧩 Checklist pratica di localizzazione (che uso io): ✅ Traduzioni fatte da madrelingua esperti in marketing ✅ SEO e parole chiave locali ✅ Adattamento immagini, simboli, colori ✅ Valute e metodi di pagamento locali ✅ Customer care in lingua ✅ Legal e cookie policy conformi al Paese ✅ Calendario commerciale e offerte personalizzate #LocalizzazioneEcommerce #TradurreOAdattare #ExportDigitale #PMIitaliane #MadeInItaly #EcommerceInternazionale #UserExperience #DigitalExport #CrossBorderEcommerce #VendereAllEstero
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  • Donne al Comando: Storie di Imprenditrici che Stanno Cambiando il Business in Italia

    In qualità di influencer e imprenditrice digitale, mi trovo spesso ad ascoltare storie. Storie di cambiamenti, di sfide, di sogni trasformati in impresa. Negli ultimi anni, ce n'è una in particolare che sta emergendo con forza e chiarezza: quella delle donne che stanno rivoluzionando il modo di fare business in Italia.

    Sempre più spesso incontro imprenditrici che non solo fondano aziende, ma innovano settori interi. Donne che non chiedono permesso, ma che costruiscono opportunità. Che non si limitano ad adattarsi al mercato, ma che lo trasformano.

    Secondo i dati Unioncamere, le imprese femminili in Italia rappresentano oltre il 22% del totale, con un trend in costante crescita, soprattutto nei settori dell’innovazione, del digitale, dell’artigianato creativo e del sociale. Ma al di là dei numeri, ci sono i volti, le storie, le visioni.

    Ho avuto l’occasione di seguire il percorso di donne come:
    -Elisa, che ha lanciato una startup green nel settore della moda circolare, partendo da una community di Instagram;
    -Marta, che ha lasciato una carriera in finanza per aprire una rete di coworking al femminile in centro Italia;
    -Amina, che sta digitalizzando l’artigianato tradizionale nel Sud Italia grazie all’e-commerce.
    Storie diverse, ma con un filo rosso comune: la capacità di unire empatia, visione e determinazione.

    Anche la mia esperienza personale nasce così: dalla voglia di costruire qualcosa che parlasse alle persone, non solo per ispirare, ma per dare strumenti concreti. Non è sempre facile – inutile negarlo. Ma oggi le imprenditrici italiane non sono più una minoranza silenziosa. Sono una rete viva, attiva, solidale.

    Il concetto di leadership sta cambiando. Oggi non si misura solo in KPI, ma anche in impatto sociale, sostenibilità, cultura aziendale. E su questi fronti, le donne stanno portando un contributo che fa – davvero – la differenza.

    Credo che raccontare queste esperienze non sia solo utile, ma necessario. Perché ogni storia che condividiamo diventa un faro per chi sta ancora decidendo se provarci.

    Sì, questo è il nostro momento. E lo stiamo guidando con consapevolezza, strategia e passione.

    #DonneAlComando #ImprenditoriaFemminile #BusinessAlFemminile #ImpreseItaliane #LeadershipFemminile #DonneCheFannoImpresa #StorieDiSuccesso #InnovazioneAlFemminile #ImpresaConValore #EmpowermentFemminile #ImpresaBiz

