• Marketplace e fisco: chi paga le tasse e come

    Quando ho iniziato a vendere su marketplace come Amazon, eBay o altri, una delle prime domande che mi sono posto è stata: chi deve pagare le tasse? La risposta non è sempre scontata, e per evitare problemi con il fisco ho deciso di informarmi bene e organizzarmi al meglio.

    Venditore o marketplace: chi è responsabile?
    In generale, la responsabilità fiscale ricade sul venditore. Questo significa che, anche se vendo tramite una piattaforma di terze parti, sono io a dover dichiarare i ricavi e pagare le imposte sui redditi e l’IVA. Il marketplace, invece, agisce da intermediario e fornisce solo il canale di vendita.

    Tuttavia, con l’introduzione del Marketplace Facilitator, in alcuni Paesi e situazioni il marketplace può essere considerato responsabile della raccolta e del versamento dell’IVA sulle vendite effettuate.

    Come gestisco l’IVA su marketplace
    Nel mio caso, la situazione più comune è questa:
    -Per le vendite in Italia, applico l’IVA italiana e la versamento regolarmente.
    -Per le vendite intra-UE a consumatori privati, se supero la soglia di 10.000 euro, uso il regime OSS per semplificare la gestione dell’IVA.
    -Per le vendite a clienti extra-UE, le esportazioni sono generalmente esenti da IVA, ma devono essere documentate correttamente.
    Il marketplace, in alcuni casi, può emettere fattura o fornire documenti riepilogativi, ma è mia cura mantenere una contabilità precisa.

    Dichiarazioni e adempimenti fiscali
    Come venditore su marketplace, devo:
    Tenere traccia delle vendite e delle commissioni addebitate dal marketplace,
    -Emissione di fatture se richiesta (alcuni marketplace lo fanno automaticamente),
    -Inserire i dati nei registri IVA e dichiarare i redditi in sede fiscale.
    Inoltre, è importante conservare tutta la documentazione per eventuali controlli.

    Le novità per il 2025: la digitalizzazione fiscale
    Dal 2025, in Italia si prevede l’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica anche per le vendite tramite marketplace e piattaforme digitali, con controlli più serrati e tracciabilità completa.

    Sto già adeguando il mio sistema gestionale per non rischiare sanzioni e per rendere tutto più trasparente.

    Conclusione
    Vendere su marketplace apre grandi opportunità, ma richiede attenzione anche agli aspetti fiscali. La regola d’oro per me è stata informarmi, organizzarmi e usare strumenti digitali per gestire correttamente le tasse. Così posso concentrarmi sulle vendite, senza sorprese.

    #Marketplace #FiscoEcommerce #TasseVenditeOnline #IVA #MarketplaceFacilitator #FiscalitàDigitale #EcommerceItaly #GestioneFiscale #VendereOnline #ImpresaDigitale
    Marketplace e fisco: chi paga le tasse e come Quando ho iniziato a vendere su marketplace come Amazon, eBay o altri, una delle prime domande che mi sono posto è stata: chi deve pagare le tasse? La risposta non è sempre scontata, e per evitare problemi con il fisco ho deciso di informarmi bene e organizzarmi al meglio. Venditore o marketplace: chi è responsabile? In generale, la responsabilità fiscale ricade sul venditore. Questo significa che, anche se vendo tramite una piattaforma di terze parti, sono io a dover dichiarare i ricavi e pagare le imposte sui redditi e l’IVA. Il marketplace, invece, agisce da intermediario e fornisce solo il canale di vendita. Tuttavia, con l’introduzione del Marketplace Facilitator, in alcuni Paesi e situazioni il marketplace può essere considerato responsabile della raccolta e del versamento dell’IVA sulle vendite effettuate. Come gestisco l’IVA su marketplace Nel mio caso, la situazione più comune è questa: -Per le vendite in Italia, applico l’IVA italiana e la versamento regolarmente. -Per le vendite intra-UE a consumatori privati, se supero la soglia di 10.000 euro, uso il regime OSS per semplificare la gestione dell’IVA. -Per le vendite a clienti extra-UE, le esportazioni sono generalmente esenti da IVA, ma devono essere documentate correttamente. Il marketplace, in alcuni casi, può emettere fattura o fornire documenti riepilogativi, ma è mia cura mantenere una contabilità precisa. Dichiarazioni e adempimenti fiscali Come venditore su marketplace, devo: Tenere traccia delle vendite e delle commissioni addebitate dal marketplace, -Emissione di fatture se richiesta (alcuni marketplace lo fanno automaticamente), -Inserire i dati nei registri IVA e dichiarare i redditi in sede fiscale. Inoltre, è importante conservare tutta la documentazione per eventuali controlli. Le novità per il 2025: la digitalizzazione fiscale Dal 2025, in Italia si prevede l’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica anche per le vendite tramite marketplace e piattaforme digitali, con controlli più serrati e tracciabilità completa. Sto già adeguando il mio sistema gestionale per non rischiare sanzioni e per rendere tutto più trasparente. Conclusione Vendere su marketplace apre grandi opportunità, ma richiede attenzione anche agli aspetti fiscali. La regola d’oro per me è stata informarmi, organizzarmi e usare strumenti digitali per gestire correttamente le tasse. Così posso concentrarmi sulle vendite, senza sorprese. #Marketplace #FiscoEcommerce #TasseVenditeOnline #IVA #MarketplaceFacilitator #FiscalitàDigitale #EcommerceItaly #GestioneFiscale #VendereOnline #ImpresaDigitale
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  • Vendite in UE: come gestire l’IVA con il sistema OSS

    Quando ho iniziato a vendere i miei prodotti anche fuori dall’Italia, in altri Paesi dell’Unione Europea, ho subito capito che la gestione dell’IVA intracomunitaria poteva diventare un vero incubo. Fortunatamente, il sistema OSS (One Stop Shop) è venuto in mio soccorso. Oggi ti racconto come lo uso per semplificare la burocrazia e restare in regola con le normative UE.

