Come sto internazionalizzando il mio e-commerce (e cosa avrei voluto sapere prima)
Quando ho deciso di aprirmi ai mercati esteri con il mio e-commerce, pensavo che bastasse tradurre il sito in inglese e attivare la spedizione internazionale. Mi sbagliavo.
Internazionalizzare non significa solo vendere fuori dall’Italia. Significa adattare il proprio business a contesti, normative e aspettative completamente diverse. Dopo errori, correzioni e qualche bella soddisfazione, oggi posso dire che vendere all’estero è una delle mosse migliori che abbia fatto.
1. Da dove sono partito (e perché)
Mi sono reso conto che alcuni prodotti che vendevo avevano più potenziale all’estero che in Italia. Ho cominciato a ricevere visite dalla Germania, dalla Francia, dalla Spagna… ma non convertivano.
Il primo passo? Localizzazione. Non solo la traduzione, ma adattamento culturale, legale e commerciale.
2. Tradurre? No: localizzare
Il sito l’ho tradotto in inglese, tedesco e francese, ma ho fatto anche questo:
-Prezzi in valuta locale
-Traduzioni fatte da professionisti madrelingua, non da Google Translate
-Descrizioni prodotto adattate al linguaggio di quel mercato
-Immagini diverse, più adatte ai gusti locali
Risultato: tasso di conversione migliorato del 30% nei mercati esteri
3. Aspetti fiscali: l’IVA e il regime OSS
Uno dei punti più critici è stato capire come gestire l’IVA in Europa.
Dal 1° luglio 2021 esiste il regime OSS (One Stop Shop). L’ho attivato tramite l’Agenzia delle Entrate. Questo mi permette di:
-Evitare di aprire una partita IVA in ogni Paese
-Raccogliere e versare l’IVA UE in modo centralizzato
-Essere in regola con le soglie di vendita all’estero
Occhio: se usi magazzini Amazon (es. FBA) in altri Paesi, puoi dover aprire partite IVA locali anche se sei in OSS.
4. Logistica: meglio spedire da qui o appoggiarsi a un hub?
All’inizio ho gestito tutto dall’Italia. Poi ho testato:
-Magazzini terzi in Germania (per l’UE centrale)
-Servizi tipo BigBuy, CJDropshipping, Printful per abbattere i tempi
-Spedizioni con tracking internazionale e preventivo doganale chiaro
Ho capito che il cliente estero vuole spedizioni rapide e senza sorprese. Altrimenti... abbandona il carrello.
5. Customer care e resi: più complessi, ma gestibili
Internazionalizzare significa anche offrire assistenza in più lingue.
Io ho fatto così:
-Attivato un helpdesk multilingua con risposte automatiche personalizzate
-Centralizzato i resi con un hub in Italia, usando etichette di reso prepagate
-Comunicato termini di consegna e costi doganali in modo chiaro e trasparente
6. Promozione internazionale: SEO e marketplace locali
Per farmi trovare, ho lavorato su:
-SEO internazionale con dominio unico e struttura multilingua
-Annunci su Google Shopping e Meta Ads segmentati per paese
-Ingresso nei marketplace locali (Cdiscount in Francia, ePrice in Italia, Kaufland in Germania)
Il primo anno ho aumentato il fatturato del 40% grazie al traffico estero.
Cosa consiglio a chi vuole iniziare
Parti da 1-2 Paesi, non da tutti insieme
Usa strumenti integrati per gestire lingue, valute, IVA, logistica
Non improvvisare sulla parte fiscale: l’OSS è comodo ma non risolve tutto
Investi in traduzione vera, assistenza clienti, e automatismi
Tratta ogni nuovo mercato come un nuovo lancio, non una copia del sito italiano
Internazionalizzare è un progetto, non un “plus”
Aprirsi all’estero richiede tempo, budget, strumenti e strategia. Ma se lo fai bene, scali davvero. Io lo sto facendo passo dopo passo, e ogni nuovo Paese è un’opportunità concreta di crescita.