    Donne al Comando: Storie di Imprenditrici che Stanno Cambiando il Business in Italia In qualità di influencer e imprenditrice digitale, mi trovo spesso ad ascoltare storie. Storie di cambiamenti, di sfide, di sogni trasformati in impresa. Negli ultimi anni, ce n'è una in particolare che sta emergendo con forza e chiarezza: quella delle donne che stanno rivoluzionando il modo di fare business in Italia. Sempre più spesso incontro imprenditrici che non solo fondano aziende, ma innovano settori interi. Donne che non chiedono permesso, ma che costruiscono opportunità. Che non si limitano ad adattarsi al mercato, ma che lo trasformano. Secondo i dati Unioncamere, le imprese femminili in Italia rappresentano oltre il 22% del totale, con un trend in costante crescita, soprattutto nei settori dell’innovazione, del digitale, dell’artigianato creativo e del sociale. Ma al di là dei numeri, ci sono i volti, le storie, le visioni. Ho avuto l’occasione di seguire il percorso di donne come: -Elisa, che ha lanciato una startup green nel settore della moda circolare, partendo da una community di Instagram; -Marta, che ha lasciato una carriera in finanza per aprire una rete di coworking al femminile in centro Italia; -Amina, che sta digitalizzando l’artigianato tradizionale nel Sud Italia grazie all’e-commerce. Storie diverse, ma con un filo rosso comune: la capacità di unire empatia, visione e determinazione. Anche la mia esperienza personale nasce così: dalla voglia di costruire qualcosa che parlasse alle persone, non solo per ispirare, ma per dare strumenti concreti. Non è sempre facile – inutile negarlo. Ma oggi le imprenditrici italiane non sono più una minoranza silenziosa. Sono una rete viva, attiva, solidale. Il concetto di leadership sta cambiando. Oggi non si misura solo in KPI, ma anche in impatto sociale, sostenibilità, cultura aziendale. E su questi fronti, le donne stanno portando un contributo che fa – davvero – la differenza. Credo che raccontare queste esperienze non sia solo utile, ma necessario. Perché ogni storia che condividiamo diventa un faro per chi sta ancora decidendo se provarci. Sì, questo è il nostro momento. E lo stiamo guidando con consapevolezza, strategia e passione. #DonneAlComando #ImprenditoriaFemminile #BusinessAlFemminile #ImpreseItaliane #LeadershipFemminile #DonneCheFannoImpresa #StorieDiSuccesso #InnovazioneAlFemminile #ImpresaConValore #EmpowermentFemminile #ImpresaBiz
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  • Dall’artigiana all’imprenditrice digitale: il salto che cambia il business

    Per anni ho lavorato con le mani, mettendo tutta la mia passione e cura in ogni dettaglio del mio lavoro artigianale. Ma un giorno ho capito che per crescere davvero, dovevo fare un salto: diventare non solo un’artigiana, ma un’imprenditrice digitale.

    Non è stato un passaggio facile, anzi. Significa ripensare il proprio modo di lavorare, di comunicare, di vendere. Ma ti assicuro che è il salto che può cambiare tutto.

    1. La sfida dell’identità
    Passare dall’essere “solo” chi crea con le mani a chi guida un business digitale vuol dire rivedere la propria identità.
    Non sei più solo la persona che produce, ma colei che pensa a strategie, marketing, customer care, e — soprattutto — a come farti trovare online.

    2. Imparare nuove competenze, con umiltà e curiosità
    Ho dovuto imparare ad usare strumenti digitali, social network, piattaforme di vendita online.
    Non è stato immediato, ma la voglia di mettermi in gioco e la curiosità sono state le mie alleate migliori.

    3. Ampliare il mercato, superando i confini locali
    Il digitale ti permette di far conoscere i tuoi prodotti ovunque, senza limiti geografici.
    Per me, questo ha significato passare da un pubblico locale a clienti in tutta Italia — e non solo.
    Una nuova dimensione di crescita, che apre possibilità impensabili.

    4. Organizzazione e automatizzazione
    Il lavoro artigianale è spesso molto manuale, e gestire tutto da sola può diventare un limite.
    Digitalizzando alcuni processi, come la gestione ordini o la comunicazione con i clienti, ho guadagnato tempo prezioso da dedicare alla creatività e allo sviluppo.

    5. La soddisfazione di essere imprenditrice a 360 gradi
    Ora non sono più solo chi crea, ma chi guida, decide e costruisce un progetto che cresce ogni giorno.
    Un percorso complesso, ma straordinariamente appagante.

    Il passaggio da artigiana a imprenditrice digitale non è solo un cambio di strumenti: è una trasformazione profonda.
    Richiede coraggio, formazione e pazienza, ma apre a un mondo di opportunità.
    Se anche tu stai pensando di fare questo salto, ricorda: non sei sola. Ogni passo conta, e io sono qui per aiutarti a farlo nel modo giusto.

