• E-commerce B2B: differenze, vantaggi e strategie rispetto al B2C

    Quando si parla di e-commerce, la maggior parte delle persone pensa subito al modello B2C, dove si vendono prodotti direttamente al consumatore finale. Anche io ho iniziato da lì. Ma con l’esperienza, mi sono avvicinato al mondo del B2B, ovvero la vendita online tra aziende, e ho scoperto un universo di opportunità completamente diverso, ma altrettanto – se non più – interessante.

    Vendere in ambito B2B non è semplicemente "fare e-commerce con clienti diversi". Richiede una mentalità specifica, strumenti adatti e strategie personalizzate. Ecco cosa ho imparato sul campo.

    Le principali differenze tra e-commerce B2C e B2B
    Processo d’acquisto più lungo e ragionato
    Nel B2C spesso l’acquisto è impulsivo o emotivo. In ambito B2B, invece, il cliente valuta con attenzione, confronta alternative, e spesso l’ordine è il risultato di una trattativa o di una decisione condivisa da più figure aziendali.
    Ordini ricorrenti e in volumi maggiori
    I clienti B2B acquistano grandi quantità, con una certa regolarità. Questo implica una gestione precisa di listini, disponibilità e condizioni commerciali.
    Prezzi personalizzati e contratti su misura
    A differenza del B2C, dove il prezzo è uguale per tutti, nel B2B i prezzi sono spesso negoziabili. Personalmente, utilizzo listini differenziati in base al cliente o alla quantità ordinata.
    Fatturazione e pagamenti differiti
    Nel B2B è comune offrire pagamenti a 30, 60 o 90 giorni. Questo richiede una piattaforma capace di gestire fatturazione automatica, IVA specifica e gestione del credito.

    I vantaggi che ho riscontrato nel vendere B2B online
    Clienti più fidelizzati: una volta acquisito, un cliente B2B tende a restare, soprattutto se il servizio è efficiente.
    Prevedibilità del fatturato: gli ordini ricorrenti permettono una pianificazione più stabile.
    Maggiore valore medio per ordine: anche se il numero di clienti è inferiore al B2C, il valore per ordine è solitamente molto più alto.
    Crescita scalabile: con l’automazione di preventivi, cataloghi e ordini, riesco a gestire più clienti senza moltiplicare il carico operativo.

    Strategie che funzionano nel B2B
    Cataloghi digitali riservati e login per accedere ai prezzi
    Creo aree riservate per i miei clienti, dove possono accedere a listini personalizzati e offerte su misura.

    Automazione del processo di ordine e riordino
    Utilizzo strumenti che permettono al cliente di rifare un ordine con un clic, semplificando la routine.

    CRM integrato per gestire trattative e relazioni
    Nel B2B il rapporto umano resta fondamentale: il CRM mi aiuta a tenere traccia di ogni contatto, proposta, scadenza.

    Assistenza clienti più tecnica e consulenziale
    In ambito B2B non basta rispondere velocemente: bisogna essere competenti e saper consigliare la soluzione migliore.

    L’e-commerce B2B non è la semplice estensione del B2C: è un modello con regole, dinamiche e potenzialità tutte sue. Per me, è stata un’evoluzione naturale del mio business, che oggi mi permette di lavorare con maggiore continuità, su ordini di valore più alto e con clienti che diventano veri partner.

    #EcommerceB2B #VenditaAziende #DigitalizzazioneB2B #BusinessOnline #StrategieEcommerce #ImpresaBiz #VenditeDigitali #CRM #AutomazioneOrdini

    E-commerce B2B: differenze, vantaggi e strategie rispetto al B2C Quando si parla di e-commerce, la maggior parte delle persone pensa subito al modello B2C, dove si vendono prodotti direttamente al consumatore finale. Anche io ho iniziato da lì. Ma con l’esperienza, mi sono avvicinato al mondo del B2B, ovvero la vendita online tra aziende, e ho scoperto un universo di opportunità completamente diverso, ma altrettanto – se non più – interessante. Vendere in ambito B2B non è semplicemente "fare e-commerce con clienti diversi". Richiede una mentalità specifica, strumenti adatti e strategie personalizzate. Ecco cosa ho imparato sul campo. Le principali differenze tra e-commerce B2C e B2B 🔹 Processo d’acquisto più lungo e ragionato Nel B2C spesso l’acquisto è impulsivo o emotivo. In ambito B2B, invece, il cliente valuta con attenzione, confronta alternative, e spesso l’ordine è il risultato di una trattativa o di una decisione condivisa da più figure aziendali. 🔹 Ordini ricorrenti e in volumi maggiori I clienti B2B acquistano grandi quantità, con una certa regolarità. Questo implica una gestione precisa di listini, disponibilità e condizioni commerciali. 🔹 Prezzi personalizzati e contratti su misura A differenza del B2C, dove il prezzo è uguale per tutti, nel B2B i prezzi sono spesso negoziabili. Personalmente, utilizzo listini differenziati in base al cliente o alla quantità ordinata. 🔹 Fatturazione e pagamenti differiti Nel B2B è comune offrire pagamenti a 30, 60 o 90 giorni. Questo richiede una piattaforma capace di gestire fatturazione automatica, IVA specifica e gestione del credito. I vantaggi che ho riscontrato nel vendere B2B online ✅ Clienti più fidelizzati: una volta acquisito, un cliente B2B tende a restare, soprattutto se il servizio è efficiente. ✅ Prevedibilità del fatturato: gli ordini ricorrenti permettono una pianificazione più stabile. ✅ Maggiore valore medio per ordine: anche se il numero di clienti è inferiore al B2C, il valore per ordine è solitamente molto più alto. ✅ Crescita scalabile: con l’automazione di preventivi, cataloghi e ordini, riesco a gestire più clienti senza moltiplicare il carico operativo. Strategie che funzionano nel B2B Cataloghi digitali riservati e login per accedere ai prezzi Creo aree riservate per i miei clienti, dove possono accedere a listini personalizzati e offerte su misura. Automazione del processo di ordine e riordino Utilizzo strumenti che permettono al cliente di rifare un ordine con un clic, semplificando la routine. CRM integrato per gestire trattative e relazioni Nel B2B il rapporto umano resta fondamentale: il CRM mi aiuta a tenere traccia di ogni contatto, proposta, scadenza. Assistenza clienti più tecnica e consulenziale In ambito B2B non basta rispondere velocemente: bisogna essere competenti e saper consigliare la soluzione migliore. L’e-commerce B2B non è la semplice estensione del B2C: è un modello con regole, dinamiche e potenzialità tutte sue. Per me, è stata un’evoluzione naturale del mio business, che oggi mi permette di lavorare con maggiore continuità, su ordini di valore più alto e con clienti che diventano veri partner. #EcommerceB2B #VenditaAziende #DigitalizzazioneB2B #BusinessOnline #StrategieEcommerce #ImpresaBiz #VenditeDigitali #CRM #AutomazioneOrdini
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  • 5 lezioni di business che ho imparato gestendo la mia carriera da influencer

    Quando ho iniziato il mio percorso da influencer, non avevo la minima idea che un giorno avrei parlato di “strategia”, “scalabilità” o “margini operativi”. Eppure, nel tempo, la mia attività online si è trasformata da semplice passione a impresa vera e propria, con contratti, budget, team e obiettivi chiari.

    Gestire la mia carriera come influencer non è stato solo un esercizio creativo: è stata (ed è tuttora) una palestra di business a tutti gli effetti. Ecco le 5 lezioni più importanti che ho imparato lungo il cammino.

    1. Il personal brand è un asset, non un’estensione della personalità
    All’inizio pubblicavo ciò che mi piaceva, quando ne avevo voglia. Poi ho capito: non stavo solo comunicando “me stessa”, stavo costruendo un brand. Ogni contenuto doveva avere un messaggio coerente, una voce riconoscibile, una missione chiara. Ho imparato a vedere il mio nome come un asset da valorizzare, proteggere e differenziare.

    2. L’autenticità vende, ma va pianificata
    Essere autentici non significa essere improvvisati. Ho imparato che l’empatia e la trasparenza creano connessioni vere con il pubblico, ma queste emozioni vanno tradotte in storytelling strategico. Ogni post, ogni video, ogni collaborazione è pensata per rafforzare una relazione di fiducia nel tempo.