#ecommerce #internazionalizzazione #vendereallestero #ivaoss #logistica #spedizioniinternazionali #multilingua #dropshipping #marketplace #espansione #scalabilità #digitalexport
Quando ho deciso di aprirmi ai mercati esteri con il mio e-commerce, pensavo che bastasse tradurre il sito in inglese e attivare la spedizione internazionale. Mi sbagliavo.
Internazionalizzare non significa solo vendere fuori dall’Italia. Significa adattare il proprio business a contesti, normative e aspettative completamente diverse. Dopo errori, correzioni e qualche bella soddisfazione, oggi posso dire che vendere all’estero è una delle mosse migliori che abbia fatto.
1. Da dove sono partito (e perché)
Mi sono reso conto che alcuni prodotti che vendevo avevano più potenziale all’estero che in Italia. Ho cominciato a ricevere visite dalla Germania, dalla Francia, dalla Spagna… ma non convertivano.
Il primo passo? Localizzazione. Non solo la traduzione, ma adattamento culturale, legale e commerciale.
2. Tradurre? No: localizzare
Il sito l’ho tradotto in inglese, tedesco e francese, ma ho fatto anche questo:
-Prezzi in valuta locale
-Traduzioni fatte da professionisti madrelingua, non da Google Translate
-Descrizioni prodotto adattate al linguaggio di quel mercato
-Immagini diverse, più adatte ai gusti locali
Risultato: tasso di conversione migliorato del 30% nei mercati esteri
3. Aspetti fiscali: l’IVA e il regime OSS
Uno dei punti più critici è stato capire come gestire l’IVA in Europa.
Dal 1° luglio 2021 esiste il regime OSS (One Stop Shop). L’ho attivato tramite l’Agenzia delle Entrate. Questo mi permette di:
-Evitare di aprire una partita IVA in ogni Paese
-Raccogliere e versare l’IVA UE in modo centralizzato
-Essere in regola con le soglie di vendita all’estero
Occhio: se usi magazzini Amazon (es. FBA) in altri Paesi, puoi dover aprire partite IVA locali anche se sei in OSS.
4. Logistica: meglio spedire da qui o appoggiarsi a un hub?
All’inizio ho gestito tutto dall’Italia. Poi ho testato:
-Magazzini terzi in Germania (per l’UE centrale)
-Servizi tipo BigBuy, CJDropshipping, Printful per abbattere i tempi
-Spedizioni con tracking internazionale e preventivo doganale chiaro
Ho capito che il cliente estero vuole spedizioni rapide e senza sorprese. Altrimenti... abbandona il carrello.
5. Customer care e resi: più complessi, ma gestibili
Internazionalizzare significa anche offrire assistenza in più lingue.
Io ho fatto così:
-Attivato un helpdesk multilingua con risposte automatiche personalizzate
-Centralizzato i resi con un hub in Italia, usando etichette di reso prepagate
-Comunicato termini di consegna e costi doganali in modo chiaro e trasparente
6. Promozione internazionale: SEO e marketplace locali
Per farmi trovare, ho lavorato su:
-SEO internazionale con dominio unico e struttura multilingua
-Annunci su Google Shopping e Meta Ads segmentati per paese
-Ingresso nei marketplace locali (Cdiscount in Francia, ePrice in Italia, Kaufland in Germania)
Il primo anno ho aumentato il fatturato del 40% grazie al traffico estero.
Cosa consiglio a chi vuole iniziare
Parti da 1-2 Paesi, non da tutti insieme
Usa strumenti integrati per gestire lingue, valute, IVA, logistica
Non improvvisare sulla parte fiscale: l’OSS è comodo ma non risolve tutto
Investi in traduzione vera, assistenza clienti, e automatismi
Tratta ogni nuovo mercato come un nuovo lancio, non una copia del sito italiano
Internazionalizzare è un progetto, non un “plus”
Aprirsi all’estero richiede tempo, budget, strumenti e strategia. Ma se lo fai bene, scali davvero. Io lo sto facendo passo dopo passo, e ogni nuovo Paese è un’opportunità concreta di crescita.
#ecommerce #internazionalizzazione #vendereallestero #ivaoss #logistica #spedizioniinternazionali #multilingua #dropshipping #marketplace #espansione #scalabilità #digitalexport
🌍 Come sto internazionalizzando il mio e-commerce (e cosa avrei voluto sapere prima)
Quando ho deciso di aprirmi ai mercati esteri con il mio e-commerce, pensavo che bastasse tradurre il sito in inglese e attivare la spedizione internazionale. Mi sbagliavo.