    #artigianadigitale #imprenditoriafemminile #digitaltransformation #artigianato #businessonline #mindsetdigitale #innovazione #PMIfemminili #donneedigitale #crescitapersonale

    Dall’artigiana all’imprenditrice digitale: il salto che cambia il business Per anni ho lavorato con le mani, mettendo tutta la mia passione e cura in ogni dettaglio del mio lavoro artigianale. Ma un giorno ho capito che per crescere davvero, dovevo fare un salto: diventare non solo un’artigiana, ma un’imprenditrice digitale. Non è stato un passaggio facile, anzi. Significa ripensare il proprio modo di lavorare, di comunicare, di vendere. Ma ti assicuro che è il salto che può cambiare tutto. 1. La sfida dell’identità Passare dall’essere “solo” chi crea con le mani a chi guida un business digitale vuol dire rivedere la propria identità. Non sei più solo la persona che produce, ma colei che pensa a strategie, marketing, customer care, e — soprattutto — a come farti trovare online. 2. Imparare nuove competenze, con umiltà e curiosità Ho dovuto imparare ad usare strumenti digitali, social network, piattaforme di vendita online. Non è stato immediato, ma la voglia di mettermi in gioco e la curiosità sono state le mie alleate migliori. 3. Ampliare il mercato, superando i confini locali Il digitale ti permette di far conoscere i tuoi prodotti ovunque, senza limiti geografici. Per me, questo ha significato passare da un pubblico locale a clienti in tutta Italia — e non solo. Una nuova dimensione di crescita, che apre possibilità impensabili. 4. Organizzazione e automatizzazione Il lavoro artigianale è spesso molto manuale, e gestire tutto da sola può diventare un limite. Digitalizzando alcuni processi, come la gestione ordini o la comunicazione con i clienti, ho guadagnato tempo prezioso da dedicare alla creatività e allo sviluppo. 5. La soddisfazione di essere imprenditrice a 360 gradi Ora non sono più solo chi crea, ma chi guida, decide e costruisce un progetto che cresce ogni giorno. Un percorso complesso, ma straordinariamente appagante. Il passaggio da artigiana a imprenditrice digitale non è solo un cambio di strumenti: è una trasformazione profonda. Richiede coraggio, formazione e pazienza, ma apre a un mondo di opportunità. Se anche tu stai pensando di fare questo salto, ricorda: non sei sola. Ogni passo conta, e io sono qui per aiutarti a farlo nel modo giusto. #artigianadigitale #imprenditoriafemminile #digitaltransformation #artigianato #businessonline #mindsetdigitale #innovazione #PMIfemminili #donneedigitale #crescitapersonale
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  • Le migliori strategie SEO per aziende locali nel 2025

    Se c’è una cosa che mi ha davvero aiutato a far crescere la mia attività (anche offline), è stata la SEO locale. Quando ho capito che non dovevo competere con tutti, ma solo con chi cercava nella mia zona, è cambiato tutto.
    La SEO per aziende locali nel 2025 è più importante che mai, anche per chi ha un e-commerce. Io, ad esempio, vendo online ma ho anche un piccolo laboratorio aperto al pubblico. E sai chi lo trova? Chi cerca su Google "artigianato sostenibile + [mia città]".

    Ecco le strategie che ho usato e che ti consiglio.

    1. Google Business Profile: il cuore della SEO locale
    Questa è la prima cosa che ho ottimizzato. E ogni giorno mi porta visite reali e telefonate.

    Ecco cosa non deve mancare:
    -Nome coerente con il brand
    -Descrizione con parole chiave locali
    -Orari aggiornati
    -Foto professionali del negozio o laboratorio
    -Recensioni (vere!) e risposte sempre presenti

    Nel 2025, Google mostra sempre più risultati “zero click” (dove l’utente trova già tutto nella scheda business), quindi curarla bene fa la differenza.

    2. Ottimizzazione del sito per ricerche locali
    Anche se il mio sito è e-commerce, ho aggiunto pagine specifiche tipo:
    -“Chi siamo a [città]”
    -“Ritiro locale a [zona]”
    -“Laboratorio artigianale a [comune]”

    Inoltre, uso parole chiave locali in modo naturale nei titoli, nei meta tag e nei contenuti. Anche nei blog post inserisco riferimenti al territorio.