    Cosa cambia con il sistema OSS?
    Prima del 2021, chi vendeva a consumatori finali (B2C) in altri Paesi UE doveva registrarsi fiscalmente in ciascun Paese oltre certe soglie. Un procedimento complicato e costoso. Ora, grazie al regime OSS, posso versare l’IVA di tutte le vendite UE in un unico portale, senza aprire partite IVA estere.

    Come ho aderito al regime OSS
    Mi sono registrato tramite il portale dell’Agenzia delle Entrate italiana, nella sezione dedicata all’OSS. Una volta attivato, posso:
    -Dichiarare tutte le vendite UE in un’unica dichiarazione trimestrale.
    -Versare l’IVA raccolta direttamente allo Stato italiano, che poi la redistribuisce agli altri Stati membri.
    -È un sistema centralizzato che riduce costi, tempi e rischi di errori.

    Quando è obbligatorio usare l’OSS?
    Ho iniziato a usarlo quando ho superato la soglia dei 10.000 euro annui di vendite totali B2C in UE (escluse quelle in Italia). Oltre questa soglia, bisogna applicare l’aliquota IVA del Paese del cliente, e il regime OSS è lo strumento più efficiente per farlo in modo corretto.

    Come gestisco l’IVA in pratica
    -Il mio sito e-commerce rileva il Paese del cliente e applica automaticamente l’aliquota IVA corretta.
    -Ogni trimestre preparo una dichiarazione OSS, separata da quella IVA nazionale.
    -Uso software compatibili o plugin e-commerce (come WooCommerce, Shopify Plus, ecc.) per generare i report dettagliati.

    Attenzione a questi punti
    -L’OSS vale solo per vendite a privati (B2C), non per aziende con partita IVA (B2B).
    -Serve conservare le prove del Paese del cliente (es. indirizzo IP, luogo di spedizione).
    -Anche con OSS attivo, continuo a fare la dichiarazione IVA ordinaria in Italia per le vendite nazionali.

    Il sistema OSS mi ha permesso di vendere con serenità in tutta l’UE, rispettando le regole IVA senza dovermi registrare in ogni singolo Stato. Se anche tu stai vendendo o vuoi iniziare a vendere online in Europa, ti consiglio di valutarlo seriamente: è uno strumento pensato per semplificare la vita agli e-commerce come il mio.

    #EcommerceEuropeo #SistemaOSS #IVAUE #VenditeOnline #FiscoDigitale #EcommerceInternazionale #OneStopShop #GestioneIVA #FiscalitàDigitale #ImpresaDigitale
    Vendite in UE: come gestire l’IVA con il sistema OSS Quando ho iniziato a vendere i miei prodotti anche fuori dall’Italia, in altri Paesi dell’Unione Europea, ho subito capito che la gestione dell’IVA intracomunitaria poteva diventare un vero incubo. Fortunatamente, il sistema OSS (One Stop Shop) è venuto in mio soccorso. Oggi ti racconto come lo uso per semplificare la burocrazia e restare in regola con le normative UE. Cosa cambia con il sistema OSS? Prima del 2021, chi vendeva a consumatori finali (B2C) in altri Paesi UE doveva registrarsi fiscalmente in ciascun Paese oltre certe soglie. Un procedimento complicato e costoso. Ora, grazie al regime OSS, posso versare l’IVA di tutte le vendite UE in un unico portale, senza aprire partite IVA estere. Come ho aderito al regime OSS Mi sono registrato tramite il portale dell’Agenzia delle Entrate italiana, nella sezione dedicata all’OSS. Una volta attivato, posso: -Dichiarare tutte le vendite UE in un’unica dichiarazione trimestrale. -Versare l’IVA raccolta direttamente allo Stato italiano, che poi la redistribuisce agli altri Stati membri. -È un sistema centralizzato che riduce costi, tempi e rischi di errori. Quando è obbligatorio usare l’OSS? Ho iniziato a usarlo quando ho superato la soglia dei 10.000 euro annui di vendite totali B2C in UE (escluse quelle in Italia). Oltre questa soglia, bisogna applicare l’aliquota IVA del Paese del cliente, e il regime OSS è lo strumento più efficiente per farlo in modo corretto. Come gestisco l’IVA in pratica -Il mio sito e-commerce rileva il Paese del cliente e applica automaticamente l’aliquota IVA corretta. -Ogni trimestre preparo una dichiarazione OSS, separata da quella IVA nazionale. -Uso software compatibili o plugin e-commerce (come WooCommerce, Shopify Plus, ecc.) per generare i report dettagliati. Attenzione a questi punti -L’OSS vale solo per vendite a privati (B2C), non per aziende con partita IVA (B2B). -Serve conservare le prove del Paese del cliente (es. indirizzo IP, luogo di spedizione). -Anche con OSS attivo, continuo a fare la dichiarazione IVA ordinaria in Italia per le vendite nazionali. Il sistema OSS mi ha permesso di vendere con serenità in tutta l’UE, rispettando le regole IVA senza dovermi registrare in ogni singolo Stato. Se anche tu stai vendendo o vuoi iniziare a vendere online in Europa, ti consiglio di valutarlo seriamente: è uno strumento pensato per semplificare la vita agli e-commerce come il mio. #EcommerceEuropeo #SistemaOSS #IVAUE #VenditeOnline #FiscoDigitale #EcommerceInternazionale #OneStopShop #GestioneIVA #FiscalitàDigitale #ImpresaDigitale
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  • E-commerce e IVA in Europa: cosa è cambiato e cosa fare per non sbagliare