    3. La monetizzazione è una leva, non un obiettivo
    Chi inizia pensando solo a “guadagnare con i social” spesso si perde per strada. Io ho capito che il denaro arriva come conseguenza di un valore reale offerto. Ho diversificato le fonti di reddito (sponsorizzazioni, corsi, affiliate marketing, eventi) partendo sempre da una domanda: “Cosa posso offrire che faccia davvero la differenza per chi mi segue?”.

    4. Delegare non è una debolezza, è una strategia
    Per troppo tempo ho fatto tutto da sola: contenuti, email, trattative, analisi. Il burnout era dietro l’angolo. Quando ho iniziato a delegare (grafica, contabilità, management), ho visto crescere la qualità del mio lavoro e del mio tempo. Oggi gestisco la mia attività come un’impresa, con figure chiave al mio fianco.

    5. I numeri contano, ma solo se sai leggerli
    Followers, views, like: metriche visibili ma spesso fuorvianti. Le vere metriche di business sono altre: tasso di conversione, retention, ROI delle campagne, crescita del database. Ho imparato a usare gli analytics per prendere decisioni, non per alimentare l’ego.

    Essere influencer oggi è molto più che “stare sui social”. È un mestiere complesso, dinamico, imprenditoriale. E ogni giorno mi ricorda una cosa: il successo non si misura solo in visibilità, ma in valore generato, per sé e per gli altri.

    #personalbranding #businesslessons #influencermarketing #digitalstrategy #impresadigitale #carriera #creatori #socialmedia #startupmindset #impresabiz
    5 lezioni di business che ho imparato gestendo la mia carriera da influencer Quando ho iniziato il mio percorso da influencer, non avevo la minima idea che un giorno avrei parlato di “strategia”, “scalabilità” o “margini operativi”. Eppure, nel tempo, la mia attività online si è trasformata da semplice passione a impresa vera e propria, con contratti, budget, team e obiettivi chiari. Gestire la mia carriera come influencer non è stato solo un esercizio creativo: è stata (ed è tuttora) una palestra di business a tutti gli effetti. Ecco le 5 lezioni più importanti che ho imparato lungo il cammino. 1. Il personal brand è un asset, non un’estensione della personalità All’inizio pubblicavo ciò che mi piaceva, quando ne avevo voglia. Poi ho capito: non stavo solo comunicando “me stessa”, stavo costruendo un brand. Ogni contenuto doveva avere un messaggio coerente, una voce riconoscibile, una missione chiara. Ho imparato a vedere il mio nome come un asset da valorizzare, proteggere e differenziare. 2. L’autenticità vende, ma va pianificata Essere autentici non significa essere improvvisati. Ho imparato che l’empatia e la trasparenza creano connessioni vere con il pubblico, ma queste emozioni vanno tradotte in storytelling strategico. Ogni post, ogni video, ogni collaborazione è pensata per rafforzare una relazione di fiducia nel tempo. 3. La monetizzazione è una leva, non un obiettivo Chi inizia pensando solo a “guadagnare con i social” spesso si perde per strada. Io ho capito che il denaro arriva come conseguenza di un valore reale offerto. Ho diversificato le fonti di reddito (sponsorizzazioni, corsi, affiliate marketing, eventi) partendo sempre da una domanda: “Cosa posso offrire che faccia davvero la differenza per chi mi segue?”. 4. Delegare non è una debolezza, è una strategia Per troppo tempo ho fatto tutto da sola: contenuti, email, trattative, analisi. Il burnout era dietro l’angolo. Quando ho iniziato a delegare (grafica, contabilità, management), ho visto crescere la qualità del mio lavoro e del mio tempo. Oggi gestisco la mia attività come un’impresa, con figure chiave al mio fianco. 5. I numeri contano, ma solo se sai leggerli Followers, views, like: metriche visibili ma spesso fuorvianti. Le vere metriche di business sono altre: tasso di conversione, retention, ROI delle campagne, crescita del database. Ho imparato a usare gli analytics per prendere decisioni, non per alimentare l’ego. Essere influencer oggi è molto più che “stare sui social”. È un mestiere complesso, dinamico, imprenditoriale. E ogni giorno mi ricorda una cosa: il successo non si misura solo in visibilità, ma in valore generato, per sé e per gli altri. #personalbranding #businesslessons #influencermarketing #digitalstrategy #impresadigitale #carriera #creatori #socialmedia #startupmindset #impresabiz
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  • E-commerce B2B: opportunità e criticità da conoscere

    Noi di Impresa.biz riconosciamo che il settore dell’e-commerce B2B sta vivendo una trasformazione profonda, rappresentando oggi una delle principali leve per la crescita e l’efficienza delle imprese. La digitalizzazione delle vendite tra aziende apre nuovi orizzonti, ma porta con sé anche sfide specifiche da affrontare con consapevolezza.

    Opportunità dell’e-commerce B2B
    -Accesso a nuovi mercati
    Attraverso una piattaforma digitale, le aziende possono raggiungere clienti in tutto il territorio nazionale e internazionale, superando i tradizionali limiti geografici.
    -Riduzione dei costi di intermediazione
    L’automatizzazione dei processi di vendita e acquisto riduce la necessità di intermediari, abbattendo i costi e migliorando i margini.
    -Personalizzazione dell’offerta
    Le piattaforme B2B consentono di personalizzare prezzi, condizioni e cataloghi in base al cliente, migliorando l’esperienza d’acquisto e la fidelizzazione.
    -Migliore gestione degli ordini
    L’integrazione con i sistemi gestionali e di magazzino permette una gestione più efficiente degli ordini, riducendo errori e tempi di consegna.
    -Analisi dati e strategie di marketing
    I dati raccolti sulle abitudini di acquisto e sui comportamenti degli utenti consentono di sviluppare strategie di marketing mirate e di ottimizzare l’offerta.
    -Criticità dell’e-commerce B2B
    Complessità delle transazioni
    Le trattative B2B spesso prevedono contratti personalizzati, condizioni particolari e volumi elevati, che richiedono una piattaforma flessibile e integrata.
    -Resistenza al cambiamento
    Alcuni clienti e fornitori possono mostrare diffidenza verso i processi digitali, preferendo ancora canali tradizionali come il contatto diretto o telefonico.
    -Sicurezza e privacy
    Gestire dati sensibili e transazioni online richiede investimenti in sicurezza informatica per prevenire frodi e proteggere le informazioni.
    -Costi di implementazione
    La realizzazione e manutenzione di una piattaforma e-commerce B2B richiede risorse economiche e competenze tecniche adeguate.
    -Gestione del post-vendita
    Anche nel digitale, il supporto clienti, la gestione dei resi e l’assistenza rimangono elementi fondamentali e complessi da gestire.

    Noi di Impresa.biz crediamo che l’e-commerce B2B rappresenti un’opportunità strategica irrinunciabile per le imprese che vogliono innovare e competere con successo nel mercato globale. Tuttavia, è essenziale valutare attentamente le esigenze specifiche del proprio settore e pianificare con cura l’implementazione, per sfruttare al meglio i vantaggi e superare le criticità.

    #ImpresaBiz #EcommerceB2B #DigitalTransformation #Innovazione #VenditeOnline #PMI #B2B #MarketingDigitale #GestioneClienti #SicurezzaInformatica