    3. Link da siti locali e directory affidabili
    Una delle cose più efficaci che ho fatto è stato collaborare con blog e portali locali, tipo:
    -Giornali online della mia provincia
    -Siti di eventi e fiere artigiane
    -Associazioni di categoria
    Questi link migliorano l'autorità del sito agli occhi di Google, ma portano anche visite qualificate da persone realmente interessate.

    4. Recensioni e social con geolocalizzazione
    Ogni volta che pubblico su Instagram o Facebook, taggo la posizione. Quando i clienti fanno una recensione, chiedo (senza forzare) di menzionare anche la città. Questo crea segnali positivi per Google.

    E non dimenticare: le recensioni locali sono oro. Io ho automatizzato la richiesta di recensioni via email post-acquisto per chi ritira in sede.

    Cosa evitare nella SEO locale
    Keyword stuffing tipo "miglior falegname Milano Torino Napoli": Google lo penalizza
    -Duplicare contenuti su più pagine con lo stesso testo cambiando solo il nome della città
    -Usare directory spam o scadenti per fare link building

    Strumenti che uso (e consiglio)
    -Google Business Profile Manager per gestire la scheda
    -Google Search Console per monitorare le ricerche locali
    -Ubersuggest per trovare keyword locali aggiornate
    -Whitespark o BrightLocal per la SEO local avanzata (a pagamento)

    Nel 2025 la SEO locale è più intelligente, più visiva e più legata all’esperienza reale del cliente.
    Non è solo questione di tecniche, ma di essere rilevanti per chi ti cerca vicino a casa.

    Se sei una PMI o un piccolo brand con radici nel territorio, questa è la tua occasione per farti trovare senza dover lottare con i colossi nazionali.

    #seolocale #seopmi #marketinglocale #googlebusinessprofile #visibilitàonline #strategiaseo2025 #ecommerceitalia #artigianidigitali #aziendelocali #digitalmarketingitalia #marketingperpiccoleimprese #posizionamentolocale

    Le migliori strategie SEO per aziende locali nel 2025 Se c’è una cosa che mi ha davvero aiutato a far crescere la mia attività (anche offline), è stata la SEO locale. Quando ho capito che non dovevo competere con tutti, ma solo con chi cercava nella mia zona, è cambiato tutto. La SEO per aziende locali nel 2025 è più importante che mai, anche per chi ha un e-commerce. Io, ad esempio, vendo online ma ho anche un piccolo laboratorio aperto al pubblico. E sai chi lo trova? Chi cerca su Google "artigianato sostenibile + [mia città]". Ecco le strategie che ho usato e che ti consiglio. ✅ 1. Google Business Profile: il cuore della SEO locale Questa è la prima cosa che ho ottimizzato. E ogni giorno mi porta visite reali e telefonate. Ecco cosa non deve mancare: -Nome coerente con il brand -Descrizione con parole chiave locali -Orari aggiornati -Foto professionali del negozio o laboratorio -Recensioni (vere!) e risposte sempre presenti Nel 2025, Google mostra sempre più risultati “zero click” (dove l’utente trova già tutto nella scheda business), quindi curarla bene fa la differenza. ✅ 2. Ottimizzazione del sito per ricerche locali Anche se il mio sito è e-commerce, ho aggiunto pagine specifiche tipo: -“Chi siamo a [città]” -“Ritiro locale a [zona]” -“Laboratorio artigianale a [comune]” Inoltre, uso parole chiave locali in modo naturale nei titoli, nei meta tag e nei contenuti. Anche nei blog post inserisco riferimenti al territorio. ✅ 3. Link da siti locali e directory affidabili Una delle cose più efficaci che ho fatto è stato collaborare con blog e portali locali, tipo: -Giornali online della mia provincia -Siti di eventi e fiere artigiane -Associazioni di categoria Questi link migliorano l'autorità del sito agli occhi di Google, ma portano anche visite qualificate da persone realmente interessate. ✅ 4. Recensioni e social con geolocalizzazione Ogni volta che pubblico su Instagram o Facebook, taggo la posizione. Quando i clienti fanno una recensione, chiedo (senza forzare) di menzionare anche la città. Questo crea segnali positivi per Google. E non dimenticare: le recensioni locali sono oro. Io ho automatizzato la richiesta di recensioni via email post-acquisto per chi ritira in sede. ❌ Cosa evitare nella SEO locale Keyword stuffing tipo "miglior falegname Milano Torino Napoli": Google lo penalizza -Duplicare contenuti su più pagine con lo stesso testo cambiando solo il nome della città -Usare directory spam o scadenti per fare link building 💡 Strumenti che uso (e consiglio) -Google Business Profile Manager per gestire la scheda -Google Search Console per monitorare le ricerche locali -Ubersuggest per trovare keyword locali aggiornate -Whitespark o BrightLocal per la SEO local avanzata (a pagamento) ✍️ Nel 2025 la SEO locale è più intelligente, più visiva e più legata all’esperienza reale del cliente. Non è solo questione di tecniche, ma di essere rilevanti per chi ti cerca vicino a casa. Se sei una PMI o un piccolo brand con radici nel territorio, questa è la tua occasione per farti trovare senza dover lottare con i colossi nazionali. #seolocale #seopmi #marketinglocale #googlebusinessprofile #visibilitàonline #strategiaseo2025 #ecommerceitalia #artigianidigitali #aziendelocali #digitalmarketingitalia #marketingperpiccoleimprese #posizionamentolocale
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  • Come vendere su Amazon, Etsy e altri marketplace: guida per e-commerce multicanale

