• E-commerce e tasse: cosa cambia con la vendita in EU e oltre

    Quando ho iniziato a vendere online, gestire le tasse era già una sfida. Ma espandere il mio e-commerce in Europa e oltre ha complicato ancora di più la situazione fiscale. Ho imparato che conoscere le regole specifiche per ogni paese è fondamentale per evitare sanzioni e ottimizzare i costi.

    Cosa cambia vendendo in Europa?
    Con l’entrata in vigore del regime OSS (One Stop Shop), ho potuto semplificare la dichiarazione dell’IVA sulle vendite cross-border all’interno dell’UE. Ora posso dichiarare e versare l’IVA in un unico Paese senza dover aprire partita IVA in ogni stato membro. Tuttavia, devo sempre rispettare le soglie di vendita e le aliquote IVA specifiche di ogni paese.

    Vendere oltre l’UE: cosa devo considerare?
    Vendere fuori dall’Unione Europea significa fare attenzione a:
    -Dogane e dazi all’importazione, che possono variare molto a seconda del paese
    -Regole fiscali e IVA locali, spesso complesse e differenti
    -Costi aggiuntivi per spedizioni internazionali e tempi di consegna più lunghi

    Come gestisco la fiscalità internazionale
    1. Studio le normative di ogni paese
    Per evitare errori, mi affido a consulenti fiscali specializzati o piattaforme software aggiornate.

    2. Calcolo l’IVA in modo accurato
    Uso sistemi che integrano le diverse aliquote in base alla destinazione della merce.

    3. Prevedo i costi doganali nel prezzo di vendita
    Così evito brutte sorprese ai clienti e garantisco trasparenza.

    4. Tengo traccia delle soglie di vendita
    Per non superare i limiti che obbligano a registrazioni fiscali locali.

    Espandere un e-commerce in Europa e oltre richiede una gestione fiscale attenta e aggiornata. Conoscere le regole e usare gli strumenti giusti è fondamentale per crescere senza rischi.

    #Ecommerce #Tasse #VenditeInternazionali #Fiscalità #ImpresaBiz #CommercioOnline
    E-commerce e tasse: cosa cambia con la vendita in EU e oltre Quando ho iniziato a vendere online, gestire le tasse era già una sfida. Ma espandere il mio e-commerce in Europa e oltre ha complicato ancora di più la situazione fiscale. Ho imparato che conoscere le regole specifiche per ogni paese è fondamentale per evitare sanzioni e ottimizzare i costi. 🌍 Cosa cambia vendendo in Europa? Con l’entrata in vigore del regime OSS (One Stop Shop), ho potuto semplificare la dichiarazione dell’IVA sulle vendite cross-border all’interno dell’UE. Ora posso dichiarare e versare l’IVA in un unico Paese senza dover aprire partita IVA in ogni stato membro. Tuttavia, devo sempre rispettare le soglie di vendita e le aliquote IVA specifiche di ogni paese. 🚀 Vendere oltre l’UE: cosa devo considerare? Vendere fuori dall’Unione Europea significa fare attenzione a: -Dogane e dazi all’importazione, che possono variare molto a seconda del paese -Regole fiscali e IVA locali, spesso complesse e differenti -Costi aggiuntivi per spedizioni internazionali e tempi di consegna più lunghi 🛠️ Come gestisco la fiscalità internazionale 1. Studio le normative di ogni paese Per evitare errori, mi affido a consulenti fiscali specializzati o piattaforme software aggiornate. 2. Calcolo l’IVA in modo accurato Uso sistemi che integrano le diverse aliquote in base alla destinazione della merce. 3. Prevedo i costi doganali nel prezzo di vendita Così evito brutte sorprese ai clienti e garantisco trasparenza. 4. Tengo traccia delle soglie di vendita Per non superare i limiti che obbligano a registrazioni fiscali locali. ✅Espandere un e-commerce in Europa e oltre richiede una gestione fiscale attenta e aggiornata. Conoscere le regole e usare gli strumenti giusti è fondamentale per crescere senza rischi. #Ecommerce #Tasse #VenditeInternazionali #Fiscalità #ImpresaBiz #CommercioOnline
    0 Commenti 0 Condivisioni 99 Viste 0 Recensioni
  • Web Tax e Digital Services Tax: cosa devono sapere le aziende italiane nel commercio online

    Nel 2025, il quadro fiscale internazionale continua a evolversi rapidamente, soprattutto per quanto riguarda la tassazione dell’economia digitale. Molte aziende italiane che operano online – anche PMI e startup – si trovano a dover fare i conti con Web Tax, Digital Services Tax e normative OCSE in continua definizione.