    E-commerce B2B: opportunità e criticità da conoscere Noi di Impresa.biz riconosciamo che il settore dell’e-commerce B2B sta vivendo una trasformazione profonda, rappresentando oggi una delle principali leve per la crescita e l’efficienza delle imprese. La digitalizzazione delle vendite tra aziende apre nuovi orizzonti, ma porta con sé anche sfide specifiche da affrontare con consapevolezza. Opportunità dell’e-commerce B2B -Accesso a nuovi mercati Attraverso una piattaforma digitale, le aziende possono raggiungere clienti in tutto il territorio nazionale e internazionale, superando i tradizionali limiti geografici. -Riduzione dei costi di intermediazione L’automatizzazione dei processi di vendita e acquisto riduce la necessità di intermediari, abbattendo i costi e migliorando i margini. -Personalizzazione dell’offerta Le piattaforme B2B consentono di personalizzare prezzi, condizioni e cataloghi in base al cliente, migliorando l’esperienza d’acquisto e la fidelizzazione. -Migliore gestione degli ordini L’integrazione con i sistemi gestionali e di magazzino permette una gestione più efficiente degli ordini, riducendo errori e tempi di consegna. -Analisi dati e strategie di marketing I dati raccolti sulle abitudini di acquisto e sui comportamenti degli utenti consentono di sviluppare strategie di marketing mirate e di ottimizzare l’offerta. -Criticità dell’e-commerce B2B Complessità delle transazioni Le trattative B2B spesso prevedono contratti personalizzati, condizioni particolari e volumi elevati, che richiedono una piattaforma flessibile e integrata. -Resistenza al cambiamento Alcuni clienti e fornitori possono mostrare diffidenza verso i processi digitali, preferendo ancora canali tradizionali come il contatto diretto o telefonico. -Sicurezza e privacy Gestire dati sensibili e transazioni online richiede investimenti in sicurezza informatica per prevenire frodi e proteggere le informazioni. -Costi di implementazione La realizzazione e manutenzione di una piattaforma e-commerce B2B richiede risorse economiche e competenze tecniche adeguate. -Gestione del post-vendita Anche nel digitale, il supporto clienti, la gestione dei resi e l’assistenza rimangono elementi fondamentali e complessi da gestire. Noi di Impresa.biz crediamo che l’e-commerce B2B rappresenti un’opportunità strategica irrinunciabile per le imprese che vogliono innovare e competere con successo nel mercato globale. Tuttavia, è essenziale valutare attentamente le esigenze specifiche del proprio settore e pianificare con cura l’implementazione, per sfruttare al meglio i vantaggi e superare le criticità. #ImpresaBiz #EcommerceB2B #DigitalTransformation #Innovazione #VenditeOnline #PMI #B2B #MarketingDigitale #GestioneClienti #SicurezzaInformatica
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  • Soft skills al potere: come la comunicazione ha salvato il mio business

    Quando si parla di crescita imprenditoriale, pensiamo subito a competenze tecniche, strategie di marketing, automazioni, dati. Io per primo ci sono cascato: investivo tempo e risorse solo per migliorare gli strumenti. Ma a un certo punto, il business si è inceppato. E no, non era colpa del funnel, del mercato o dell’algoritmo.

    Era colpa mia. O meglio: della mia comunicazione.

    Mi sono reso conto che sapevo spiegare il mio prodotto, ma non riuscivo a farmi capire davvero. Non ascoltavo abbastanza i miei clienti, rispondevo in modo troppo tecnico, ero rigido nelle trattative, impacciato nei momenti delicati.
    In sintesi: mancavano le soft skills. Quelle abilità che nessuno ti insegna davvero, ma che fanno la differenza tra chi sopravvive e chi cresce.

    La comunicazione ha letteralmente salvato il mio business. Ecco come.

    1. Ho imparato ad ascoltare (davvero)
    Spesso, nei primi anni, ero più concentrato a parlare che a capire. Poi ho iniziato a fare domande migliori, ad ascoltare con attenzione ciò che i clienti non dicevano a voce, ma lasciavano intendere. Questo mi ha permesso di adattare le mie offerte e costruire relazioni solide.

    2. Ho smesso di spiegare per convincere e ho iniziato a raccontare per connettere
    Il passaggio da “presentazione aziendale” a “storytelling autentico” ha cambiato il modo in cui il pubblico rispondeva ai miei contenuti. Le persone vogliono sentirsi coinvolte, non solo informate. Raccontare i dietro le quinte, le sfide, i fallimenti – con onestà – ha costruito una fiducia che nessuna brochure avrebbe mai potuto generare.

    3. Ho iniziato a gestire i conflitti con intelligenza emotiva
    Clienti difficili, collaboratori delusi, trattative in bilico: la differenza l’ha fatta la mia capacità di restare calmo, empatico e assertivo. Oggi so che ogni parola ha un impatto. E scegliere come dire le cose è spesso più importante del cosa dire.

    La verità? Le soft skills sono hard skills travestite. La comunicazione non è un “plus” per chi fa impresa: è un asset strategico.
    Oggi, se il mio business funziona, è perché ho imparato a parlare meglio. Ma soprattutto, a relazionarmi meglio. E in un mondo sempre più automatico, è proprio l’umano a fare la differenza.

    #SoftSkills #ComunicazioneEfficace #Leadership #ImprenditoreDigitale #BusinessGrowth #Empatia #PublicSpeaking #Storytelling #AscoltoAttivo #CrescitaPersonale #DigitalMindset
    Soft skills al potere: come la comunicazione ha salvato il mio business Quando si parla di crescita imprenditoriale, pensiamo subito a competenze tecniche, strategie di marketing, automazioni, dati. Io per primo ci sono cascato: investivo tempo e risorse solo per migliorare gli strumenti. Ma a un certo punto, il business si è inceppato. E no, non era colpa del funnel, del mercato o dell’algoritmo. Era colpa mia. O meglio: della mia comunicazione. Mi sono reso conto che sapevo spiegare il mio prodotto, ma non riuscivo a farmi capire davvero. Non ascoltavo abbastanza i miei clienti, rispondevo in modo troppo tecnico, ero rigido nelle trattative, impacciato nei momenti delicati. In sintesi: mancavano le soft skills. Quelle abilità che nessuno ti insegna davvero, ma che fanno la differenza tra chi sopravvive e chi cresce. La comunicazione ha letteralmente salvato il mio business. Ecco come. 1. Ho imparato ad ascoltare (davvero) Spesso, nei primi anni, ero più concentrato a parlare che a capire. Poi ho iniziato a fare domande migliori, ad ascoltare con attenzione ciò che i clienti non dicevano a voce, ma lasciavano intendere. Questo mi ha permesso di adattare le mie offerte e costruire relazioni solide. 2. Ho smesso di spiegare per convincere e ho iniziato a raccontare per connettere Il passaggio da “presentazione aziendale” a “storytelling autentico” ha cambiato il modo in cui il pubblico rispondeva ai miei contenuti. Le persone vogliono sentirsi coinvolte, non solo informate. Raccontare i dietro le quinte, le sfide, i fallimenti – con onestà – ha costruito una fiducia che nessuna brochure avrebbe mai potuto generare. 3. Ho iniziato a gestire i conflitti con intelligenza emotiva Clienti difficili, collaboratori delusi, trattative in bilico: la differenza l’ha fatta la mia capacità di restare calmo, empatico e assertivo. Oggi so che ogni parola ha un impatto. E scegliere come dire le cose è spesso più importante del cosa dire. La verità? Le soft skills sono hard skills travestite. La comunicazione non è un “plus” per chi fa impresa: è un asset strategico. Oggi, se il mio business funziona, è perché ho imparato a parlare meglio. Ma soprattutto, a relazionarmi meglio. E in un mondo sempre più automatico, è proprio l’umano a fare la differenza. #SoftSkills #ComunicazioneEfficace #Leadership #ImprenditoreDigitale #BusinessGrowth #Empatia #PublicSpeaking #Storytelling #AscoltoAttivo #CrescitaPersonale #DigitalMindset
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  • Quanto vale un post? Trasparenza e numeri nel mondo delle collaborazioni

    Una delle domande che mi viene fatta più spesso da brand, freelance e colleghi è: “Quanto vale davvero un post?”
    E ogni volta mi accorgo che nel mondo delle collaborazioni — soprattutto tra content creator, professionisti e aziende — c’è ancora tantissima confusione. E poca trasparenza.

    Ti racconto come ho affrontato il tema, con numeri, criteri e qualche riflessione scomoda.

    Non esiste un tariffario universale (ma esistono parametri chiari)
    La verità è che il valore di un post non si misura solo in like o visualizzazioni, ma in impatto, contesto e conversione.
    Ecco le variabili che influenzano il valore di una collaborazione:
    -Dimensione della community (ma attiva, non solo numerica)
    -Tasso di engagement (non solo reach, ma interazione qualitativa)
    -Posizionamento del creator/professionista (nicchia, autorevolezza, tono di voce)
    -Tipo di contenuto (feed, reel, carosello, articolo, newsletter)
    -Diritti d’uso e durata (il brand può usarlo nei suoi canali? per quanto tempo?)
    -Tipo di brand e settore (una startup non paga come una multinazionale, giustamente)
    -Obiettivi della campagna (notorietà, lead, conversioni? sono cose molto diverse)

    Alcuni numeri (reali) dalla mia esperienza
    Senza fare giri di parole, ti do qualche riferimento — basato su progetti che ho gestito o osservato direttamente:

    -Post singolo su Instagram di un profilo medio con 20-30K follower: tra 200€ e 800€, a seconda del settore e dell’engagement.
    -Post su LinkedIn da parte di un profilo B2B ben posizionato (con contenuti originali e alta interazione): tra 300€ e 1.500€, soprattutto se integrato in una strategia.
    -Reel o video verticale personalizzato: da 500€ a 2.000€+, se comporta produzione professionale.
    -Newsletter brandizzata a community di nicchia: da 300€ a oltre 2.500€, se la lista è ben segmentata.
    -Collaborazione continuativa (ambassador, creator partner): trattative mensili, con range da 1.000€ a 5.000€/mese per pacchetti completi.