    Quando ho iniziato a vendere online fuori dall’Italia, l’euforia di ricevere ordini da tutta Europa è stata presto seguita da un pensiero un po’ più tecnico: "Come gestisco l’IVA all’estero senza fare pasticci?"
    Spoiler: ho sbagliato all’inizio. Ma oggi ho imparato (con fatica!) a gestire la questione in modo chiaro e strutturato, e voglio raccontarti cosa sapere per non incappare in errori costosi.

    Cosa è cambiato con le nuove regole IVA dal 1° luglio 2021?
    L’Unione Europea ha introdotto un pacchetto di novità sull’IVA per l’e-commerce, con l’obiettivo di:

    semplificare la burocrazia
    combattere l’evasione
    rendere il mercato più equo per tutti i venditori

    Ecco i punti principali:

    1. Soglia unica di 10.000 euro annui per vendite transfrontaliere
    Se il tuo e-commerce supera i 10.000 € di vendite all’anno a consumatori UE in altri Paesi (esclusa l'Italia), sei obbligata ad applicare l’IVA del Paese di destinazione, non più quella italiana.
    Sotto questa soglia, puoi ancora applicare l’IVA italiana (ma devi monitorare bene i volumi!).

    2. Nasce il sistema OSS (One Stop Shop)
    Questa è stata la mia salvezza: l’OSS è un portale unico dove puoi dichiarare e versare l’IVA per tutte le vendite UE, senza dover aprire una partita IVA in ogni singolo Paese in cui vendi.

    Puoi registrarti all’OSS tramite l’Agenzia delle Entrate italiana
    La dichiarazione va fatta ogni trimestre, anche se non hai avuto vendite

    3. Niente più esenzioni per pacchi sotto i 22€
    Ora tutti i beni importati in UE da Paesi extra-UE sono soggetti a IVA, indipendentemente dal valore.
    Se vendi o acquisti da UK, USA, Cina ecc., tieni conto di questo impatto anche sui costi finali per i tuoi clienti.

    Cosa faccio io, concretamente?
    Controllo regolarmente i volumi di vendita per Paese
    Sono iscritta all’OSS, così gestisco tutto da un unico punto
    Inserisco l’IVA corretta in base al Paese del cliente al momento del checkout (molti CMS come Shopify, WooCommerce o strumenti come TaxJar e Quaderno fanno questo in automatico)
    Collaboro con un commercialista esperto di e-commerce e fiscalità europea – fidati, è una spesa che si ripaga!

    I rischi da evitare
    Non monitorare le soglie: potresti superarle senza accorgertene
    Ignorare le nuove regole: in caso di controlli, le sanzioni sono salate
    Applicare l’IVA sbagliata al cliente: oltre a perdere credibilità, potresti dover rimborsare differenze

    Vendere in Europa è una grande opportunità, ma serve consapevolezza fiscale. L’IVA è uno degli aspetti più delicati e spesso sottovalutati da chi inizia.
    Il mio consiglio? Informati, organizza tutto in modo semplice e fai le cose per bene sin dall’inizio. È l’unico modo per far crescere il tuo e-commerce con serenità.

    #IVAecommerce #vendereinEuropa #OSS #VAT2025 #imprenditoriadigitale #ecommerceitalia #venditeonline #influencerbusiness #fiscalitàdigitale #businesssenzaerrori