    Quando ho deciso di espandere il mio e-commerce, la domanda era una sola:
    "Come faccio a vendere anche su Amazon, Etsy o altri marketplace senza impazzire?"

    Vendere su più piattaforme è una grande opportunità per raggiungere nuovi clienti, aumentare la visibilità e diversificare le entrate. Ma se non lo fai con strategia, rischi di creare confusione, duplicare il lavoro o — peggio — danneggiare il tuo brand.

    Ecco come ho strutturato il mio approccio multicanale, e cosa consiglio a chi vuole iniziare oggi.

    1. Perché vendere su marketplace se hai già un e-commerce?
    Espansione della visibilità: Amazon ed Etsy hanno milioni di utenti attivi ogni giorno
    Fiducia già acquisita: i clienti si fidano dei marketplace, soprattutto per i primi acquisti
    Aumento delle vendite: puoi intercettare clienti che non ti troverebbero altrimenti
    Test dei prodotti: puoi testare nuovi articoli prima di lanciarli sul tuo shop

    2. Scegli il marketplace giusto per il tuo brand
    Amazon – Ideale per prodotti di largo consumo, tech, casa, bellezza, ecc.
    Etsy – Perfetto per artigianato, handmade, design, vintage, digitale
    eBay – Ancora valido per oggetti usati, collezionismo o elettronica
    Zalando / Spartoo / Notino – Specializzati in moda, cosmetica, ecc. (su invito o tramite partner)
    Il mio consiglio: non partire con troppi canali. Scegli 1–2 marketplace coerenti con il tuo pubblico e prodotto.

    3. Automatizza la gestione con strumenti multicanale
    Vendere su più piattaforme richiede organizzazione. Io ho risolto con strumenti che centralizzano ordini, magazzino e catalogo, come:
    -Shopify + App come CedCommerce o LitCommerce
    -ChannelAdvisor o Lengow (per aziende più strutturate)
    -WooCommerce + plugin multichannel
    -BaseLinker (molto usato in Europa, anche per logistica)
    Così eviti rotture di stock, doppie vendite o prezzi incoerenti.

    4. Ottimizza gli annunci per ogni piattaforma
    Ogni marketplace ha le sue regole e preferenze:
    -Amazon richiede keyword, bullet point, descrizioni SEO-oriented
    Etsy punta su storytelling, personalizzazione e immagini calde
    -eBay premia la competitività e la qualità del feedback
    Investi su immagini e descrizioni professionali, ma adatta ogni annuncio al “linguaggio” della piattaforma.