    Naturalmente, sono numeri indicativi. Ma servono a dire una cosa: un contenuto professionale ha valore. E deve essere pagato in base a quello che genera, non a quanto “ci mette” a essere prodotto.

    Il problema? La mancanza di trasparenza (da entrambe le parti)
    Molti brand offrono “visibilità” come forma di pagamento. E molti creator accettano per paura di perdere opportunità. Questo crea un mercato tossico, dove il valore viene svilito e il lavoro intellettuale sottovalutato.

    Io ho deciso, da tempo, di usare dei listini trasparenti, con margini di personalizzazione, ma senza paura di parlare di soldi. Perché se c’è valore, c’è anche prezzo.

    Il mio consiglio
    Che tu sia un professionista, un content creator o un’azienda: parla di valore prima di parlare di prezzo. Chiedi (o spiega) cosa comporta un contenuto, cosa può generare e che tipo di relazione vuoi costruire.
    Collaborare non è “fare un post”: è creare fiducia, posizionamento e ritorno. Tutto il resto è rumore.

    #CollaborazioniDigitali #PersonalBranding #CreatorEconomy #ContentStrategy #TrasparenzaDigitale #DigitalPR #BrandingEtico #InfluencerMarketing #LinkedInPerProfessionisti

    Quanto vale un post? Trasparenza e numeri nel mondo delle collaborazioni Una delle domande che mi viene fatta più spesso da brand, freelance e colleghi è: “Quanto vale davvero un post?” E ogni volta mi accorgo che nel mondo delle collaborazioni — soprattutto tra content creator, professionisti e aziende — c’è ancora tantissima confusione. E poca trasparenza. Ti racconto come ho affrontato il tema, con numeri, criteri e qualche riflessione scomoda. Non esiste un tariffario universale (ma esistono parametri chiari) La verità è che il valore di un post non si misura solo in like o visualizzazioni, ma in impatto, contesto e conversione. Ecco le variabili che influenzano il valore di una collaborazione: -Dimensione della community (ma attiva, non solo numerica) -Tasso di engagement (non solo reach, ma interazione qualitativa) -Posizionamento del creator/professionista (nicchia, autorevolezza, tono di voce) -Tipo di contenuto (feed, reel, carosello, articolo, newsletter) -Diritti d’uso e durata (il brand può usarlo nei suoi canali? per quanto tempo?) -Tipo di brand e settore (una startup non paga come una multinazionale, giustamente) -Obiettivi della campagna (notorietà, lead, conversioni? sono cose molto diverse) Alcuni numeri (reali) dalla mia esperienza Senza fare giri di parole, ti do qualche riferimento — basato su progetti che ho gestito o osservato direttamente: -Post singolo su Instagram di un profilo medio con 20-30K follower: tra 200€ e 800€, a seconda del settore e dell’engagement. -Post su LinkedIn da parte di un profilo B2B ben posizionato (con contenuti originali e alta interazione): tra 300€ e 1.500€, soprattutto se integrato in una strategia. -Reel o video verticale personalizzato: da 500€ a 2.000€+, se comporta produzione professionale. -Newsletter brandizzata a community di nicchia: da 300€ a oltre 2.500€, se la lista è ben segmentata. -Collaborazione continuativa (ambassador, creator partner): trattative mensili, con range da 1.000€ a 5.000€/mese per pacchetti completi. Naturalmente, sono numeri indicativi. Ma servono a dire una cosa: un contenuto professionale ha valore. E deve essere pagato in base a quello che genera, non a quanto “ci mette” a essere prodotto. Il problema? La mancanza di trasparenza (da entrambe le parti) Molti brand offrono “visibilità” come forma di pagamento. E molti creator accettano per paura di perdere opportunità. Questo crea un mercato tossico, dove il valore viene svilito e il lavoro intellettuale sottovalutato. Io ho deciso, da tempo, di usare dei listini trasparenti, con margini di personalizzazione, ma senza paura di parlare di soldi. Perché se c’è valore, c’è anche prezzo. Il mio consiglio Che tu sia un professionista, un content creator o un’azienda: parla di valore prima di parlare di prezzo. Chiedi (o spiega) cosa comporta un contenuto, cosa può generare e che tipo di relazione vuoi costruire. Collaborare non è “fare un post”: è creare fiducia, posizionamento e ritorno. Tutto il resto è rumore. #CollaborazioniDigitali #PersonalBranding #CreatorEconomy #ContentStrategy #TrasparenzaDigitale #DigitalPR #BrandingEtico #InfluencerMarketing #LinkedInPerProfessionisti
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  • Collaborare con influencer e brand ambassador: il mio ruolo operativo

    Nel mio lavoro quotidiano come operatore e-commerce, collaborare con influencer e brand ambassador è una parte fondamentale per far crescere il brand e raggiungere nuovi clienti. Ma dietro a queste collaborazioni c’è un lavoro operativo intenso e preciso che spesso resta nascosto. Ti racconto cosa faccio davvero.

    1. Individuare i partner giusti
    Non basta scegliere influencer o ambassador con tanti follower. Il mio compito è analizzare il target, valutare la loro reputazione e capire se il loro pubblico coincide con il nostro cliente ideale. Questa fase è cruciale per ottenere risultati concreti.

    2. Gestire la comunicazione e le trattative
    Mi occupo di stabilire un primo contatto chiaro e professionale, definire aspettative, modalità di collaborazione e budget. È importante mettere tutto nero su bianco per evitare fraintendimenti e garantire una collaborazione trasparente.

    3. Coordinare le attività promozionali
    Quando la collaborazione parte, organizzo insieme agli influencer i contenuti da creare, le tempistiche di pubblicazione e le modalità di utilizzo dei codici sconto o link affiliati. Controllo che tutto sia coerente con la strategia di marketing.

    4. Monitorare i risultati
    Seguo da vicino l’andamento delle campagne, analizzando metriche come engagement, traffico generato e conversioni. Questi dati mi aiutano a capire cosa funziona e a ottimizzare le collaborazioni future.

    5. Gestire gli aspetti logistici e amministrativi
    Spesso gestisco l’invio dei prodotti agli influencer, la fatturazione e i pagamenti, assicurandomi che tutto sia in regola e puntuale. È un lavoro dietro le quinte, ma essenziale per costruire rapporti di fiducia duraturi.

    Il mio ruolo operativo nella collaborazione con influencer e brand ambassador è fatto di organizzazione, attenzione ai dettagli e monitoraggio costante. Solo così riesco a trasformare queste partnership in opportunità concrete di crescita per il mio e-commerce.

