• Digital skill per operatori e-commerce: i 5 corsi da seguire oggi

    Lavorare nel mondo dell’e-commerce richiede competenze digitali sempre aggiornate. Con la velocità con cui cambiano gli strumenti e le strategie, non si può mai smettere di imparare.

    Da operatore e-commerce con anni di esperienza, ti consiglio 5 corsi — concreti e pratici — che secondo me chi lavora nel settore deve assolutamente seguire oggi per restare competitivo.

    1. Corso di SEO per e-commerce
    Saper ottimizzare le schede prodotto e le pagine del tuo shop per i motori di ricerca è la base per aumentare il traffico organico e vendere di più senza investire solo in pubblicità. Un buon corso di SEO specifico per e-commerce ti insegnerà a:
    -Scegliere le keyword giuste
    -Ottimizzare titoli, descrizioni e immagini
    -Gestire i contenuti in modo strategico

    2. Corso di Google Ads e campagne PPC
    La pubblicità a pagamento è spesso indispensabile per generare vendite immediate. Un corso di Google Ads ti aiuta a:
    -Creare campagne efficaci e mirate
    -Monitorare il ROI
    -Gestire budget in modo ottimale

    3. Corso di gestione piattaforme e-commerce
    Conoscere a fondo la piattaforma su cui lavori (Shopify, WooCommerce, Magento, ecc.) ti permette di:
    -Caricare prodotti senza errori
    -Gestire ordini e magazzino
    -Personalizzare il sito in autonomia

    4. Corso di email marketing e automazione
    L’email marketing è uno degli strumenti più potenti per fidelizzare i clienti. Imparare a creare funnel, automazioni e campagne personalizzate ti aiuta a:
    -Aumentare il lifetime value dei clienti
    -Ridurre l’abbandono carrello
    -Comunicare offerte mirate

    5. Corso di analisi dati e Google Analytics
    Saper leggere e interpretare i dati è fondamentale per capire cosa funziona e cosa no nel tuo e-commerce. Un corso di Google Analytics ti insegna a:
    -Monitorare il traffico e il comportamento degli utenti
    -Analizzare conversioni e tassi di abbandono
    -Prendere decisioni basate sui dati

    Investire nelle digital skill significa investire direttamente nel successo del tuo e-commerce. Questi corsi sono una base solida per migliorare il tuo lavoro quotidiano e portare risultati concreti. Io li consiglio sempre a chi vuole crescere davvero nel settore.

    #digitaltraining #ecommerceitalia #skilldigitale #googleads #seo #emailmarketing #googleanalytics #formazionedigitale #operatoriecommerce #crescitasostenibile #learningbydoing #marketingdigitale #ecommercemanager
    Digital skill per operatori e-commerce: i 5 corsi da seguire oggi Lavorare nel mondo dell’e-commerce richiede competenze digitali sempre aggiornate. Con la velocità con cui cambiano gli strumenti e le strategie, non si può mai smettere di imparare. Da operatore e-commerce con anni di esperienza, ti consiglio 5 corsi — concreti e pratici — che secondo me chi lavora nel settore deve assolutamente seguire oggi per restare competitivo. 1. Corso di SEO per e-commerce Saper ottimizzare le schede prodotto e le pagine del tuo shop per i motori di ricerca è la base per aumentare il traffico organico e vendere di più senza investire solo in pubblicità. Un buon corso di SEO specifico per e-commerce ti insegnerà a: -Scegliere le keyword giuste -Ottimizzare titoli, descrizioni e immagini -Gestire i contenuti in modo strategico 2. Corso di Google Ads e campagne PPC La pubblicità a pagamento è spesso indispensabile per generare vendite immediate. Un corso di Google Ads ti aiuta a: -Creare campagne efficaci e mirate -Monitorare il ROI -Gestire budget in modo ottimale 3. Corso di gestione piattaforme e-commerce Conoscere a fondo la piattaforma su cui lavori (Shopify, WooCommerce, Magento, ecc.) ti permette di: -Caricare prodotti senza errori -Gestire ordini e magazzino -Personalizzare il sito in autonomia 4. Corso di email marketing e automazione L’email marketing è uno degli strumenti più potenti per fidelizzare i clienti. Imparare a creare funnel, automazioni e campagne personalizzate ti aiuta a: -Aumentare il lifetime value dei clienti -Ridurre l’abbandono carrello -Comunicare offerte mirate 5. Corso di analisi dati e Google Analytics Saper leggere e interpretare i dati è fondamentale per capire cosa funziona e cosa no nel tuo e-commerce. Un corso di Google Analytics ti insegna a: -Monitorare il traffico e il comportamento degli utenti -Analizzare conversioni e tassi di abbandono -Prendere decisioni basate sui dati Investire nelle digital skill significa investire direttamente nel successo del tuo e-commerce. Questi corsi sono una base solida per migliorare il tuo lavoro quotidiano e portare risultati concreti. Io li consiglio sempre a chi vuole crescere davvero nel settore. #digitaltraining #ecommerceitalia #skilldigitale #googleads #seo #emailmarketing #googleanalytics #formazionedigitale #operatoriecommerce #crescitasostenibile #learningbydoing #marketingdigitale #ecommercemanager
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  • Strategie di remarketing: riconquistare i visitatori indecisi

    Una delle cose che mi ha fatto più arrabbiare all’inizio del mio percorso da e-commerce manager?
    Vedere centinaia di visitatori sul sito… ma zero ordini.
    Poi ho scoperto che in media solo il 2-3% dei visitatori converte al primo colpo. Gli altri? Se ne vanno, ma non sono persi per sempre.