    5. Cura branding e customer experience, anche se “non è casa tua”
    Il rischio dei marketplace? Diventare “anonimo”.
    Per evitarlo:
    -Inserisco sempre un biglietto brandizzato nei pacchi
    -Offro un servizio clienti rapido e personalizzato
    -Incentivo a visitare il mio sito (con QR code, codice sconto, ecc.)
    Obiettivo: trasformare chi compra su Amazon in cliente diretto nel tempo.

    6. Gestisci prezzi e margini con attenzione
    Ogni piattaforma ha commissioni diverse (dal 5% al 15% o più).
    Calcola sempre il margine netto per canale e adatta i prezzi di conseguenza.
    Io uso un file di calcolo (o software) per tenere traccia della redditività per marketplace.

    Vendere su Amazon, Etsy o altri marketplace non è un’alternativa al tuo e-commerce, ma un’espansione strategica.
    L’importante è avere:
    -Strumenti di gestione
    -Piani editoriali coerenti
    -Un controllo dei numeri

    Io ho aumentato del 40% le mie vendite in 6 mesi grazie a una strategia multicanale ben strutturata.
    E tu? Sei pronto ad ampliare i tuoi confini digitali?

    #MarketplaceStrategy #Multicanale #VendereOnline #AmazonItalia #EtsySeller #EcommerceGrowth #ImpresaBiz #GestioneOrdini #StrategiaDigitale
    Come vendere su Amazon, Etsy e altri marketplace: guida per e-commerce multicanale 🌍🛍️ Quando ho deciso di espandere il mio e-commerce, la domanda era una sola: "Come faccio a vendere anche su Amazon, Etsy o altri marketplace senza impazzire?" Vendere su più piattaforme è una grande opportunità per raggiungere nuovi clienti, aumentare la visibilità e diversificare le entrate. Ma se non lo fai con strategia, rischi di creare confusione, duplicare il lavoro o — peggio — danneggiare il tuo brand. Ecco come ho strutturato il mio approccio multicanale, e cosa consiglio a chi vuole iniziare oggi. 1. Perché vendere su marketplace se hai già un e-commerce? ✅ Espansione della visibilità: Amazon ed Etsy hanno milioni di utenti attivi ogni giorno ✅ Fiducia già acquisita: i clienti si fidano dei marketplace, soprattutto per i primi acquisti ✅ Aumento delle vendite: puoi intercettare clienti che non ti troverebbero altrimenti ✅ Test dei prodotti: puoi testare nuovi articoli prima di lanciarli sul tuo shop 2. Scegli il marketplace giusto per il tuo brand 🔍 🔸 Amazon – Ideale per prodotti di largo consumo, tech, casa, bellezza, ecc. 🔸 Etsy – Perfetto per artigianato, handmade, design, vintage, digitale 🔸 eBay – Ancora valido per oggetti usati, collezionismo o elettronica 🔸 Zalando / Spartoo / Notino – Specializzati in moda, cosmetica, ecc. (su invito o tramite partner) 💡 Il mio consiglio: non partire con troppi canali. Scegli 1–2 marketplace coerenti con il tuo pubblico e prodotto. 3. Automatizza la gestione con strumenti multicanale ⚙️ Vendere su più piattaforme richiede organizzazione. Io ho risolto con strumenti che centralizzano ordini, magazzino e catalogo, come: -Shopify + App come CedCommerce o LitCommerce -ChannelAdvisor o Lengow (per aziende più strutturate) -WooCommerce + plugin multichannel -BaseLinker (molto usato in Europa, anche per logistica) ✅ Così eviti rotture di stock, doppie vendite o prezzi incoerenti. 4. Ottimizza gli annunci per ogni piattaforma ✍️ Ogni marketplace ha le sue regole e preferenze: -Amazon richiede keyword, bullet point, descrizioni SEO-oriented Etsy punta su storytelling, personalizzazione e immagini calde -eBay premia la competitività e la qualità del feedback 📸 Investi su immagini e descrizioni professionali, ma adatta ogni annuncio al “linguaggio” della piattaforma. 5. Cura branding e customer experience, anche se “non è casa tua” 🧡 Il rischio dei marketplace? Diventare “anonimo”. Per evitarlo: -Inserisco sempre un biglietto brandizzato nei pacchi -Offro un servizio clienti rapido e personalizzato -Incentivo a visitare il mio sito (con QR code, codice sconto, ecc.) 🎯 Obiettivo: trasformare chi compra su Amazon in cliente diretto nel tempo. 6. Gestisci prezzi e margini con attenzione 💰 Ogni piattaforma ha commissioni diverse (dal 5% al 15% o più). Calcola sempre il margine netto per canale e adatta i prezzi di conseguenza. Io uso un file di calcolo (o software) per tenere traccia della redditività per marketplace. Vendere su Amazon, Etsy o altri marketplace non è un’alternativa al tuo e-commerce, ma un’espansione strategica. L’importante è avere: -Strumenti di gestione -Piani editoriali coerenti -Un controllo dei numeri Io ho aumentato del 40% le mie vendite in 6 mesi grazie a una strategia multicanale ben strutturata. E tu? Sei pronto ad ampliare i tuoi confini digitali? #MarketplaceStrategy #Multicanale #VendereOnline #AmazonItalia #EtsySeller #EcommerceGrowth #ImpresaBiz #GestioneOrdini #StrategiaDigitale
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  • Come capire se il tuo prodotto è adatto al mercato estero: test rapidi ed economici