    #Collaborazioni #InfluencerMarketing #BrandAmbassador #GestioneEcommerce #ImpresaBiz #MarketingDigitale #BusinessOnline
    Collaborare con influencer e brand ambassador: il mio ruolo operativo Nel mio lavoro quotidiano come operatore e-commerce, collaborare con influencer e brand ambassador è una parte fondamentale per far crescere il brand e raggiungere nuovi clienti. Ma dietro a queste collaborazioni c’è un lavoro operativo intenso e preciso che spesso resta nascosto. Ti racconto cosa faccio davvero. 1. Individuare i partner giusti Non basta scegliere influencer o ambassador con tanti follower. Il mio compito è analizzare il target, valutare la loro reputazione e capire se il loro pubblico coincide con il nostro cliente ideale. Questa fase è cruciale per ottenere risultati concreti. 2. Gestire la comunicazione e le trattative Mi occupo di stabilire un primo contatto chiaro e professionale, definire aspettative, modalità di collaborazione e budget. È importante mettere tutto nero su bianco per evitare fraintendimenti e garantire una collaborazione trasparente. 3. Coordinare le attività promozionali Quando la collaborazione parte, organizzo insieme agli influencer i contenuti da creare, le tempistiche di pubblicazione e le modalità di utilizzo dei codici sconto o link affiliati. Controllo che tutto sia coerente con la strategia di marketing. 4. Monitorare i risultati Seguo da vicino l’andamento delle campagne, analizzando metriche come engagement, traffico generato e conversioni. Questi dati mi aiutano a capire cosa funziona e a ottimizzare le collaborazioni future. 5. Gestire gli aspetti logistici e amministrativi Spesso gestisco l’invio dei prodotti agli influencer, la fatturazione e i pagamenti, assicurandomi che tutto sia in regola e puntuale. È un lavoro dietro le quinte, ma essenziale per costruire rapporti di fiducia duraturi. Il mio ruolo operativo nella collaborazione con influencer e brand ambassador è fatto di organizzazione, attenzione ai dettagli e monitoraggio costante. Solo così riesco a trasformare queste partnership in opportunità concrete di crescita per il mio e-commerce. #Collaborazioni #InfluencerMarketing #BrandAmbassador #GestioneEcommerce #ImpresaBiz #MarketingDigitale #BusinessOnline
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  • Ristrutturazione del debito aziendale: strategie vincenti

    In impresa.biz ci troviamo spesso al fianco di imprenditori che ci dicono:
    "I debiti stanno diventando insostenibili, ma non voglio mollare: cosa posso fare davvero?"
    La ristrutturazione del debito aziendale non è una resa. Al contrario, è una strategia attiva per riprendere il controllo della situazione finanziaria, proteggere il valore dell’impresa e rilanciare l’attività con basi più solide.
    Vediamo insieme quali sono le strategie vincenti, quando servono e come metterle in pratica.

    Quando serve davvero una ristrutturazione del debito?
    Noi di impresa.biz consideriamo la ristrutturazione come una manovra preventiva o correttiva in presenza di segnali come:
    -Difficoltà a pagare puntualmente fornitori o rate bancarie
    -Eccessiva esposizione verso banche o fisco
    -Incapacità di ottenere nuova liquidità
    -Utili operativi positivi ma tensione di cassa costante
    -Debito che cresce più velocemente dei ricavi

    Le strategie vincenti che usiamo sul campo
    1. Rinegoziazione con le banche
    È la mossa più comune e, se ben gestita, spesso la più efficace.

    Cosa facciamo:
    -Allunghiamo la durata dei prestiti
    -Richiediamo moratorie o periodi di pre-ammortamento
    -Consolidiamo più finanziamenti in uno solo
    -Trattiamo nuove condizioni (tassi, garanzie)
    Risultato: alleggeriamo la pressione mensile sul cash flow.

    2. Piano di rientro con fornitori e creditori
    Un dialogo aperto con i fornitori può salvare i rapporti e la continuità operativa.

    Cosa proponiamo:
    -Pagamenti dilazionati
    -Accordi transattivi
    -Riconoscimento del debito con rateizzazione
    Risultato: tuteliamo la reputazione e manteniamo la filiera attiva.

    3. Accordo di ristrutturazione o piano attestato (ex art. 182-bis e 67 L.F.)
    Sono strumenti previsti dal diritto fallimentare italiano, oggi integrati nel Codice della crisi.

    Quando lo usiamo:
    -Quando il debito è molto elevato
    -Se servono effetti protettivi legali (es. blocco delle azioni esecutive)
    -In presenza di più creditori da gestire con un piano unico
    Risultato: proteggiamo l’azienda da escalation legali, salvaguardando continuità e posti di lavoro.

    4. Ristrutturazione interna e revisione del modello di business
    Ristrutturare il debito senza cambiare l’azienda è spesso inutile.

    Cosa facciamo parallelamente:
    -Tagli dei costi non produttivi
    -Ottimizzazione del magazzino
    -Revisione delle politiche di prezzo o canali di vendita
    -Analisi dei margini per linea di prodotto
    Risultato: mettiamo l’azienda in condizione di non ricadere nel problema.

    5. Ricerca di nuovi capitali o soci
    A volte la soluzione è aumentare il capitale e rafforzare la struttura finanziaria.

    Cosa valutiamo:
    -Ingresso di investitori (equity)
    -Finanza alternativa (minibond, crowdlending, factoring evoluto)
    -Supporto pubblico o incentivi (es. Fondo di garanzia PMI)
    -Risultato: liberiamo risorse e riduciamo il peso del debito.

    Il nostro consiglio
    Noi di impresa.biz siamo convinti che la ristrutturazione del debito non debba essere vista come un fallimento, ma come un passaggio strategico per salvare e rilanciare l’impresa.

    Il momento migliore per agire? Appena compaiono i primi segnali di squilibrio.
    Intervenire per tempo permette di mantenere la fiducia di banche, fornitori, collaboratori e soci.

    Hai bisogno di un piano personalizzato?
    Possiamo aiutarti a:
    Analizzare la sostenibilità del tuo debito
    Preparare un piano di rientro o una proposta per i creditori
    Gestire trattative con le banche
    Integrare la ristrutturazione con un piano strategico di rilancio

    Contattaci: ogni mese aiutiamo imprese come la tua a rimettersi in carreggiata, con competenza, discrezione e pragmatismo.

    #RistrutturazioneDebito #DebitiAziendali #ImpresaBiz #FinanzaDImpresa #PMI #Turnaround #CrisiAziendale #GestioneFinanziaria #SoluzioniDebito #ConsulenzaAziendale
    Ristrutturazione del debito aziendale: strategie vincenti In impresa.biz ci troviamo spesso al fianco di imprenditori che ci dicono: "I debiti stanno diventando insostenibili, ma non voglio mollare: cosa posso fare davvero?" La ristrutturazione del debito aziendale non è una resa. Al contrario, è una strategia attiva per riprendere il controllo della situazione finanziaria, proteggere il valore dell’impresa e rilanciare l’attività con basi più solide. Vediamo insieme quali sono le strategie vincenti, quando servono e come metterle in pratica. 📉 Quando serve davvero una ristrutturazione del debito? Noi di impresa.biz consideriamo la ristrutturazione come una manovra preventiva o correttiva in presenza di segnali come: -Difficoltà a pagare puntualmente fornitori o rate bancarie -Eccessiva esposizione verso banche o fisco -Incapacità di ottenere nuova liquidità -Utili operativi positivi ma tensione di cassa costante -Debito che cresce più velocemente dei ricavi 🧩 Le strategie vincenti che usiamo sul campo 1. Rinegoziazione con le banche È la mossa più comune e, se ben gestita, spesso la più efficace. 📌 Cosa facciamo: -Allunghiamo la durata dei prestiti -Richiediamo moratorie o periodi di pre-ammortamento -Consolidiamo più finanziamenti in uno solo -Trattiamo nuove condizioni (tassi, garanzie) Risultato: alleggeriamo la pressione mensile sul cash flow. 2. Piano di rientro con fornitori e creditori Un dialogo aperto con i fornitori può salvare i rapporti e la continuità operativa. 📌 Cosa proponiamo: -Pagamenti dilazionati -Accordi transattivi -Riconoscimento del debito con rateizzazione Risultato: tuteliamo la reputazione e manteniamo la filiera attiva. 3. Accordo di ristrutturazione o piano attestato (ex art. 182-bis e 67 L.F.) Sono strumenti previsti dal diritto fallimentare italiano, oggi integrati nel Codice della crisi. 📌 Quando lo usiamo: -Quando il debito è molto elevato -Se servono effetti protettivi legali (es. blocco delle azioni esecutive) -In presenza di più creditori da gestire con un piano unico Risultato: proteggiamo l’azienda da escalation legali, salvaguardando continuità e posti di lavoro. 4. Ristrutturazione interna e revisione del modello di business Ristrutturare il debito senza cambiare l’azienda è spesso inutile. 📌 Cosa facciamo parallelamente: -Tagli dei costi non produttivi -Ottimizzazione del magazzino -Revisione delle politiche di prezzo o canali di vendita -Analisi dei margini per linea di prodotto Risultato: mettiamo l’azienda in condizione di non ricadere nel problema. 5. Ricerca di nuovi capitali o soci A volte la soluzione è aumentare il capitale e rafforzare la struttura finanziaria. 📌 Cosa valutiamo: -Ingresso di investitori (equity) -Finanza alternativa (minibond, crowdlending, factoring evoluto) -Supporto pubblico o incentivi (es. Fondo di garanzia PMI) -Risultato: liberiamo risorse e riduciamo il peso del debito. 💡 Il nostro consiglio Noi di impresa.biz siamo convinti che la ristrutturazione del debito non debba essere vista come un fallimento, ma come un passaggio strategico per salvare e rilanciare l’impresa. Il momento migliore per agire? Appena compaiono i primi segnali di squilibrio. Intervenire per tempo permette di mantenere la fiducia di banche, fornitori, collaboratori e soci. Hai bisogno di un piano personalizzato? Possiamo aiutarti a: ✅ Analizzare la sostenibilità del tuo debito ✅ Preparare un piano di rientro o una proposta per i creditori ✅ Gestire trattative con le banche ✅ Integrare la ristrutturazione con un piano strategico di rilancio Contattaci: ogni mese aiutiamo imprese come la tua a rimettersi in carreggiata, con competenza, discrezione e pragmatismo. #RistrutturazioneDebito #DebitiAziendali #ImpresaBiz #FinanzaDImpresa #PMI #Turnaround #CrisiAziendale #GestioneFinanziaria #SoluzioniDebito #ConsulenzaAziendale
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  • Manuale operativo per start-up: cosa inserire e come strutturarlo