    E-commerce e IVA in Europa: cosa è cambiato e cosa fare per non sbagliare Quando ho iniziato a vendere online fuori dall’Italia, l’euforia di ricevere ordini da tutta Europa è stata presto seguita da un pensiero un po’ più tecnico: "Come gestisco l’IVA all’estero senza fare pasticci?" Spoiler: ho sbagliato all’inizio. Ma oggi ho imparato (con fatica!) a gestire la questione in modo chiaro e strutturato, e voglio raccontarti cosa sapere per non incappare in errori costosi. Cosa è cambiato con le nuove regole IVA dal 1° luglio 2021? L’Unione Europea ha introdotto un pacchetto di novità sull’IVA per l’e-commerce, con l’obiettivo di: ✅ semplificare la burocrazia ✅ combattere l’evasione ✅ rendere il mercato più equo per tutti i venditori Ecco i punti principali: 1. Soglia unica di 10.000 euro annui per vendite transfrontaliere Se il tuo e-commerce supera i 10.000 € di vendite all’anno a consumatori UE in altri Paesi (esclusa l'Italia), sei obbligata ad applicare l’IVA del Paese di destinazione, non più quella italiana. Sotto questa soglia, puoi ancora applicare l’IVA italiana (ma devi monitorare bene i volumi!). 2. Nasce il sistema OSS (One Stop Shop) Questa è stata la mia salvezza: l’OSS è un portale unico dove puoi dichiarare e versare l’IVA per tutte le vendite UE, senza dover aprire una partita IVA in ogni singolo Paese in cui vendi. 👉 Puoi registrarti all’OSS tramite l’Agenzia delle Entrate italiana 👉 La dichiarazione va fatta ogni trimestre, anche se non hai avuto vendite 3. Niente più esenzioni per pacchi sotto i 22€ Ora tutti i beni importati in UE da Paesi extra-UE sono soggetti a IVA, indipendentemente dal valore. Se vendi o acquisti da UK, USA, Cina ecc., tieni conto di questo impatto anche sui costi finali per i tuoi clienti. Cosa faccio io, concretamente? 📌 Controllo regolarmente i volumi di vendita per Paese 📌 Sono iscritta all’OSS, così gestisco tutto da un unico punto 📌 Inserisco l’IVA corretta in base al Paese del cliente al momento del checkout (molti CMS come Shopify, WooCommerce o strumenti come TaxJar e Quaderno fanno questo in automatico) 📌 Collaboro con un commercialista esperto di e-commerce e fiscalità europea – fidati, è una spesa che si ripaga! I rischi da evitare ⚠️ Non monitorare le soglie: potresti superarle senza accorgertene ⚠️ Ignorare le nuove regole: in caso di controlli, le sanzioni sono salate ⚠️ Applicare l’IVA sbagliata al cliente: oltre a perdere credibilità, potresti dover rimborsare differenze Vendere in Europa è una grande opportunità, ma serve consapevolezza fiscale. L’IVA è uno degli aspetti più delicati e spesso sottovalutati da chi inizia. Il mio consiglio? Informati, organizza tutto in modo semplice e fai le cose per bene sin dall’inizio. È l’unico modo per far crescere il tuo e-commerce con serenità. #IVAecommerce #vendereinEuropa #OSS #VAT2025 #imprenditoriadigitale #ecommerceitalia #venditeonline #influencerbusiness #fiscalitàdigitale #businesssenzaerrori
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  • Web Tax e Digital Services Tax: cosa devono sapere le aziende italiane nel commercio online

    Nel 2025, il quadro fiscale internazionale continua a evolversi rapidamente, soprattutto per quanto riguarda la tassazione dell’economia digitale. Molte aziende italiane che operano online – anche PMI e startup – si trovano a dover fare i conti con Web Tax, Digital Services Tax e normative OCSE in continua definizione.

    Noi di impresa.biz siamo in prima linea nel supportare queste realtà, aiutandole a comprendere gli impatti concreti di queste norme, a tutelarsi da rischi fiscali e a cogliere le opportunità di una corretta pianificazione.

    Web Tax e Digital Services Tax: cosa sono e perché esistono
    Le cosiddette “Web Tax” sono nate come risposta all’esigenza, da parte dei governi, di tassare i profitti generati dalle multinazionali digitali in mercati in cui non hanno una presenza fisica ma realizzano comunque ricavi significativi.

    In Italia, è stata introdotta la Digital Services Tax (DST), un’imposta del 3% (in vigore, salvo modifiche, dal 2020) su:
    -Vendita di spazi pubblicitari online;
    -Fornitura di piattaforme digitali che favoriscono l’interazione tra utenti;
    -Trasmissione di dati raccolti da utenti in Italia.

    Ma riguarda solo i colossi del web?
    No, ed è qui che molte aziende italiane si sorprendono.
    Sebbene la DST italiana si applichi formalmente a gruppi con ricavi globali superiori a 750 milioni di euro (e 5,5 milioni da servizi digitali in Italia), molti altri Paesi europei stanno adottando versioni locali della web tax con soglie più basse, e spesso i marketplace o le piattaforme estere scaricano questi costi sulle imprese italiane che vi operano.

    Inoltre, con l’implementazione progressiva del Pillar 1 del BEPS 2.0, è probabile che anche aziende italiane con vendite digitali all’estero si troveranno a dover versare imposte in più Stati, in base alla localizzazione degli utenti.

    Cosa deve sapere (e fare) un’azienda italiana online nel 2025
    Noi di impresa.biz consigliamo a tutte le aziende che operano nel commercio elettronico o nei servizi digitali di porre particolare attenzione a questi aspetti:

    -Analizzare dove si trovano i propri utenti/clienti finali: i nuovi regimi fiscali guardano sempre di più alla “location dell’utente” per determinare dove tassare i ricavi.
    -Verificare l’esposizione alla DST in Italia e all’estero: anche se la propria azienda non supera le soglie, può essere coinvolta indirettamente, ad esempio attraverso commissioni applicate dai marketplace.
    -Gestire i contratti e la documentazione fiscale con precisione: la tracciabilità e la trasparenza sono fondamentali per evitare contestazioni.
    -Monitorare le novità normative in ogni Paese in cui si vendono prodotti o servizi: il rischio fiscale non riguarda solo l’Italia, ma ogni mercato digitale estero in cui l’azienda è attiva.