    È lì che entra in gioco il remarketing: una delle leve più efficaci che ho usato per riconquistare gli indecisi e trasformare click in clienti.

    Cos'è il remarketing (e perché funziona)
    In parole semplici?
    È parlare di nuovo a chi ha già interagito con il tuo brand, ma non ha ancora completato un’azione (come l’acquisto o la registrazione).

    Nel mio caso, significa:
    -Riproporre il prodotto visto ma non acquistato
    -Ricordare un carrello abbandonato
    -Offrire un incentivo (ma senza svendere)
    Il remarketing funziona perché parla a persone già “calde”, che ti conoscono e ti hanno già dato attenzione. Serve solo dare il giusto stimolo per farle tornare.

    Le strategie che uso (e che consiglio)
    1. Facebook & Instagram Ads per carrelli abbandonati
    Ho creato una campagna su Meta Ads che si attiva solo per chi ha aggiunto al carrello ma non ha comprato.
    L’annuncio mostra proprio quel prodotto, con un messaggio del tipo:
    -“Hai lasciato qualcosa nel carrello? È ancora disponibile
    -Risultato? CTR altissimo e ROAS molto positivo.

    2. Email automatica post-visita
    Uso una semplice automazione che manda un’email a chi:
    -Ha visitato più volte la stessa pagina
    -Ha abbandonato il carrello
    -Si è iscritto ma non ha acquistato entro 3 giorni

    L’email è breve, personale, e spesso include una piccola spinta (es. spedizione gratuita o 5% di sconto).
    Importante: non esagerare con gli sconti, o abitui male il cliente.

    3. Annunci dinamici su Google Display
    Google mi permette di mostrare banner personalizzati con i prodotti visitati.
    Funziona bene soprattutto per articoli visivi (moda, home decor, design).
    L’ho testato con un budget piccolo e ho visto un rientro sulle spese migliore delle campagne generiche.

    4. Campagne “soft” per visitatori frequenti
    Non tutti sono pronti all’acquisto.
    A volte uso il remarketing per offrire contenuti di valore: es. articoli del blog, recensioni, video “dietro le quinte”.
    Serve per nutrire la relazione, non solo vendere.

    Cosa evitare
    -Bombardare con troppi annunci → effetto boomerang: l’utente si irrita
    -Usare messaggi troppo aggressivi → “Ultima occasione!” a chi ha solo visitato una pagina = pessimo
    -Remarketing senza segmentazione → mandare lo stesso annuncio a chi ha comprato e a chi non ha mai cliccato è un errore

    I miei strumenti preferiti per il remarketing
    -Meta Ads Manager (con eventi e segmenti personalizzati)
    -Google Ads – Display & Performance Max
    -Klaviyo / Mailchimp per email automation basata sul comportamento
    -Hotjar + GA4 per capire chi torna e cosa guarda più spesso

    Il remarketing è come riprendere un dialogo interrotto.
    Non devi inseguire il cliente, ma rientrare nella sua attenzione con il messaggio giusto, al momento giusto.

    E credimi: molte delle mie vendite migliori arrivano dopo il secondo o terzo contatto.