    Quando si avvia una start-up, ci si concentra su prodotto, sviluppo, pitch e investitori. Ma spesso si dimentica un elemento fondamentale per la crescita ordinata e scalabile dell’azienda: il manuale operativo.
    Noi di Impresa.biz lo consideriamo un vero asset aziendale, soprattutto per le start-up che vogliono crescere velocemente senza perdere il controllo sui processi.

    Un manuale operativo ben strutturato serve a:
    -Allineare il team su procedure e responsabilità
    -Facilitare l’onboarding dei nuovi collaboratori
    -Migliorare efficienza, coerenza e qualità del lavoro
    -Preparare l’impresa alla scalabilità e all’ingresso di nuovi soci o investitori
    Vediamo cosa inserire e come strutturarlo in modo chiaro ed efficace.

    1. Struttura base del manuale operativo
    Il manuale può essere un documento cartaceo o digitale (meglio se accessibile in cloud). L’importante è che sia organizzato per sezioni e aggiornato con regolarità.
    Ecco le principali sezioni che includiamo:

    1.1 Vision, mission e valori aziendali
    Iniziamo dal "perché": la visione che ci guida, la missione concreta della start-up e i valori che vogliamo condividere con il team.

    1.2 Organigramma e ruoli
    Chi fa cosa? Inseriamo uno schema dei ruoli chiave, le aree di competenza e le linee di riporto. Fondamentale per evitare sovrapposizioni e confusione.

    1.3 Processi aziendali
    Descriviamo i processi interni divisi per area:
    -Commerciale (gestione lead, trattative, preventivi)
    -Operativa/Produzione (erogazione servizio o produzione)
    -Amministrazione e contabilità
    -Customer care
    -Marketing e comunicazione

    Per ogni processo indichiamo:
    -Attori coinvolti
    -Strumenti utilizzati
    -Passaggi step by step
    -Tempistiche standard
    -Output atteso

    1.4 Strumenti e software
    Elenco degli strumenti digitali usati, con login, permessi e policy d’uso. Per esempio: CRM, gestionale, Google Workspace, piattaforme di project management, strumenti di analytics.

    1.5 Template e documenti operativi
    Modelli standardizzati da usare nel lavoro quotidiano:
    -Email tipo
    -Report
    -Contratti
    -Checklist
    -Guide interne
    Tutto accessibile in un’area condivisa, per velocizzare il lavoro e mantenere coerenza.

    2. Approccio modulare e aggiornabile
    Noi consigliamo di costruire il manuale con un approccio modulare, così ogni parte può essere aggiornata senza riscrivere tutto.
    Strumenti utili:
    -Google Docs o Notion per versioni collaborative
    -Numerazione delle revisioni
    -Responsabile del manuale (chi aggiorna e approva i cambiamenti)

    3. Coinvolgere il team nella stesura
    Il manuale operativo non è solo “da dirigenti”: è utile coinvolgere tutto il team nella stesura delle sezioni. Ognuno conosce meglio i processi del proprio ambito. Questo:
    -Favorisce l’adozione
    -Migliora la precisione
    -Aumenta l’engagement interno

    4. Quando serve davvero un manuale?
    -Quando assumiamo i primi collaboratori
    -Quando ci prepariamo a scalare
    -Se stiamo cercando investitori o partner
    -Se vogliamo prepararci a certificazioni di qualità
    -Per affrontare un passaggio generazionale o l’ingresso di nuovi soci

    Un manuale operativo non è un esercizio di burocrazia: è una guida pratica per far funzionare la start-up ogni giorno, anche in assenza dei fondatori.
    Noi di Impresa.biz lo consideriamo uno degli strumenti chiave per chi vuole costruire un’azienda solida, replicabile e pronta a crescere.

    #StartupItalia #ManualeOperativo #BusinessScalabile #ProcessiStartUp #OnboardingTeam #GestioneInterna #CrescitaAziendale #StrumentiPMI #ImpresaDigitale #GestioneStartUp #OrganizzazioneAziendale #PMIInnovativa
    Manuale operativo per start-up: cosa inserire e come strutturarlo Quando si avvia una start-up, ci si concentra su prodotto, sviluppo, pitch e investitori. Ma spesso si dimentica un elemento fondamentale per la crescita ordinata e scalabile dell’azienda: il manuale operativo. Noi di Impresa.biz lo consideriamo un vero asset aziendale, soprattutto per le start-up che vogliono crescere velocemente senza perdere il controllo sui processi. Un manuale operativo ben strutturato serve a: -Allineare il team su procedure e responsabilità -Facilitare l’onboarding dei nuovi collaboratori -Migliorare efficienza, coerenza e qualità del lavoro -Preparare l’impresa alla scalabilità e all’ingresso di nuovi soci o investitori Vediamo cosa inserire e come strutturarlo in modo chiaro ed efficace. 🧱 1. Struttura base del manuale operativo Il manuale può essere un documento cartaceo o digitale (meglio se accessibile in cloud). L’importante è che sia organizzato per sezioni e aggiornato con regolarità. Ecco le principali sezioni che includiamo: 📌 1.1 Vision, mission e valori aziendali Iniziamo dal "perché": la visione che ci guida, la missione concreta della start-up e i valori che vogliamo condividere con il team. 🧩 1.2 Organigramma e ruoli Chi fa cosa? Inseriamo uno schema dei ruoli chiave, le aree di competenza e le linee di riporto. Fondamentale per evitare sovrapposizioni e confusione. 🔁 1.3 Processi aziendali Descriviamo i processi interni divisi per area: -Commerciale (gestione lead, trattative, preventivi) -Operativa/Produzione (erogazione servizio o produzione) -Amministrazione e contabilità -Customer care -Marketing e comunicazione Per ogni processo indichiamo: -Attori coinvolti -Strumenti utilizzati -Passaggi step by step -Tempistiche standard -Output atteso 💻 1.4 Strumenti e software Elenco degli strumenti digitali usati, con login, permessi e policy d’uso. Per esempio: CRM, gestionale, Google Workspace, piattaforme di project management, strumenti di analytics. 📂 1.5 Template e documenti operativi Modelli standardizzati da usare nel lavoro quotidiano: -Email tipo -Report -Contratti -Checklist -Guide interne Tutto accessibile in un’area condivisa, per velocizzare il lavoro e mantenere coerenza. 📈 2. Approccio modulare e aggiornabile Noi consigliamo di costruire il manuale con un approccio modulare, così ogni parte può essere aggiornata senza riscrivere tutto. Strumenti utili: -Google Docs o Notion per versioni collaborative -Numerazione delle revisioni -Responsabile del manuale (chi aggiorna e approva i cambiamenti) 👥 3. Coinvolgere il team nella stesura Il manuale operativo non è solo “da dirigenti”: è utile coinvolgere tutto il team nella stesura delle sezioni. Ognuno conosce meglio i processi del proprio ambito. Questo: -Favorisce l’adozione -Migliora la precisione -Aumenta l’engagement interno 💡 4. Quando serve davvero un manuale? -Quando assumiamo i primi collaboratori -Quando ci prepariamo a scalare -Se stiamo cercando investitori o partner -Se vogliamo prepararci a certificazioni di qualità -Per affrontare un passaggio generazionale o l’ingresso di nuovi soci 🧭Un manuale operativo non è un esercizio di burocrazia: è una guida pratica per far funzionare la start-up ogni giorno, anche in assenza dei fondatori. Noi di Impresa.biz lo consideriamo uno degli strumenti chiave per chi vuole costruire un’azienda solida, replicabile e pronta a crescere. #StartupItalia #ManualeOperativo #BusinessScalabile #ProcessiStartUp #OnboardingTeam #GestioneInterna #CrescitaAziendale #StrumentiPMI #ImpresaDigitale #GestioneStartUp #OrganizzazioneAziendale #PMIInnovativa
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  • Tecniche di negoziazione efficace per chi fa business