    Noi di impresa.biz siamo in prima linea nel supportare queste realtà, aiutandole a comprendere gli impatti concreti di queste norme, a tutelarsi da rischi fiscali e a cogliere le opportunità di una corretta pianificazione.

    Web Tax e Digital Services Tax: cosa sono e perché esistono
    Le cosiddette “Web Tax” sono nate come risposta all’esigenza, da parte dei governi, di tassare i profitti generati dalle multinazionali digitali in mercati in cui non hanno una presenza fisica ma realizzano comunque ricavi significativi.

    In Italia, è stata introdotta la Digital Services Tax (DST), un’imposta del 3% (in vigore, salvo modifiche, dal 2020) su:
    -Vendita di spazi pubblicitari online;
    -Fornitura di piattaforme digitali che favoriscono l’interazione tra utenti;
    -Trasmissione di dati raccolti da utenti in Italia.

    Ma riguarda solo i colossi del web?
    No, ed è qui che molte aziende italiane si sorprendono.
    Sebbene la DST italiana si applichi formalmente a gruppi con ricavi globali superiori a 750 milioni di euro (e 5,5 milioni da servizi digitali in Italia), molti altri Paesi europei stanno adottando versioni locali della web tax con soglie più basse, e spesso i marketplace o le piattaforme estere scaricano questi costi sulle imprese italiane che vi operano.

    Inoltre, con l’implementazione progressiva del Pillar 1 del BEPS 2.0, è probabile che anche aziende italiane con vendite digitali all’estero si troveranno a dover versare imposte in più Stati, in base alla localizzazione degli utenti.

    Cosa deve sapere (e fare) un’azienda italiana online nel 2025
    Noi di impresa.biz consigliamo a tutte le aziende che operano nel commercio elettronico o nei servizi digitali di porre particolare attenzione a questi aspetti:

    -Analizzare dove si trovano i propri utenti/clienti finali: i nuovi regimi fiscali guardano sempre di più alla “location dell’utente” per determinare dove tassare i ricavi.
    -Verificare l’esposizione alla DST in Italia e all’estero: anche se la propria azienda non supera le soglie, può essere coinvolta indirettamente, ad esempio attraverso commissioni applicate dai marketplace.
    -Gestire i contratti e la documentazione fiscale con precisione: la tracciabilità e la trasparenza sono fondamentali per evitare contestazioni.
    -Monitorare le novità normative in ogni Paese in cui si vendono prodotti o servizi: il rischio fiscale non riguarda solo l’Italia, ma ogni mercato digitale estero in cui l’azienda è attiva.

    Opportunità: il digitale cresce, ma serve preparazione
    Se da un lato queste nuove tasse rappresentano una maggiore complessità, dall’altro l’espansione dell’e-commerce e dei servizi digitali apre opportunità senza precedenti per le imprese italiane, a patto che la struttura fiscale sia solida e sostenibile.

    Noi di impresa.biz lavoriamo al fianco di imprese che vendono su marketplace, gestiscono e-commerce proprietari o offrono servizi digitali B2B e B2C, aiutandole a costruire modelli fiscali coerenti con l’evoluzione internazionale e con l’ecosistema digitale.

    La tua azienda opera nel digitale o vende online anche all’estero?
    Contattaci per una consulenza: evitiamo insieme rischi inutili e costi imprevisti.