    #remarketing #ecommerceitalia #marketingstrategico #facebookads #googleads #emailautomation #carrelliabbandonati #digitalstrategy
    Strategie di remarketing: riconquistare i visitatori indecisi Una delle cose che mi ha fatto più arrabbiare all’inizio del mio percorso da e-commerce manager? Vedere centinaia di visitatori sul sito… ma zero ordini. Poi ho scoperto che in media solo il 2-3% dei visitatori converte al primo colpo. Gli altri? Se ne vanno, ma non sono persi per sempre. È lì che entra in gioco il remarketing: una delle leve più efficaci che ho usato per riconquistare gli indecisi e trasformare click in clienti. 🎯 Cos'è il remarketing (e perché funziona) In parole semplici? È parlare di nuovo a chi ha già interagito con il tuo brand, ma non ha ancora completato un’azione (come l’acquisto o la registrazione). Nel mio caso, significa: -Riproporre il prodotto visto ma non acquistato -Ricordare un carrello abbandonato -Offrire un incentivo (ma senza svendere) Il remarketing funziona perché parla a persone già “calde”, che ti conoscono e ti hanno già dato attenzione. Serve solo dare il giusto stimolo per farle tornare. ✅ Le strategie che uso (e che consiglio) 1. Facebook & Instagram Ads per carrelli abbandonati Ho creato una campagna su Meta Ads che si attiva solo per chi ha aggiunto al carrello ma non ha comprato. L’annuncio mostra proprio quel prodotto, con un messaggio del tipo: -“Hai lasciato qualcosa nel carrello? È ancora disponibile 👀” -Risultato? CTR altissimo e ROAS molto positivo. 2. Email automatica post-visita Uso una semplice automazione che manda un’email a chi: -Ha visitato più volte la stessa pagina -Ha abbandonato il carrello -Si è iscritto ma non ha acquistato entro 3 giorni L’email è breve, personale, e spesso include una piccola spinta (es. spedizione gratuita o 5% di sconto). Importante: non esagerare con gli sconti, o abitui male il cliente. 3. Annunci dinamici su Google Display Google mi permette di mostrare banner personalizzati con i prodotti visitati. Funziona bene soprattutto per articoli visivi (moda, home decor, design). L’ho testato con un budget piccolo e ho visto un rientro sulle spese migliore delle campagne generiche. 4. Campagne “soft” per visitatori frequenti Non tutti sono pronti all’acquisto. A volte uso il remarketing per offrire contenuti di valore: es. articoli del blog, recensioni, video “dietro le quinte”. Serve per nutrire la relazione, non solo vendere. ❌ Cosa evitare -Bombardare con troppi annunci → effetto boomerang: l’utente si irrita -Usare messaggi troppo aggressivi → “Ultima occasione!” a chi ha solo visitato una pagina = pessimo -Remarketing senza segmentazione → mandare lo stesso annuncio a chi ha comprato e a chi non ha mai cliccato è un errore 📊 I miei strumenti preferiti per il remarketing -Meta Ads Manager (con eventi e segmenti personalizzati) -Google Ads – Display & Performance Max -Klaviyo / Mailchimp per email automation basata sul comportamento -Hotjar + GA4 per capire chi torna e cosa guarda più spesso ✍️Il remarketing è come riprendere un dialogo interrotto. Non devi inseguire il cliente, ma rientrare nella sua attenzione con il messaggio giusto, al momento giusto. E credimi: molte delle mie vendite migliori arrivano dopo il secondo o terzo contatto. #remarketing #ecommerceitalia #marketingstrategico #facebookads #googleads #emailautomation #carrelliabbandonati #digitalstrategy
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  • Come usare il remarketing per aumentare le vendite cross-border

    Quando ho iniziato a vendere all’estero con il mio e-commerce, ho capito subito che attirare visitatori non bastava: dovevo convincerli a tornare e completare l’acquisto. Ed è qui che il remarketing è diventato uno strumento fondamentale, soprattutto nei mercati internazionali.
    Il remarketing, infatti, mi ha permesso di mantenere viva l’attenzione dei potenziali clienti, personalizzare la comunicazione e superare le diffidenze tipiche degli acquisti cross-border.
    Ecco come uso il remarketing per aumentare le vendite fuori dall’Italia.

    1. Segmentare il pubblico per Paese e comportamento
    Il primo passo è capire chi stiamo rincorrendo.
    In GA4 e nelle piattaforme Ads (Google Ads, Meta Ads), creo segmenti separati per:
    -Visitatori che hanno visto prodotti ma non hanno aggiunto al carrello
    -Chi ha abbandonato il carrello
    -Chi ha visitato pagine chiave senza comprare
    -Utenti che hanno già acquistato (per campagne di upsell o cross-sell)
    Per ogni segmento, inoltre, filtro per Paese o lingua, così da personalizzare i messaggi in base al mercato.

    2. Adattare i messaggi e le offerte al mercato locale
    Un messaggio generico non funziona quasi mai, specie all’estero.
    Io preparo creatività, testi e offerte pensate per ciascun Paese, rispettando:
    -Lingua e cultura locale
    -Modalità di pagamento preferite
    -Eventi o festività specifiche
    Per esempio, in Spagna promuovo sconti legati a feste locali, mentre in UK spingo molto sulle garanzie e sulla sicurezza dell’acquisto.

    3. Utilizzare diversi canali di remarketing
    Non mi limito mai a un solo canale.
    Uso Facebook e Instagram per raggiungere il pubblico social, Google Display Network per visibilità su siti terzi, e persino campagne su YouTube per catturare l’attenzione con video brevi.
    In più, spesso integro con email marketing per chi ha già fornito il contatto, creando un ciclo di comunicazione più efficace.

    4. Testare frequenze e tempi di esposizione
    All’estero, il ciclo d’acquisto può essere più lungo.
    Ho imparato a modulare la frequenza degli annunci per evitare di “stancare” l’utente, mantenendo però alta la brand awareness.
    Per esempio, in mercati dove la fiducia è più lenta a consolidarsi (come in alcune aree dell’Est Europa), lascio attive le campagne di remarketing per 30 giorni, mentre in mercati più “veloci” (come Scandinavia) preferisco periodi più brevi.