    Nel nostro lavoro quotidiano come imprenditori, professionisti e gestori di microimprese, ci troviamo spesso a dover negoziare: con clienti, fornitori, collaboratori, banche, partner commerciali. Saper condurre una trattativa in modo efficace può fare la differenza tra una semplice occasione e una vera opportunità di crescita.
    Negoziare non è solo questione di istinto o carisma: è una competenza strategica, che si può (e si deve) allenare. Ecco perché oggi vogliamo condividere con voi alcune delle tecniche di negoziazione più efficaci che abbiamo sperimentato e studiato nel tempo.

    Cosa significa negoziare bene
    Per noi, una negoziazione efficace non si limita a “spuntare il prezzo migliore”, ma punta a:
    -Creare valore per entrambe le parti
    -Costruire relazioni di fiducia e lungo termine
    -Evitare conflitti futuri attraverso accordi chiari
    -Raggiungere obiettivi economici e strategici sostenibili

    Le 6 tecniche di negoziazione che utilizziamo (e consigliamo)
    1. Preparazione accurata
    La fase più importante avviene prima della negoziazione. Prepararsi significa:
    -Definire obiettivi chiari
    -Conoscere l’interlocutore (bisogni, margini, interessi)
    -Stabilire i propri limiti e il margine di flessibilità
    -Anticipare le possibili obiezioni
    “Chi fallisce nella preparazione, si prepara al fallimento.” – lo teniamo sempre a mente.

    2. Ascolto attivo
    Spesso pensiamo che negoziare significhi convincere. In realtà, il vero punto di forza è ascoltare. L’ascolto attivo ci permette di:
    -Comprendere i reali interessi dell’altra parte
    -Trovare punti di contatto
    -Dimostrare empatia e apertura
    Più ascoltiamo, più informazioni otteniamo — e più forza abbiamo al tavolo della trattativa.

    3. Creare alternative (BATNA)
    Conoscere la propria BATNA (Best Alternative to a Negotiated Agreement, ovvero la miglior alternativa possibile se la trattativa fallisce) ci dà potere negoziale.
    Se abbiamo delle valide alternative, possiamo negoziare da una posizione più solida. Se non le abbiamo, dobbiamo costruirle prima di sederci al tavolo.

    4. Comunicare con chiarezza e assertività
    Durante la trattativa, dobbiamo essere:
    -Chiari su ciò che vogliamo
    -Assertivi, senza essere aggressivi
    -Flessibili, ma coerenti con i nostri valori e obiettivi
    Un linguaggio semplice, diretto e professionale riduce malintesi e accelera la chiusura degli accordi.

    5. Gestire i silenzi (e il tempo)
    Il silenzio è uno strumento potente. Dopo una proposta o una controproposta, fermarci e lasciare che l’altra parte rifletta può:
    -Creare un momento di pressione positiva
    -Evitare di parlare troppo e rivelare troppo
    -Lasciare spazio all’interlocutore per fare un passo
    Anche la gestione del tempo è fondamentale: una trattativa frettolosa è quasi sempre una cattiva trattativa.

    6. Chiudere con chiarezza
    Una buona negoziazione si chiude solo quando:
    -Tutti i termini sono chiari (prezzo, tempi, modalità di pagamento, responsabilità)
    -Le parti hanno confermato per iscritto gli accordi
    -Sono previsti eventuali meccanismi di revisione o uscita (in caso di imprevisti)
    Meglio perdere dieci minuti a chiarire un dettaglio oggi, che perdere un cliente domani per una clausola ambigua.

    Negoziare è creare valore
    In fin dei conti, negoziare bene significa creare valore per tutti. Non è una guerra da vincere, ma una relazione da costruire. Una trattativa ben gestita rafforza la reputazione, apre nuove collaborazioni e ci aiuta a crescere come professionisti.

    Noi di Impresa.biz crediamo che la negoziazione sia una delle competenze chiave per ogni imprenditore moderno. Per questo la studiamo, la pratichiamo e la miglioriamo ogni giorno.

    #Negoziazione #BusinessTips #Imprenditori #SoftSkills #Comunicazione #PMI #Microimprese #Trattative #Vendite #StrategieCommerciali #AscoltoAttivo #BATNA #CrescitaProfessionale
    Tecniche di negoziazione efficace per chi fa business Nel nostro lavoro quotidiano come imprenditori, professionisti e gestori di microimprese, ci troviamo spesso a dover negoziare: con clienti, fornitori, collaboratori, banche, partner commerciali. Saper condurre una trattativa in modo efficace può fare la differenza tra una semplice occasione e una vera opportunità di crescita. Negoziare non è solo questione di istinto o carisma: è una competenza strategica, che si può (e si deve) allenare. Ecco perché oggi vogliamo condividere con voi alcune delle tecniche di negoziazione più efficaci che abbiamo sperimentato e studiato nel tempo. 🎯 Cosa significa negoziare bene Per noi, una negoziazione efficace non si limita a “spuntare il prezzo migliore”, ma punta a: -Creare valore per entrambe le parti -Costruire relazioni di fiducia e lungo termine -Evitare conflitti futuri attraverso accordi chiari -Raggiungere obiettivi economici e strategici sostenibili 🧠 Le 6 tecniche di negoziazione che utilizziamo (e consigliamo) 1. Preparazione accurata La fase più importante avviene prima della negoziazione. Prepararsi significa: -Definire obiettivi chiari -Conoscere l’interlocutore (bisogni, margini, interessi) -Stabilire i propri limiti e il margine di flessibilità -Anticipare le possibili obiezioni “Chi fallisce nella preparazione, si prepara al fallimento.” – lo teniamo sempre a mente. 2. Ascolto attivo Spesso pensiamo che negoziare significhi convincere. In realtà, il vero punto di forza è ascoltare. L’ascolto attivo ci permette di: -Comprendere i reali interessi dell’altra parte -Trovare punti di contatto -Dimostrare empatia e apertura Più ascoltiamo, più informazioni otteniamo — e più forza abbiamo al tavolo della trattativa. 3. Creare alternative (BATNA) Conoscere la propria BATNA (Best Alternative to a Negotiated Agreement, ovvero la miglior alternativa possibile se la trattativa fallisce) ci dà potere negoziale. Se abbiamo delle valide alternative, possiamo negoziare da una posizione più solida. Se non le abbiamo, dobbiamo costruirle prima di sederci al tavolo. 4. Comunicare con chiarezza e assertività Durante la trattativa, dobbiamo essere: -Chiari su ciò che vogliamo -Assertivi, senza essere aggressivi -Flessibili, ma coerenti con i nostri valori e obiettivi Un linguaggio semplice, diretto e professionale riduce malintesi e accelera la chiusura degli accordi. 5. Gestire i silenzi (e il tempo) Il silenzio è uno strumento potente. Dopo una proposta o una controproposta, fermarci e lasciare che l’altra parte rifletta può: -Creare un momento di pressione positiva -Evitare di parlare troppo e rivelare troppo -Lasciare spazio all’interlocutore per fare un passo Anche la gestione del tempo è fondamentale: una trattativa frettolosa è quasi sempre una cattiva trattativa. 6. Chiudere con chiarezza Una buona negoziazione si chiude solo quando: -Tutti i termini sono chiari (prezzo, tempi, modalità di pagamento, responsabilità) -Le parti hanno confermato per iscritto gli accordi -Sono previsti eventuali meccanismi di revisione o uscita (in caso di imprevisti) Meglio perdere dieci minuti a chiarire un dettaglio oggi, che perdere un cliente domani per una clausola ambigua. 🤝 Negoziare è creare valore In fin dei conti, negoziare bene significa creare valore per tutti. Non è una guerra da vincere, ma una relazione da costruire. Una trattativa ben gestita rafforza la reputazione, apre nuove collaborazioni e ci aiuta a crescere come professionisti. Noi di Impresa.biz crediamo che la negoziazione sia una delle competenze chiave per ogni imprenditore moderno. Per questo la studiamo, la pratichiamo e la miglioriamo ogni giorno. #Negoziazione #BusinessTips #Imprenditori #SoftSkills #Comunicazione #PMI #Microimprese #Trattative #Vendite #StrategieCommerciali #AscoltoAttivo #BATNA #CrescitaProfessionale
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  • Come valutare e negoziare una collaborazione retribuita

    Quando si inizia a ricevere proposte di collaborazione da parte dei brand, una delle sfide più delicate riguarda proprio la parte economica: quanto chiedere? Come valutare se è il compenso giusto? E come negoziare senza perdere l’occasione?