    #WebTax #DigitalServicesTax #DSTItalia #CommercioOnline #Ecommerce2025 #FiscalitàDigitale #BEPS2 #ImpresaBiz #TassazioneDigitale #Marketplace #ConsulenzaFiscale

    Web Tax e Digital Services Tax: cosa devono sapere le aziende italiane nel commercio online Nel 2025, il quadro fiscale internazionale continua a evolversi rapidamente, soprattutto per quanto riguarda la tassazione dell’economia digitale. Molte aziende italiane che operano online – anche PMI e startup – si trovano a dover fare i conti con Web Tax, Digital Services Tax e normative OCSE in continua definizione. Noi di impresa.biz siamo in prima linea nel supportare queste realtà, aiutandole a comprendere gli impatti concreti di queste norme, a tutelarsi da rischi fiscali e a cogliere le opportunità di una corretta pianificazione. Web Tax e Digital Services Tax: cosa sono e perché esistono Le cosiddette “Web Tax” sono nate come risposta all’esigenza, da parte dei governi, di tassare i profitti generati dalle multinazionali digitali in mercati in cui non hanno una presenza fisica ma realizzano comunque ricavi significativi. In Italia, è stata introdotta la Digital Services Tax (DST), un’imposta del 3% (in vigore, salvo modifiche, dal 2020) su: -Vendita di spazi pubblicitari online; -Fornitura di piattaforme digitali che favoriscono l’interazione tra utenti; -Trasmissione di dati raccolti da utenti in Italia. Ma riguarda solo i colossi del web? No, ed è qui che molte aziende italiane si sorprendono. Sebbene la DST italiana si applichi formalmente a gruppi con ricavi globali superiori a 750 milioni di euro (e 5,5 milioni da servizi digitali in Italia), molti altri Paesi europei stanno adottando versioni locali della web tax con soglie più basse, e spesso i marketplace o le piattaforme estere scaricano questi costi sulle imprese italiane che vi operano. Inoltre, con l’implementazione progressiva del Pillar 1 del BEPS 2.0, è probabile che anche aziende italiane con vendite digitali all’estero si troveranno a dover versare imposte in più Stati, in base alla localizzazione degli utenti. Cosa deve sapere (e fare) un’azienda italiana online nel 2025 Noi di impresa.biz consigliamo a tutte le aziende che operano nel commercio elettronico o nei servizi digitali di porre particolare attenzione a questi aspetti: -Analizzare dove si trovano i propri utenti/clienti finali: i nuovi regimi fiscali guardano sempre di più alla “location dell’utente” per determinare dove tassare i ricavi. -Verificare l’esposizione alla DST in Italia e all’estero: anche se la propria azienda non supera le soglie, può essere coinvolta indirettamente, ad esempio attraverso commissioni applicate dai marketplace. -Gestire i contratti e la documentazione fiscale con precisione: la tracciabilità e la trasparenza sono fondamentali per evitare contestazioni. -Monitorare le novità normative in ogni Paese in cui si vendono prodotti o servizi: il rischio fiscale non riguarda solo l’Italia, ma ogni mercato digitale estero in cui l’azienda è attiva. Opportunità: il digitale cresce, ma serve preparazione Se da un lato queste nuove tasse rappresentano una maggiore complessità, dall’altro l’espansione dell’e-commerce e dei servizi digitali apre opportunità senza precedenti per le imprese italiane, a patto che la struttura fiscale sia solida e sostenibile. Noi di impresa.biz lavoriamo al fianco di imprese che vendono su marketplace, gestiscono e-commerce proprietari o offrono servizi digitali B2B e B2C, aiutandole a costruire modelli fiscali coerenti con l’evoluzione internazionale e con l’ecosistema digitale. 📌 La tua azienda opera nel digitale o vende online anche all’estero? Contattaci per una consulenza: evitiamo insieme rischi inutili e costi imprevisti. #WebTax #DigitalServicesTax #DSTItalia #CommercioOnline #Ecommerce2025 #FiscalitàDigitale #BEPS2 #ImpresaBiz #TassazioneDigitale #Marketplace #ConsulenzaFiscale
    0 Commenti 0 Condivisioni 405 Viste 0 Recensioni
Sponsorizzato
adv cerca