    5. Monitorare e ottimizzare costantemente
    Infine, nessuna strategia funziona senza dati.
    Controllo regolarmente metriche come CTR, conversion rate, ROAS per ogni segmento e mercato.
    Se una campagna non funziona, la modifico o la interrompo.
    Se invece funziona, aumento il budget e sperimento nuovi contenuti.

    Il remarketing è diventato per me uno strumento imprescindibile per vendere all’estero, perché permette di mantenere viva la relazione con il cliente e aumentare significativamente le conversioni cross-border.

    Se vuoi espandere il tuo e-commerce oltre confine, ti consiglio di investire in campagne di remarketing ben segmentate e personalizzate per ogni mercato.

    Vuoi un aiuto per creare la tua strategia di remarketing internazionale?
    Scrivimi, ti supporto con consigli pratici e operativi.

    #Remarketing #VenditeInternazionali #EcommerceExport #CrossBorderSelling #MarketingDigitale #GoogleAds #MetaAds #StrategieEcommerce #CustomerJourney #PMIExport

    Come usare il remarketing per aumentare le vendite cross-border Quando ho iniziato a vendere all’estero con il mio e-commerce, ho capito subito che attirare visitatori non bastava: dovevo convincerli a tornare e completare l’acquisto. Ed è qui che il remarketing è diventato uno strumento fondamentale, soprattutto nei mercati internazionali. Il remarketing, infatti, mi ha permesso di mantenere viva l’attenzione dei potenziali clienti, personalizzare la comunicazione e superare le diffidenze tipiche degli acquisti cross-border. Ecco come uso il remarketing per aumentare le vendite fuori dall’Italia. 1. Segmentare il pubblico per Paese e comportamento Il primo passo è capire chi stiamo rincorrendo. In GA4 e nelle piattaforme Ads (Google Ads, Meta Ads), creo segmenti separati per: -Visitatori che hanno visto prodotti ma non hanno aggiunto al carrello -Chi ha abbandonato il carrello -Chi ha visitato pagine chiave senza comprare -Utenti che hanno già acquistato (per campagne di upsell o cross-sell) Per ogni segmento, inoltre, filtro per Paese o lingua, così da personalizzare i messaggi in base al mercato. 2. Adattare i messaggi e le offerte al mercato locale Un messaggio generico non funziona quasi mai, specie all’estero. Io preparo creatività, testi e offerte pensate per ciascun Paese, rispettando: -Lingua e cultura locale -Modalità di pagamento preferite -Eventi o festività specifiche Per esempio, in Spagna promuovo sconti legati a feste locali, mentre in UK spingo molto sulle garanzie e sulla sicurezza dell’acquisto. 3. Utilizzare diversi canali di remarketing Non mi limito mai a un solo canale. Uso Facebook e Instagram per raggiungere il pubblico social, Google Display Network per visibilità su siti terzi, e persino campagne su YouTube per catturare l’attenzione con video brevi. In più, spesso integro con email marketing per chi ha già fornito il contatto, creando un ciclo di comunicazione più efficace. 4. Testare frequenze e tempi di esposizione All’estero, il ciclo d’acquisto può essere più lungo. Ho imparato a modulare la frequenza degli annunci per evitare di “stancare” l’utente, mantenendo però alta la brand awareness. Per esempio, in mercati dove la fiducia è più lenta a consolidarsi (come in alcune aree dell’Est Europa), lascio attive le campagne di remarketing per 30 giorni, mentre in mercati più “veloci” (come Scandinavia) preferisco periodi più brevi. 5. Monitorare e ottimizzare costantemente Infine, nessuna strategia funziona senza dati. Controllo regolarmente metriche come CTR, conversion rate, ROAS per ogni segmento e mercato. Se una campagna non funziona, la modifico o la interrompo. Se invece funziona, aumento il budget e sperimento nuovi contenuti. ✅ Il remarketing è diventato per me uno strumento imprescindibile per vendere all’estero, perché permette di mantenere viva la relazione con il cliente e aumentare significativamente le conversioni cross-border. Se vuoi espandere il tuo e-commerce oltre confine, ti consiglio di investire in campagne di remarketing ben segmentate e personalizzate per ogni mercato. ✉️ Vuoi un aiuto per creare la tua strategia di remarketing internazionale? Scrivimi, ti supporto con consigli pratici e operativi. 📌#Remarketing #VenditeInternazionali #EcommerceExport #CrossBorderSelling #MarketingDigitale #GoogleAds #MetaAds #StrategieEcommerce #CustomerJourney #PMIExport
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  • Internazionalizzazione e ROAS: come calcolare il ritorno delle campagne all’estero

    Quando ho iniziato a investire in campagne digitali fuori dall’Italia, mi aspettavo che i numeri parlassero chiaro, come sempre. Invece ho scoperto che il ROAS (Return On Advertising Spend), all’estero, è tutt’altra storia rispetto al mercato nazionale.
    Non basta più fare “entrate ÷ spesa pubblicitaria”. Bisogna capire quanto costa davvero acquisire un cliente estero, quanto rende nel tempo e, soprattutto, quali fattori influenzano il ritorno sull’investimento in ogni singolo mercato.
    Ecco come oggi analizzo e interpreto il ROAS internazionale per capire se le mie campagne funzionano davvero.