    Opportunità: il digitale cresce, ma serve preparazione
    Se da un lato queste nuove tasse rappresentano una maggiore complessità, dall’altro l’espansione dell’e-commerce e dei servizi digitali apre opportunità senza precedenti per le imprese italiane, a patto che la struttura fiscale sia solida e sostenibile.

    Noi di impresa.biz lavoriamo al fianco di imprese che vendono su marketplace, gestiscono e-commerce proprietari o offrono servizi digitali B2B e B2C, aiutandole a costruire modelli fiscali coerenti con l’evoluzione internazionale e con l’ecosistema digitale.

    La tua azienda opera nel digitale o vende online anche all’estero?
    Contattaci per una consulenza: evitiamo insieme rischi inutili e costi imprevisti.

    #WebTax #DigitalServicesTax #DSTItalia #CommercioOnline #Ecommerce2025 #FiscalitàDigitale #BEPS2 #ImpresaBiz #TassazioneDigitale #Marketplace #ConsulenzaFiscale

    Web Tax e Digital Services Tax: cosa devono sapere le aziende italiane nel commercio online Nel 2025, il quadro fiscale internazionale continua a evolversi rapidamente, soprattutto per quanto riguarda la tassazione dell’economia digitale. Molte aziende italiane che operano online – anche PMI e startup – si trovano a dover fare i conti con Web Tax, Digital Services Tax e normative OCSE in continua definizione. Noi di impresa.biz siamo in prima linea nel supportare queste realtà, aiutandole a comprendere gli impatti concreti di queste norme, a tutelarsi da rischi fiscali e a cogliere le opportunità di una corretta pianificazione. Web Tax e Digital Services Tax: cosa sono e perché esistono Le cosiddette “Web Tax” sono nate come risposta all’esigenza, da parte dei governi, di tassare i profitti generati dalle multinazionali digitali in mercati in cui non hanno una presenza fisica ma realizzano comunque ricavi significativi. In Italia, è stata introdotta la Digital Services Tax (DST), un’imposta del 3% (in vigore, salvo modifiche, dal 2020) su: -Vendita di spazi pubblicitari online; -Fornitura di piattaforme digitali che favoriscono l’interazione tra utenti; -Trasmissione di dati raccolti da utenti in Italia. Ma riguarda solo i colossi del web? No, ed è qui che molte aziende italiane si sorprendono. Sebbene la DST italiana si applichi formalmente a gruppi con ricavi globali superiori a 750 milioni di euro (e 5,5 milioni da servizi digitali in Italia), molti altri Paesi europei stanno adottando versioni locali della web tax con soglie più basse, e spesso i marketplace o le piattaforme estere scaricano questi costi sulle imprese italiane che vi operano. Inoltre, con l’implementazione progressiva del Pillar 1 del BEPS 2.0, è probabile che anche aziende italiane con vendite digitali all’estero si troveranno a dover versare imposte in più Stati, in base alla localizzazione degli utenti. Cosa deve sapere (e fare) un’azienda italiana online nel 2025 Noi di impresa.biz consigliamo a tutte le aziende che operano nel commercio elettronico o nei servizi digitali di porre particolare attenzione a questi aspetti: -Analizzare dove si trovano i propri utenti/clienti finali: i nuovi regimi fiscali guardano sempre di più alla “location dell’utente” per determinare dove tassare i ricavi. -Verificare l’esposizione alla DST in Italia e all’estero: anche se la propria azienda non supera le soglie, può essere coinvolta indirettamente, ad esempio attraverso commissioni applicate dai marketplace. -Gestire i contratti e la documentazione fiscale con precisione: la tracciabilità e la trasparenza sono fondamentali per evitare contestazioni. -Monitorare le novità normative in ogni Paese in cui si vendono prodotti o servizi: il rischio fiscale non riguarda solo l’Italia, ma ogni mercato digitale estero in cui l’azienda è attiva. Opportunità: il digitale cresce, ma serve preparazione Se da un lato queste nuove tasse rappresentano una maggiore complessità, dall’altro l’espansione dell’e-commerce e dei servizi digitali apre opportunità senza precedenti per le imprese italiane, a patto che la struttura fiscale sia solida e sostenibile. Noi di impresa.biz lavoriamo al fianco di imprese che vendono su marketplace, gestiscono e-commerce proprietari o offrono servizi digitali B2B e B2C, aiutandole a costruire modelli fiscali coerenti con l’evoluzione internazionale e con l’ecosistema digitale. 📌 La tua azienda opera nel digitale o vende online anche all’estero? Contattaci per una consulenza: evitiamo insieme rischi inutili e costi imprevisti. #WebTax #DigitalServicesTax #DSTItalia #CommercioOnline #Ecommerce2025 #FiscalitàDigitale #BEPS2 #ImpresaBiz #TassazioneDigitale #Marketplace #ConsulenzaFiscale
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  • 5 Aspetti Legali e Fiscali che Ogni Influencer in Italia Dovrebbe Conoscere

    Fare l’influencer non è solo una questione di creatività o di numeri: è un vero e proprio lavoro, con tutte le responsabilità legali e fiscali del caso. E fidati, imparare a gestirle fin da subito è uno dei regali migliori che puoi fare alla tua carriera.