    Lavoro ogni giorno con piccole e medie imprese italiane che vogliono iniziare a vendere all’estero. Una delle prime domande che mi pongono è questa:
    “Ma il mio prodotto… può davvero funzionare fuori dall’Italia?”
    La verità è che non esiste una risposta certa a tavolino, ma ci sono strumenti semplici e accessibili per capirlo in tempi brevi e con investimenti contenuti. Ecco come faccio a guidarti.

    1. Identifico un Paese target (non “l’estero” in generale)
    Ogni prodotto ha mercati più o meno sensibili. Non ha senso parlare genericamente di “vendere all’estero”: bisogna partire da un Paese specifico.
    -Come scegliere?
    -Dove c’è domanda crescente per la tua categoria?
    -Ci sono competitor simili (segno che il mercato è maturo)?
    -La cultura e il gusto locale sono compatibili con il tuo prodotto?
    Per aiutarti, uso strumenti come Google Trends, marketplaces locali, report di settore internazionali e fiere.

    2. Lancio una landing page localizzata
    Creo una pagina di presentazione del prodotto tradotta bene nella lingua locale, con foto, descrizione e possibilità di:
    -lasciare un’email,
    -fare una prenotazione,
    -acquistare (anche in preordine).

    Non serve avere un sito completo: puoi usare strumenti come Shopify (con localizzazione attiva), Tilda, Webflow, Unbounce o Instapage.
    Il costo stimato è tra 100 e 300 €.
    L’obiettivo è capire se le persone cliccano, leggono e comprano.

    3. Faccio campagne test su Meta o Google Ads
    Con anche solo 5–10 € al giorno, posso testare la risposta del mercato:
    -Uso un pubblico mirato per il Paese scelto,
    -Mostro il prodotto con creatività localizzata,
    -Punto tutto su un messaggio semplice: “Ecco cosa ti offriamo, vuoi provarlo?”

    Tengo d’occhio:
    -Click (CTR),
    -Tempo speso sulla pagina,
    -Lead o ordini ricevuti.
    Se il prodotto è interessante, qualche segnale arriva già nei primi giorni.

    4. Testo sui marketplace esteri
    Alcuni marketplace permettono di testare prodotti senza grandi investimenti in logistica:
    -Etsy per artigianato, moda, design,
    -Amazon (usando FBA o in dropshipping),
    -eBay per prodotti evergreen o tech,
    -ManoMano, Cdiscount, ecc. per specifici settori.
    Anche con pochi articoli in magazzino o in produzione, puoi vedere se arrivano visualizzazioni o vendite.

    5. Partecipo a gruppi, forum o community locali
    Per certi prodotti (artigianato, moda, food, cosmetica), posso testare l’interesse anche senza vendere, semplicemente entrando in contatto con potenziali clienti:
    -Gruppi Facebook locali,
    -Reddit (subreddit tematici per Paese),
    -Forum di settore,
    -Piattaforme B2B come Alibaba o Faire.
    -Faccio domande, mostro il prodotto e raccolgo feedback autentici.