    1. Il ROAS da solo non basta
    All’inizio guardavo solo il classico:
    ROAS = Ricavi generati ÷ Spesa pubblicitaria
    Se era superiore a 3, mi sentivo tranquillo.
    Ma poi ho capito che, per l’estero, serviva una lettura più strategica:
    -Quanto ho speso in traduzioni/localizzazione?
    -Quanto ho pagato in commissioni extra per valute, dazi, gateway?
    -Qual è il margine effettivo per quel Paese?
    Un ROAS di 3 in Italia può essere ottimo, ma lo stesso ROAS in UK, con margini più bassi e costi più alti, può significare andare in perdita.

    2. Diversi mercati, diversi costi pubblicitari
    Una campagna Facebook in Italia mi costa molto meno rispetto agli Stati Uniti o alla Germania.
    La concorrenza pubblicitaria è più alta, i CPC salgono e il CAC (costo di acquisizione cliente) può raddoppiare.

    Quindi per ogni Paese io analizzo:
    -CPC e CPM medi
    -Tasso di conversione locale
    -Ordine medio per Paese
    -Frequenza di acquisto
    -E solo dopo calcolo un ROAS “intelligente”.

    3. Il valore del cliente nel tempo (LTV)
    Un cliente estero magari costa di più da acquisire, ma ha:
    -Un ordine medio più alto
    -Una maggiore fedeltà (in certi mercati nordici o anglosassoni)
    -Una propensione a comprare su abbonamento o ricorsivamente
    Quindi, io incrocio il ROAS con il Customer Lifetime Value: se la prima vendita ha un ROAS basso ma apre la porta a 3-4 acquisti futuri, può valere la pena investire lo stesso.

    4. ROAS di breve vs ROAS di lungo periodo
    Ho smesso di giudicare una campagna solo dopo una settimana.
    Oggi mi do almeno 30-45 giorni per analizzare:
    -Quanto tempo impiega il cliente a convertire?
    -Dopo quanti giorni (e quante visite) arriva il primo acquisto?
    -Il traffico freddo si trasforma in acquisto solo con remarketing?
    Molti mercati esteri richiedono più tempo e più fiducia per convertire.

    5. Tracciamento avanzato e analisi per Paese
    Uso strumenti come:
    -UTM personalizzati per tracciare campagne per Paese
    -Google Analytics 4 con segmenti geografici
    -Report ROAS multipaese su Meta e Google Ads
    Così vedo dove il budget è speso bene, dove serve ottimizzare, dove sto solo “pagando traffico”.

    Oggi il mio approccio al ROAS internazionale è molto più raffinato.
    Non guardo solo il ritorno immediato, ma tutto l’ecosistema del cliente estero: costi nascosti, valore nel tempo, differenze culturali, ciclo d’acquisto.

    Internazionalizzare vuol dire anche ripensare le metriche, con pazienza e consapevolezza. E a volte, un ROAS “basso” può essere la porta giusta per crescere.

    Vuoi costruire un modello di ROAS su misura per i tuoi mercati esteri?
    Scrivimi, ti aiuto a impostarlo con i dati reali del tuo e-commerce.

    #ROASInternazionale #EcommerceExport #DigitalExport #VendereAllEstero #FacebookAds #GoogleAds #StrategiaEcommerce #PMIExport #MarketingInternazionale #CustomerLTV #AnalisiCampagne