    Da Impresa.biz, lo diciamo spesso: trattare una collaborazione retribuita richiede non solo consapevolezza del proprio valore, ma anche preparazione. In questo articolo ti spieghiamo passo dopo passo come valutare e negoziare un accordo in modo professionale e sostenibile.

    1. Valuta il valore del progetto (non solo il compenso)
    Prima di tutto, analizza bene la proposta. Considera:
    -Cosa ti viene chiesto di fare (quanti contenuti, su quali piattaforme, con che tempistiche)
    -Quanto tempo richiede la realizzazione dei contenuti, eventuali revisioni, invio di report
    -Chi è il brand e che tipo di visibilità può offrirti
    -Se i diritti d’uso dei contenuti sono inclusi (e per quanto tempo)
    -Il ritorno che può generarti, non solo economico ma anche in termini di reputazione

    Ricorda: una collaborazione può avere valore anche strategico, ma solo se sei tu a sceglierla — non se la accetti “in perdita” per paura di dire di no.

    2. Definisci il tuo tariffario (e aggiornalo)
    Non puoi negoziare se non sai quanto vali. Costruisci un tariffario di base in base a:
    -Il tuo numero di follower e tasso di engagement
    -Il tipo di contenuti che crei (foto, video, articoli, podcast…)
    -I costi vivi (attrezzatura, tempo, editing, eventuale supporto esterno)
    -L’esperienza e le collaborazioni già fatte
    Pro tip: fai un benchmark guardando cosa offrono influencer simili a te per capire se sei sotto, sopra o in linea con il mercato.

    3. Chiedi (sempre) un brief dettagliato
    Prima di accettare qualsiasi cifra, chiedi un brief chiaro e scritto. Deve includere:
    -Obiettivi della campagna
    -Deliverables richiesti
    -Deadline
    -Diritti d’uso dei contenuti
    -Indicazioni su tone of voice, hashtag, tag obbligatori
    Questo ti aiuta non solo a capire il valore del progetto, ma anche a evitare fraintendimenti futuri.

    4. Come rispondere a un’offerta economica
    Se la cifra proposta è in linea con il tuo tariffario, accetta con serenità, ma specifica sempre cosa è incluso nel prezzo.

    Se invece è troppo bassa:
    -Ringrazia per l’interesse e spiega in modo professionale che, per quel tipo di richiesta, il tuo compenso abituale è diverso.
    -Proponi alternative (es. ridurre i contenuti, eliminare i diritti d’uso, fare un test iniziale a budget più contenuto).
    -Non avere paura di dire no: accettare collaborazioni sottopagate svaluta il tuo lavoro e quello degli altri professionisti del settore.

    5. Metti tutto per iscritto
    Una volta trovato l’accordo, chiedi sempre un contratto o almeno una conferma via e-mail. Specifica:
    -Il compenso pattuito
    -Le modalità di pagamento (tempistiche e fatturazione)
    -I contenuti richiesti
    -Le scadenze
    Questo ti tutela e dimostra professionalità.

    6. Costruisci relazioni, non solo transazioni
    Anche nella negoziazione, sii professionale e rispettoso. A volte una trattativa ben gestita apre la porta a collaborazioni future, anche se la prima proposta non va a buon fine.

    Valutare e negoziare una collaborazione retribuita richiede equilibrio tra consapevolezza del proprio valore, rispetto per il lavoro altrui e capacità di comunicare in modo chiaro.

    Da Impresa.biz, lo ripetiamo spesso: non sei solo un “profilo social”, sei un professionista. E come tale, meriti compensi adeguati, trattative trasparenti e collaborazioni che ti permettano di crescere, non di accontentarti.

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    Come valutare e negoziare una collaborazione retribuita Quando si inizia a ricevere proposte di collaborazione da parte dei brand, una delle sfide più delicate riguarda proprio la parte economica: quanto chiedere? Come valutare se è il compenso giusto? E come negoziare senza perdere l’occasione? Da Impresa.biz, lo diciamo spesso: trattare una collaborazione retribuita richiede non solo consapevolezza del proprio valore, ma anche preparazione. In questo articolo ti spieghiamo passo dopo passo come valutare e negoziare un accordo in modo professionale e sostenibile. 1. Valuta il valore del progetto (non solo il compenso) Prima di tutto, analizza bene la proposta. Considera: -Cosa ti viene chiesto di fare (quanti contenuti, su quali piattaforme, con che tempistiche) -Quanto tempo richiede la realizzazione dei contenuti, eventuali revisioni, invio di report -Chi è il brand e che tipo di visibilità può offrirti -Se i diritti d’uso dei contenuti sono inclusi (e per quanto tempo) -Il ritorno che può generarti, non solo economico ma anche in termini di reputazione Ricorda: una collaborazione può avere valore anche strategico, ma solo se sei tu a sceglierla — non se la accetti “in perdita” per paura di dire di no. 2. Definisci il tuo tariffario (e aggiornalo) Non puoi negoziare se non sai quanto vali. Costruisci un tariffario di base in base a: -Il tuo numero di follower e tasso di engagement -Il tipo di contenuti che crei (foto, video, articoli, podcast…) -I costi vivi (attrezzatura, tempo, editing, eventuale supporto esterno) -L’esperienza e le collaborazioni già fatte 🔍 Pro tip: fai un benchmark guardando cosa offrono influencer simili a te per capire se sei sotto, sopra o in linea con il mercato. 3. Chiedi (sempre) un brief dettagliato Prima di accettare qualsiasi cifra, chiedi un brief chiaro e scritto. Deve includere: -Obiettivi della campagna -Deliverables richiesti -Deadline -Diritti d’uso dei contenuti -Indicazioni su tone of voice, hashtag, tag obbligatori Questo ti aiuta non solo a capire il valore del progetto, ma anche a evitare fraintendimenti futuri. 4. Come rispondere a un’offerta economica Se la cifra proposta è in linea con il tuo tariffario, accetta con serenità, ma specifica sempre cosa è incluso nel prezzo. Se invece è troppo bassa: -Ringrazia per l’interesse e spiega in modo professionale che, per quel tipo di richiesta, il tuo compenso abituale è diverso. -Proponi alternative (es. ridurre i contenuti, eliminare i diritti d’uso, fare un test iniziale a budget più contenuto). -Non avere paura di dire no: accettare collaborazioni sottopagate svaluta il tuo lavoro e quello degli altri professionisti del settore. 5. Metti tutto per iscritto Una volta trovato l’accordo, chiedi sempre un contratto o almeno una conferma via e-mail. Specifica: -Il compenso pattuito -Le modalità di pagamento (tempistiche e fatturazione) -I contenuti richiesti -Le scadenze Questo ti tutela e dimostra professionalità. 6. Costruisci relazioni, non solo transazioni Anche nella negoziazione, sii professionale e rispettoso. A volte una trattativa ben gestita apre la porta a collaborazioni future, anche se la prima proposta non va a buon fine. Valutare e negoziare una collaborazione retribuita richiede equilibrio tra consapevolezza del proprio valore, rispetto per il lavoro altrui e capacità di comunicare in modo chiaro. Da Impresa.biz, lo ripetiamo spesso: non sei solo un “profilo social”, sei un professionista. E come tale, meriti compensi adeguati, trattative trasparenti e collaborazioni che ti permettano di crescere, non di accontentarti. #CollaborazioniRetribuite #InfluencerMarketing #Negoziazione #PersonalBranding #CreatorProfessionista #MediaKit #ImpresaDigitale #StrategiaSocial
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