    All’inizio anch’io mi concentravo solo sui contenuti e sulle collaborazioni. Poi sono arrivate le prime fatture, le domande sui contratti, le comunicazioni trasparenti da fare… ed è stato chiaro: serve professionalità, anche dietro le quinte. Ecco i 5 aspetti fondamentali che ogni creator dovrebbe conoscere:

    1. Aprire la Partita IVA
    Se guadagni in modo continuativo (e non occasionale) con le tue attività da influencer, devi aprire la Partita IVA. È obbligatoria, e ti permette di lavorare in regola con brand, agenzie e piattaforme.
    Io ho aperto la mia quando ho superato i primi 5.000 € annui da collaborazioni: un passo che mi ha fatto sentire davvero imprenditrice.

    2. Scegliere il Regime Fiscale Giusto
    La maggior parte degli influencer inizia con il regime forfettario: è semplificato, ha tasse agevolate (5% o 15%) e pochi obblighi contabili.
    Ma attenzione: non è sempre la soluzione migliore. Se cresci velocemente o hai molte spese da scaricare, può essere utile valutare altri regimi. Fatti consigliare da un commercialista che conosce il settore digital!

    3. Contratti con i Brand
    Mai iniziare una collaborazione senza un contratto. Anche se ti sembra tutto chiaro in chat o via email, solo un accordo scritto ti tutela davvero.
    Cosa deve contenere? Obiettivi, tipo di contenuto, tempi di pubblicazione, compenso, eventuali penali, uso dei diritti d’immagine… Non lasciare nulla al caso.

    4. Trasparenza nella Pubblicità
    Lo dice la legge: se promuovi un prodotto o servizio, devi dichiararlo in modo chiaro. Hashtag come #adv, #pubblicità o #collaborazione sono obbligatori.
    Non basta un piccolo tag al brand. La trasparenza non solo è una regola da rispettare, ma crea anche fiducia con il tuo pubblico. E per un influencer, la fiducia è tutto.

    5. Norme sulla Privacy e GDPR
    Se raccogli dati (newsletter, giveaway, DM con email o indirizzi), sei soggettə al Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR).
    Serve una privacy policy chiara, il consenso esplicito dell’utente e la protezione dei dati raccolti. Anche se sei solo su Instagram o TikTok, la privacy non è un’opzione.

    Diventare influencer in Italia oggi è anche diventare professionisti consapevoli.
    Essere in regola non è solo un dovere legale: è una forma di rispetto verso te stessa, i tuoi follower e i brand con cui collabori.

    Non sei solo/a: affidati a consulenti esperti e informati costantemente. Il digitale corre, ma la legge non aspetta nessuno.

    #InfluencerProfessionista #PartitaIVA #RegimeForfettario #ADVtrasparente #FiscalitàDigitale #LegalInfluencer #GDPR #ContrattiBrand #BusinessDigitale #CreatorResponsabili

    5 Aspetti Legali e Fiscali che Ogni Influencer in Italia Dovrebbe Conoscere ⚖️💡 Fare l’influencer non è solo una questione di creatività o di numeri: è un vero e proprio lavoro, con tutte le responsabilità legali e fiscali del caso. E fidati, imparare a gestirle fin da subito è uno dei regali migliori che puoi fare alla tua carriera. 🎁 All’inizio anch’io mi concentravo solo sui contenuti e sulle collaborazioni. Poi sono arrivate le prime fatture, le domande sui contratti, le comunicazioni trasparenti da fare… ed è stato chiaro: serve professionalità, anche dietro le quinte. Ecco i 5 aspetti fondamentali che ogni creator dovrebbe conoscere: 1. Aprire la Partita IVA 🧾 Se guadagni in modo continuativo (e non occasionale) con le tue attività da influencer, devi aprire la Partita IVA. È obbligatoria, e ti permette di lavorare in regola con brand, agenzie e piattaforme. Io ho aperto la mia quando ho superato i primi 5.000 € annui da collaborazioni: un passo che mi ha fatto sentire davvero imprenditrice. 2. Scegliere il Regime Fiscale Giusto 💰 La maggior parte degli influencer inizia con il regime forfettario: è semplificato, ha tasse agevolate (5% o 15%) e pochi obblighi contabili. Ma attenzione: non è sempre la soluzione migliore. Se cresci velocemente o hai molte spese da scaricare, può essere utile valutare altri regimi. Fatti consigliare da un commercialista che conosce il settore digital! 3. Contratti con i Brand 📄 Mai iniziare una collaborazione senza un contratto. Anche se ti sembra tutto chiaro in chat o via email, solo un accordo scritto ti tutela davvero. Cosa deve contenere? Obiettivi, tipo di contenuto, tempi di pubblicazione, compenso, eventuali penali, uso dei diritti d’immagine… Non lasciare nulla al caso. 4. Trasparenza nella Pubblicità 📢 Lo dice la legge: se promuovi un prodotto o servizio, devi dichiararlo in modo chiaro. Hashtag come #adv, #pubblicità o #collaborazione sono obbligatori. Non basta un piccolo tag al brand. La trasparenza non solo è una regola da rispettare, ma crea anche fiducia con il tuo pubblico. E per un influencer, la fiducia è tutto. 🤝 5. Norme sulla Privacy e GDPR 🔐 Se raccogli dati (newsletter, giveaway, DM con email o indirizzi), sei soggettə al Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR). Serve una privacy policy chiara, il consenso esplicito dell’utente e la protezione dei dati raccolti. Anche se sei solo su Instagram o TikTok, la privacy non è un’opzione. Diventare influencer in Italia oggi è anche diventare professionisti consapevoli. Essere in regola non è solo un dovere legale: è una forma di rispetto verso te stessa, i tuoi follower e i brand con cui collabori. 👩‍💼👨‍💼 Non sei solo/a: affidati a consulenti esperti e informati costantemente. Il digitale corre, ma la legge non aspetta nessuno. #InfluencerProfessionista #PartitaIVA #RegimeForfettario #ADVtrasparente #FiscalitàDigitale #LegalInfluencer #GDPR #ContrattiBrand #BusinessDigitale #CreatorResponsabili
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  • Il commercio elettronico (e-commerce) ha portato significativi cambiamenti nel panorama fiscale globale, creando nuove sfide per le imprese in termini di gestione fiscale e compliance. Con l'espansione delle vendite online e la crescita dei mercati digitali, le imprese devono affrontare questioni relative all'IVA, alle imposte internazionali e alla conformità alle normative fiscali locali e internazionali, in particolare all'interno dell'Unione Europea (UE).