    Internazionalizzazione e ROAS: come calcolare il ritorno delle campagne all’estero Quando ho iniziato a investire in campagne digitali fuori dall’Italia, mi aspettavo che i numeri parlassero chiaro, come sempre. Invece ho scoperto che il ROAS (Return On Advertising Spend), all’estero, è tutt’altra storia rispetto al mercato nazionale. Non basta più fare “entrate ÷ spesa pubblicitaria”. Bisogna capire quanto costa davvero acquisire un cliente estero, quanto rende nel tempo e, soprattutto, quali fattori influenzano il ritorno sull’investimento in ogni singolo mercato. Ecco come oggi analizzo e interpreto il ROAS internazionale per capire se le mie campagne funzionano davvero. 1. Il ROAS da solo non basta All’inizio guardavo solo il classico: ROAS = Ricavi generati ÷ Spesa pubblicitaria Se era superiore a 3, mi sentivo tranquillo. Ma poi ho capito che, per l’estero, serviva una lettura più strategica: -Quanto ho speso in traduzioni/localizzazione? -Quanto ho pagato in commissioni extra per valute, dazi, gateway? -Qual è il margine effettivo per quel Paese? 👉 Un ROAS di 3 in Italia può essere ottimo, ma lo stesso ROAS in UK, con margini più bassi e costi più alti, può significare andare in perdita. 2. Diversi mercati, diversi costi pubblicitari Una campagna Facebook in Italia mi costa molto meno rispetto agli Stati Uniti o alla Germania. La concorrenza pubblicitaria è più alta, i CPC salgono e il CAC (costo di acquisizione cliente) può raddoppiare. Quindi per ogni Paese io analizzo: -CPC e CPM medi -Tasso di conversione locale -Ordine medio per Paese -Frequenza di acquisto -E solo dopo calcolo un ROAS “intelligente”. 3. Il valore del cliente nel tempo (LTV) Un cliente estero magari costa di più da acquisire, ma ha: -Un ordine medio più alto -Una maggiore fedeltà (in certi mercati nordici o anglosassoni) -Una propensione a comprare su abbonamento o ricorsivamente Quindi, io incrocio il ROAS con il Customer Lifetime Value: se la prima vendita ha un ROAS basso ma apre la porta a 3-4 acquisti futuri, può valere la pena investire lo stesso. 4. ROAS di breve vs ROAS di lungo periodo Ho smesso di giudicare una campagna solo dopo una settimana. Oggi mi do almeno 30-45 giorni per analizzare: -Quanto tempo impiega il cliente a convertire? -Dopo quanti giorni (e quante visite) arriva il primo acquisto? -Il traffico freddo si trasforma in acquisto solo con remarketing? Molti mercati esteri richiedono più tempo e più fiducia per convertire. 5. Tracciamento avanzato e analisi per Paese Uso strumenti come: -UTM personalizzati per tracciare campagne per Paese -Google Analytics 4 con segmenti geografici -Report ROAS multipaese su Meta e Google Ads Così vedo dove il budget è speso bene, dove serve ottimizzare, dove sto solo “pagando traffico”. ✅Oggi il mio approccio al ROAS internazionale è molto più raffinato. Non guardo solo il ritorno immediato, ma tutto l’ecosistema del cliente estero: costi nascosti, valore nel tempo, differenze culturali, ciclo d’acquisto. Internazionalizzare vuol dire anche ripensare le metriche, con pazienza e consapevolezza. E a volte, un ROAS “basso” può essere la porta giusta per crescere. ✉️ Vuoi costruire un modello di ROAS su misura per i tuoi mercati esteri? Scrivimi, ti aiuto a impostarlo con i dati reali del tuo e-commerce. 📌#ROASInternazionale #EcommerceExport #DigitalExport #VendereAllEstero #FacebookAds #GoogleAds #StrategiaEcommerce #PMIExport #MarketingInternazionale #CustomerLTV #AnalisiCampagne
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  • Come usare Google Shopping per aumentare le vendite online

    Quando ho iniziato a vendere online, avevo un sito ben fatto e prodotti competitivi, ma le vendite faticavano a decollare. Poi ho scoperto Google Shopping, e da lì ho visto una vera svolta. Se usato nel modo giusto, è uno degli strumenti più potenti per portare traffico altamente qualificato direttamente alle tue schede prodotto.

    Cos’è Google Shopping?
    Google Shopping è il comparatore di prezzi integrato in Google, che mostra immagini, prezzi e nomi dei prodotti direttamente nei risultati di ricerca o nella sezione “Shopping”. I clienti vedono il prodotto prima ancora di cliccare, e se lo trovano interessante… lo comprano.

    Perché funziona così bene?
    -Visibilità immediata nei risultati di ricerca
    -Traffico pronto all’acquisto: chi cerca su Google Shopping ha già un’intenzione d’acquisto
    -Confronto diretto con i concorrenti (utile se hai un buon prezzo o valore aggiunto)
    -Integrazione perfetta con Google Ads e Google Merchant Center

    Come ho impostato Google Shopping (e come puoi farlo anche tu)
    1. Crea un account Google Merchant Center
    È il punto di partenza. Qui carichi il feed dei tuoi prodotti, cioè un file che contiene tutti i dati: titoli, immagini, descrizioni, prezzi, disponibilità.

    2. Collega Merchant Center a Google Ads
    Per far apparire i prodotti, devi attivare una campagna Shopping su Google Ads. Puoi scegliere tra:
    -Campagna Standard Shopping
    -Campagna Performance Max (che utilizza anche automazioni e IA per mostrare i tuoi prodotti su più canali Google)

    3. Ottimizza il feed prodotti
    Questa parte è fondamentale: più il tuo feed è chiaro e dettagliato, più Google capisce a chi mostrare i tuoi articoli.

    Io ho imparato a:
    -Scrivere titoli chiari e keyword-friendly
    -Usare immagini di alta qualità
    -Mantenere sempre aggiornati prezzi e disponibilità
    -Segmentare bene i prodotti per categoria e tipo

    4. Monitora le performance e migliora
    Una volta attiva la campagna, non basta lasciarla andare. Controllo costantemente:
    -Tasso di clic (CTR)
    -Costo per conversione
    -Prodotti con basso rendimento
    -Termini di ricerca utilizzati dai clienti
    Questo mi aiuta a ottimizzare offerte, feed e targeting.