    Il mio consiglio
    Non fare previsioni basate solo sull’intuizione. Oggi puoi testare l’interesse reale di un mercato estero in 30 giorni e con meno di 500 euro.

    Vuoi un mini-piano test per capire se il tuo prodotto può vendere in Francia, Germania o USA?
    Contattami: posso aiutarti a strutturarlo, anche partendo da zero.

    #TestDiMercato #PMIitaliane #EcommerceEstero #Internazionalizzazione #ExportDigitale #LandingPage #ProductMarketFit #Impresabiz

    Come capire se il tuo prodotto è adatto al mercato estero: test rapidi ed economici Lavoro ogni giorno con piccole e medie imprese italiane che vogliono iniziare a vendere all’estero. Una delle prime domande che mi pongono è questa: “Ma il mio prodotto… può davvero funzionare fuori dall’Italia?” La verità è che non esiste una risposta certa a tavolino, ma ci sono strumenti semplici e accessibili per capirlo in tempi brevi e con investimenti contenuti. Ecco come faccio a guidarti. 🎯 1. Identifico un Paese target (non “l’estero” in generale) Ogni prodotto ha mercati più o meno sensibili. Non ha senso parlare genericamente di “vendere all’estero”: bisogna partire da un Paese specifico. -Come scegliere? -Dove c’è domanda crescente per la tua categoria? -Ci sono competitor simili (segno che il mercato è maturo)? -La cultura e il gusto locale sono compatibili con il tuo prodotto? 💡 Per aiutarti, uso strumenti come Google Trends, marketplaces locali, report di settore internazionali e fiere. 🚀 2. Lancio una landing page localizzata Creo una pagina di presentazione del prodotto tradotta bene nella lingua locale, con foto, descrizione e possibilità di: -lasciare un’email, -fare una prenotazione, -acquistare (anche in preordine). Non serve avere un sito completo: puoi usare strumenti come Shopify (con localizzazione attiva), Tilda, Webflow, Unbounce o Instapage. 💰 Il costo stimato è tra 100 e 300 €. 🎯 L’obiettivo è capire se le persone cliccano, leggono e comprano. 📲 3. Faccio campagne test su Meta o Google Ads Con anche solo 5–10 € al giorno, posso testare la risposta del mercato: -Uso un pubblico mirato per il Paese scelto, -Mostro il prodotto con creatività localizzata, -Punto tutto su un messaggio semplice: “Ecco cosa ti offriamo, vuoi provarlo?” ⚠️ Tengo d’occhio: -Click (CTR), -Tempo speso sulla pagina, -Lead o ordini ricevuti. Se il prodotto è interessante, qualche segnale arriva già nei primi giorni. 🛒 4. Testo sui marketplace esteri Alcuni marketplace permettono di testare prodotti senza grandi investimenti in logistica: -Etsy per artigianato, moda, design, -Amazon (usando FBA o in dropshipping), -eBay per prodotti evergreen o tech, -ManoMano, Cdiscount, ecc. per specifici settori. Anche con pochi articoli in magazzino o in produzione, puoi vedere se arrivano visualizzazioni o vendite. 🧪 5. Partecipo a gruppi, forum o community locali Per certi prodotti (artigianato, moda, food, cosmetica), posso testare l’interesse anche senza vendere, semplicemente entrando in contatto con potenziali clienti: -Gruppi Facebook locali, -Reddit (subreddit tematici per Paese), -Forum di settore, -Piattaforme B2B come Alibaba o Faire. -Faccio domande, mostro il prodotto e raccolgo feedback autentici. 🎯 Il mio consiglio Non fare previsioni basate solo sull’intuizione. Oggi puoi testare l’interesse reale di un mercato estero in 30 giorni e con meno di 500 euro. 📩 Vuoi un mini-piano test per capire se il tuo prodotto può vendere in Francia, Germania o USA? Contattami: posso aiutarti a strutturarlo, anche partendo da zero. 🌍 #TestDiMercato #PMIitaliane #EcommerceEstero #Internazionalizzazione #ExportDigitale #LandingPage #ProductMarketFit #Impresabiz
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