    Gestione dell'IVA nell'e-commerce
    Una delle principali problematiche fiscali per le imprese di e-commerce riguarda la gestione dell'Imposta sul Valore Aggiunto (IVA). L'IVA deve essere applicata in modo corretto, sia nelle vendite interne che nelle transazioni internazionali.

    1. Vendite nazionali e IVA:
    Quando un’impresa vende prodotti o servizi all'interno dello stesso paese, applica l'aliquota IVA prevista dalle normative locali. Tuttavia, le imprese devono fare attenzione a:
    -Registrarsi per l'IVA se raggiungono la soglia di fatturato prevista dalle normative fiscali locali.
    -Rispettare gli obblighi di fatturazione elettronica e di reportistica periodica, che possono variare a seconda della giurisdizione.

    2. Vendite internazionali e IVA:
    Le vendite a clienti nell'UE o al di fuori dell'UE presentano complessità aggiuntive:
    -Vendite intra-UE: A partire dal 1° luglio 2021, l'UE ha introdotto il One Stop Shop (OSS) per semplificare la dichiarazione dell'IVA per le vendite transfrontaliere di beni e servizi a consumatori finali. L'OSS permette alle imprese di dichiarare e pagare l'IVA per tutte le vendite effettuate nell'UE tramite un'unica dichiarazione fiscale, riducendo la necessità di registrarsi in ogni stato membro in cui effettuano vendite.
    -Vendite extra-UE: Le vendite verso paesi extra UE potrebbero essere esenti da IVA, ma le normative locali possono applicare altre imposte, come i dazi doganali. È fondamentale che le imprese comprendano le normative fiscali specifiche dei paesi in cui vendono i propri prodotti.

    Sfide fiscali internazionali nell'e-commerce
    Il commercio elettronico internazionale comporta diverse sfide fiscali, tra cui:
    1. Doppia imposizione: Le imprese che vendono in più paesi potrebbero essere soggette a imposte in diverse giurisdizioni. I trattati internazionali contro la doppia imposizione possono ridurre il rischio di tassazione doppia sui redditi.
    2. Normative fiscali locali: Ogni paese ha regolamenti fiscali specifici per l'e-commerce, creando una gestione fiscale complessa per le imprese che operano in più giurisdizioni. Le normative sui prezzi di trasferimento, ad esempio, possono influire sulle transazioni tra le filiali di una stessa impresa in paesi diversi.

    Compliance con le normative UE
    L'Unione Europea ha introdotto misure specifiche per regolamentare l'e-commerce e la tassazione digitale, tra cui:
    -Regolamento sul commercio elettronico: Normative per garantire il rispetto delle leggi sulla protezione dei consumatori, le vendite transfrontaliere e l'IVA.
    -Piattaforme online e responsabilità fiscale: Le piattaforme di e-commerce sono obbligate a raccogliere l'IVA per le vendite da venditori terzi e trasferire i dati alle autorità fiscali, per combattere la frode fiscale.
    -OSS (One Stop Shop): Semplifica la gestione dell'IVA per le vendite online in tutta l'UE, permettendo alle imprese di registrarsi in un solo paese e gestire le dichiarazioni IVA tramite una piattaforma unica.

    Gestione della fiscalità digitale per le imprese
    Per gestire correttamente la fiscalità digitale, le imprese di e-commerce devono:
    -Monitorare le vendite internazionali e applicare correttamente l'IVA, sfruttando i sistemi come l'OSS.
    -Mantenere una registrazione dettagliata di tutte le transazioni fiscali, comprese le vendite, gli acquisti e l'IVA applicata.
    -Adattarsi alle normative locali e internazionali, assicurandosi di rispettare le leggi fiscali di ogni giurisdizione in cui operano.
    -Utilizzare software di gestione fiscale e contabile che facilitano la gestione delle vendite, delle dichiarazioni IVA e della compliance fiscale per le operazioni internazionali.