    I miei risultati con Google Shopping
    Dopo le prime settimane di rodaggio, Google Shopping è diventato uno dei miei canali principali di vendita, con un ROI spesso superiore a quello delle campagne social. L’investimento è mirato e porta clienti già interessati, pronti ad acquistare.

    Il mio consiglio
    Non aspettare di avere “il budget giusto” per provarlo: Google Shopping funziona anche con cifre contenute, se sai dove agire. L’importante è partire da un feed ben fatto e monitorare con attenzione.

    #GoogleShopping #Ecommerce #VendereOnline #ImpresaBiz #GoogleAds #MerchantCenter #MarketingDigitale #StrategieEcommerce #ShoppingAds #PerformanceMax
    Come usare Google Shopping per aumentare le vendite online Quando ho iniziato a vendere online, avevo un sito ben fatto e prodotti competitivi, ma le vendite faticavano a decollare. Poi ho scoperto Google Shopping, e da lì ho visto una vera svolta. Se usato nel modo giusto, è uno degli strumenti più potenti per portare traffico altamente qualificato direttamente alle tue schede prodotto. Cos’è Google Shopping? Google Shopping è il comparatore di prezzi integrato in Google, che mostra immagini, prezzi e nomi dei prodotti direttamente nei risultati di ricerca o nella sezione “Shopping”. I clienti vedono il prodotto prima ancora di cliccare, e se lo trovano interessante… lo comprano. Perché funziona così bene? -Visibilità immediata nei risultati di ricerca -Traffico pronto all’acquisto: chi cerca su Google Shopping ha già un’intenzione d’acquisto -Confronto diretto con i concorrenti (utile se hai un buon prezzo o valore aggiunto) -Integrazione perfetta con Google Ads e Google Merchant Center Come ho impostato Google Shopping (e come puoi farlo anche tu) 1. Crea un account Google Merchant Center È il punto di partenza. Qui carichi il feed dei tuoi prodotti, cioè un file che contiene tutti i dati: titoli, immagini, descrizioni, prezzi, disponibilità. 2. Collega Merchant Center a Google Ads Per far apparire i prodotti, devi attivare una campagna Shopping su Google Ads. Puoi scegliere tra: -Campagna Standard Shopping -Campagna Performance Max (che utilizza anche automazioni e IA per mostrare i tuoi prodotti su più canali Google) 3. Ottimizza il feed prodotti Questa parte è fondamentale: più il tuo feed è chiaro e dettagliato, più Google capisce a chi mostrare i tuoi articoli. Io ho imparato a: -Scrivere titoli chiari e keyword-friendly -Usare immagini di alta qualità -Mantenere sempre aggiornati prezzi e disponibilità -Segmentare bene i prodotti per categoria e tipo 4. Monitora le performance e migliora Una volta attiva la campagna, non basta lasciarla andare. Controllo costantemente: -Tasso di clic (CTR) -Costo per conversione -Prodotti con basso rendimento -Termini di ricerca utilizzati dai clienti Questo mi aiuta a ottimizzare offerte, feed e targeting. I miei risultati con Google Shopping Dopo le prime settimane di rodaggio, Google Shopping è diventato uno dei miei canali principali di vendita, con un ROI spesso superiore a quello delle campagne social. L’investimento è mirato e porta clienti già interessati, pronti ad acquistare. Il mio consiglio Non aspettare di avere “il budget giusto” per provarlo: Google Shopping funziona anche con cifre contenute, se sai dove agire. L’importante è partire da un feed ben fatto e monitorare con attenzione. #GoogleShopping #Ecommerce #VendereOnline #ImpresaBiz #GoogleAds #MerchantCenter #MarketingDigitale #StrategieEcommerce #ShoppingAds #PerformanceMax
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  • Google Ads e Facebook Ads: come creo campagne efficaci per il mio e-commerce

    Gestendo un e-commerce, ho imparato che non basta avere un buon prodotto: bisogna saperlo promuovere nel posto giusto, al momento giusto. Le campagne Google Ads e Facebook Ads, se usate nel modo corretto, sono tra gli strumenti più potenti per far crescere le vendite. Ecco come le gestisco io, dopo tanti test (e qualche errore iniziale!).

    1. Parto sempre da un obiettivo chiaro
    Prima di creare una campagna, mi chiedo: cosa voglio ottenere? Più traffico? Più vendite? Recuperare carrelli abbandonati? Un obiettivo definito mi permette di scegliere il tipo di annuncio e misurare davvero i risultati.

    2. Su Google Ads intercetto chi cerca (già) quello che vendo
    Google è perfetto per intercettare domanda consapevole. Imposto campagne con parole chiave specifiche, spesso long tail (tipo “scarpe running leggere donna”) e monitoro attentamente quali keyword portano conversioni.
    Uso Google Shopping per prodotti con immagini accattivanti, e mi assicuro che il feed sia aggiornato e ben strutturato.