Internazionalizzare non significa solo vendere fuori dall’Italia. Significa adattare il proprio business a contesti, normative e aspettative completamente diverse. Dopo errori, correzioni e qualche bella soddisfazione, oggi posso dire che vendere all’estero è una delle mosse migliori che abbia fatto.
1. Da dove sono partito (e perché)
Mi sono reso conto che alcuni prodotti che vendevo avevano più potenziale all’estero che in Italia. Ho cominciato a ricevere visite dalla Germania, dalla Francia, dalla Spagna… ma non convertivano.
Il primo passo? Localizzazione. Non solo la traduzione, ma adattamento culturale, legale e commerciale.
2. Tradurre? No: localizzare
Il sito l’ho tradotto in inglese, tedesco e francese, ma ho fatto anche questo:
-Prezzi in valuta locale
-Traduzioni fatte da professionisti madrelingua, non da Google Translate
-Descrizioni prodotto adattate al linguaggio di quel mercato
-Immagini diverse, più adatte ai gusti locali
➡️ Risultato: tasso di conversione migliorato del 30% nei mercati esteri
3. Aspetti fiscali: l’IVA e il regime OSS
Uno dei punti più critici è stato capire come gestire l’IVA in Europa.
Dal 1° luglio 2021 esiste il regime OSS (One Stop Shop). L’ho attivato tramite l’Agenzia delle Entrate. Questo mi permette di:
-Evitare di aprire una partita IVA in ogni Paese
-Raccogliere e versare l’IVA UE in modo centralizzato
-Essere in regola con le soglie di vendita all’estero
⚠️ Occhio: se usi magazzini Amazon (es. FBA) in altri Paesi, puoi dover aprire partite IVA locali anche se sei in OSS.
4. Logistica: meglio spedire da qui o appoggiarsi a un hub?
All’inizio ho gestito tutto dall’Italia. Poi ho testato:
-Magazzini terzi in Germania (per l’UE centrale)
-Servizi tipo BigBuy, CJDropshipping, Printful per abbattere i tempi
-Spedizioni con tracking internazionale e preventivo doganale chiaro
Ho capito che il cliente estero vuole spedizioni rapide e senza sorprese. Altrimenti... abbandona il carrello.
5. Customer care e resi: più complessi, ma gestibili
Internazionalizzare significa anche offrire assistenza in più lingue.
Io ho fatto così:
-Attivato un helpdesk multilingua con risposte automatiche personalizzate
-Centralizzato i resi con un hub in Italia, usando etichette di reso prepagate
-Comunicato termini di consegna e costi doganali in modo chiaro e trasparente
6. Promozione internazionale: SEO e marketplace locali
Per farmi trovare, ho lavorato su:
-SEO internazionale con dominio unico e struttura multilingua
-Annunci su Google Shopping e Meta Ads segmentati per paese
-Ingresso nei marketplace locali (Cdiscount in Francia, ePrice in Italia, Kaufland in Germania)
📈 Il primo anno ho aumentato il fatturato del 40% grazie al traffico estero.
📌 Cosa consiglio a chi vuole iniziare
✅ Parti da 1-2 Paesi, non da tutti insieme
✅ Usa strumenti integrati per gestire lingue, valute, IVA, logistica
✅ Non improvvisare sulla parte fiscale: l’OSS è comodo ma non risolve tutto
✅ Investi in traduzione vera, assistenza clienti, e automatismi
✅ Tratta ogni nuovo mercato come un nuovo lancio, non una copia del sito italiano
🌐 Internazionalizzare è un progetto, non un “plus”
Aprirsi all’estero richiede tempo, budget, strumenti e strategia. Ma se lo fai bene, scali davvero. Io lo sto facendo passo dopo passo, e ogni nuovo Paese è un’opportunità concreta di crescita.
#ecommerce #internazionalizzazione #vendereallestero #ivaoss #logistica #spedizioniinternazionali #multilingua #dropshipping #marketplace #espansione #scalabilità #digitalexport
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