    La fiscalità digitale e la gestione fiscale dell'e-commerce sono aree cruciali per la crescita e la sostenibilità delle imprese che operano online. Le normative fiscali in continua evoluzione, soprattutto a livello internazionale e in Europa, richiedono un'accurata gestione e una costante attenzione alle modifiche legislative. Le imprese devono implementare strategie efficaci di pianificazione fiscale e compliance per ottimizzare le loro operazioni e ridurre i rischi fiscali.

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    Il commercio elettronico (e-commerce) ha portato significativi cambiamenti nel panorama fiscale globale, creando nuove sfide per le imprese in termini di gestione fiscale e compliance. Con l'espansione delle vendite online e la crescita dei mercati digitali, le imprese devono affrontare questioni relative all'IVA, alle imposte internazionali e alla conformità alle normative fiscali locali e internazionali, in particolare all'interno dell'Unione Europea (UE). Gestione dell'IVA nell'e-commerce Una delle principali problematiche fiscali per le imprese di e-commerce riguarda la gestione dell'Imposta sul Valore Aggiunto (IVA). L'IVA deve essere applicata in modo corretto, sia nelle vendite interne che nelle transazioni internazionali. 1. Vendite nazionali e IVA: Quando un’impresa vende prodotti o servizi all'interno dello stesso paese, applica l'aliquota IVA prevista dalle normative locali. Tuttavia, le imprese devono fare attenzione a: -Registrarsi per l'IVA se raggiungono la soglia di fatturato prevista dalle normative fiscali locali. -Rispettare gli obblighi di fatturazione elettronica e di reportistica periodica, che possono variare a seconda della giurisdizione. 2. Vendite internazionali e IVA: Le vendite a clienti nell'UE o al di fuori dell'UE presentano complessità aggiuntive: -Vendite intra-UE: A partire dal 1° luglio 2021, l'UE ha introdotto il One Stop Shop (OSS) per semplificare la dichiarazione dell'IVA per le vendite transfrontaliere di beni e servizi a consumatori finali. L'OSS permette alle imprese di dichiarare e pagare l'IVA per tutte le vendite effettuate nell'UE tramite un'unica dichiarazione fiscale, riducendo la necessità di registrarsi in ogni stato membro in cui effettuano vendite. -Vendite extra-UE: Le vendite verso paesi extra UE potrebbero essere esenti da IVA, ma le normative locali possono applicare altre imposte, come i dazi doganali. È fondamentale che le imprese comprendano le normative fiscali specifiche dei paesi in cui vendono i propri prodotti. Sfide fiscali internazionali nell'e-commerce Il commercio elettronico internazionale comporta diverse sfide fiscali, tra cui: 1. Doppia imposizione: Le imprese che vendono in più paesi potrebbero essere soggette a imposte in diverse giurisdizioni. I trattati internazionali contro la doppia imposizione possono ridurre il rischio di tassazione doppia sui redditi. 2. Normative fiscali locali: Ogni paese ha regolamenti fiscali specifici per l'e-commerce, creando una gestione fiscale complessa per le imprese che operano in più giurisdizioni. Le normative sui prezzi di trasferimento, ad esempio, possono influire sulle transazioni tra le filiali di una stessa impresa in paesi diversi. Compliance con le normative UE L'Unione Europea ha introdotto misure specifiche per regolamentare l'e-commerce e la tassazione digitale, tra cui: -Regolamento sul commercio elettronico: Normative per garantire il rispetto delle leggi sulla protezione dei consumatori, le vendite transfrontaliere e l'IVA. -Piattaforme online e responsabilità fiscale: Le piattaforme di e-commerce sono obbligate a raccogliere l'IVA per le vendite da venditori terzi e trasferire i dati alle autorità fiscali, per combattere la frode fiscale. -OSS (One Stop Shop): Semplifica la gestione dell'IVA per le vendite online in tutta l'UE, permettendo alle imprese di registrarsi in un solo paese e gestire le dichiarazioni IVA tramite una piattaforma unica. Gestione della fiscalità digitale per le imprese Per gestire correttamente la fiscalità digitale, le imprese di e-commerce devono: -Monitorare le vendite internazionali e applicare correttamente l'IVA, sfruttando i sistemi come l'OSS. -Mantenere una registrazione dettagliata di tutte le transazioni fiscali, comprese le vendite, gli acquisti e l'IVA applicata. -Adattarsi alle normative locali e internazionali, assicurandosi di rispettare le leggi fiscali di ogni giurisdizione in cui operano. -Utilizzare software di gestione fiscale e contabile che facilitano la gestione delle vendite, delle dichiarazioni IVA e della compliance fiscale per le operazioni internazionali. La fiscalità digitale e la gestione fiscale dell'e-commerce sono aree cruciali per la crescita e la sostenibilità delle imprese che operano online. Le normative fiscali in continua evoluzione, soprattutto a livello internazionale e in Europa, richiedono un'accurata gestione e una costante attenzione alle modifiche legislative. Le imprese devono implementare strategie efficaci di pianificazione fiscale e compliance per ottimizzare le loro operazioni e ridurre i rischi fiscali. #Ecommerce #FiscalitàDigitale #IVA #ComplianceFiscale #Imposte #NormativeUE #TassazioneInternazionale #OSS #Fisco #CommercioElettronico #FatturazioneElettronica #DirittoTributario #VenditeOnline
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