    3. Con Facebook Ads creo bisogno e curiosità
    Facebook (e Instagram) mi aiutano a creare interesse, anche tra chi ancora non mi conosce. Segmento bene il pubblico per interessi, età, comportamento e carico contenuti visuali di qualità: immagini reali, video brevi, recensioni. I caroselli funzionano benissimo per mostrare più prodotti.

    4. Retargeting: il mio alleato più potente
    Una delle cose che ha migliorato le mie performance è il retargeting: inseguito (con garbo) chi ha visitato il sito, ha messo prodotti nel carrello o ha visto una pagina specifica. Su Facebook e Google, creo campagne personalizzate per recuperare questi utenti e portarli all’acquisto.

    5. Monitoro ogni singolo euro
    Non lascio nulla al caso: controllo CTR, CPC, ROAS, e soprattutto tasso di conversione per annuncio e per pubblico. Se qualcosa non funziona, la cambio senza aspettare settimane. A volte basta una modifica nel testo o un'immagine diversa per far decollare una campagna.

    6. A/B testing sempre
    Ogni campagna nuova la testo in due o tre varianti. Magari cambio l'immagine, la CTA o la descrizione. Lascio correre per qualche giorno, poi elimino ciò che non converte.
    Testare è l’unico modo per migliorare costantemente.

    Google Ads e Facebook Ads non sono magie, ma strumenti da usare con metodo. Con il tempo ho imparato a bilanciare visibilità e conversione, e i numeri del mio e-commerce lo dimostrano. Il segreto? Capire il cliente, parlare nel suo linguaggio e guidarlo con intelligenza verso l’acquisto.

    #GoogleAds #FacebookAds #EcommerceMarketing #CampagneDigitali #VenditeOnline #PerformanceMarketing #StrategieADV #DigitalAds #Retargeting #PianoMarketing #CrescitaEcommerce

    Google Ads e Facebook Ads: come creo campagne efficaci per il mio e-commerce Gestendo un e-commerce, ho imparato che non basta avere un buon prodotto: bisogna saperlo promuovere nel posto giusto, al momento giusto. Le campagne Google Ads e Facebook Ads, se usate nel modo corretto, sono tra gli strumenti più potenti per far crescere le vendite. Ecco come le gestisco io, dopo tanti test (e qualche errore iniziale!). 1. Parto sempre da un obiettivo chiaro Prima di creare una campagna, mi chiedo: cosa voglio ottenere? Più traffico? Più vendite? Recuperare carrelli abbandonati? Un obiettivo definito mi permette di scegliere il tipo di annuncio e misurare davvero i risultati. 2. Su Google Ads intercetto chi cerca (già) quello che vendo Google è perfetto per intercettare domanda consapevole. Imposto campagne con parole chiave specifiche, spesso long tail (tipo “scarpe running leggere donna”) e monitoro attentamente quali keyword portano conversioni. Uso Google Shopping per prodotti con immagini accattivanti, e mi assicuro che il feed sia aggiornato e ben strutturato. 3. Con Facebook Ads creo bisogno e curiosità Facebook (e Instagram) mi aiutano a creare interesse, anche tra chi ancora non mi conosce. Segmento bene il pubblico per interessi, età, comportamento e carico contenuti visuali di qualità: immagini reali, video brevi, recensioni. I caroselli funzionano benissimo per mostrare più prodotti. 4. Retargeting: il mio alleato più potente Una delle cose che ha migliorato le mie performance è il retargeting: inseguito (con garbo) chi ha visitato il sito, ha messo prodotti nel carrello o ha visto una pagina specifica. Su Facebook e Google, creo campagne personalizzate per recuperare questi utenti e portarli all’acquisto. 5. Monitoro ogni singolo euro Non lascio nulla al caso: controllo CTR, CPC, ROAS, e soprattutto tasso di conversione per annuncio e per pubblico. Se qualcosa non funziona, la cambio senza aspettare settimane. A volte basta una modifica nel testo o un'immagine diversa per far decollare una campagna. 6. A/B testing sempre Ogni campagna nuova la testo in due o tre varianti. Magari cambio l'immagine, la CTA o la descrizione. Lascio correre per qualche giorno, poi elimino ciò che non converte. Testare è l’unico modo per migliorare costantemente. Google Ads e Facebook Ads non sono magie, ma strumenti da usare con metodo. Con il tempo ho imparato a bilanciare visibilità e conversione, e i numeri del mio e-commerce lo dimostrano. Il segreto? Capire il cliente, parlare nel suo linguaggio e guidarlo con intelligenza verso l’acquisto. #GoogleAds #FacebookAds #EcommerceMarketing #CampagneDigitali #VenditeOnline #PerformanceMarketing #StrategieADV #DigitalAds #Retargeting #PianoMarketing #CrescitaEcommerce
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