• Quando ho sbagliato target: come ho raddrizzato la rotta
    All’inizio della mia avventura con l’e-commerce ero convinto di sapere a chi mi rivolgevo. Avevo in mente un cliente ideale, lo vedevo chiaramente: giovane, urbano, appassionato di tecnologia. Avevo anche costruito tutto attorno a lui—la comunicazione, i prodotti, il tono di voce. Peccato che… non fosse il mio vero pubblico.

    Mi ci è voluto un po’ per accettarlo, ma ho scoperto che stavo sbagliando completamente target. E quel tipo di errore, quando lo fai online, si paga subito: in termini di click che non si trasformano in vendite, di campagne pubblicitarie che non performano, di carrelli abbandonati.

    I segnali che stavo puntando al pubblico sbagliato
    Il primo segnale? Le vendite basse nonostante il traffico. La gente arrivava sul sito, guardava, magari si iscriveva alla newsletter… e poi spariva. Ho pensato che fosse un problema di prezzo o di UX. In parte lo era, ma scavando meglio ho capito che la comunicazione non parlava davvero al tipo di cliente che comprava.

    Poi ho fatto qualcosa che avrei dovuto fare sin dall’inizio: ho analizzato chi stava veramente acquistando. Ho guardato età, zona geografica, comportamenti d’acquisto. E sorpresa: il mio pubblico non era il 25enne nerd, ma il 40enne pratico, che cercava soluzioni semplici, affidabili e con un buon servizio post-vendita.

    Come ho raddrizzato la rotta
    -Ho riscritto la comunicazione. Niente più slang giovanile, niente battute troppo tecniche. Ho puntato su un linguaggio più chiaro, rassicurante, concreto.
    -Ho rivisto il catalogo. Ho spinto i prodotti più richiesti da quel pubblico e messo in secondo piano quelli pensati per “l’altro target”.
    -Ho modificato le campagne adv. Targeting rivisto, nuovi interessi, nuove creatività. E i risultati si sono visti: più clic, più conversioni, più clienti soddisfatti.
    -Ho ascoltato di più. Ogni recensione, ogni email del servizio clienti è diventata un’occasione per capire meglio a chi mi stavo rivolgendo. E da lì ho continuato a migliorare.

    Cosa ho imparato
    Conoscere il proprio pubblico non è un esercizio teorico, è la base di tutto. Parlare alle persone giuste, con il messaggio giusto, cambia radicalmente i risultati. Se oggi il mio e-commerce funziona, è perché ho smesso di inseguire il cliente che volevo e ho iniziato a servire al meglio quello che avevo.

    #targetmarketing #ecommerce #venditeonline #erroridanonfare #customerjourney #strategiadigitale #marketingdigitale #esperienzautente #impresadigitale #impresaitaliana

    Quando ho sbagliato target: come ho raddrizzato la rotta All’inizio della mia avventura con l’e-commerce ero convinto di sapere a chi mi rivolgevo. Avevo in mente un cliente ideale, lo vedevo chiaramente: giovane, urbano, appassionato di tecnologia. Avevo anche costruito tutto attorno a lui—la comunicazione, i prodotti, il tono di voce. Peccato che… non fosse il mio vero pubblico. Mi ci è voluto un po’ per accettarlo, ma ho scoperto che stavo sbagliando completamente target. E quel tipo di errore, quando lo fai online, si paga subito: in termini di click che non si trasformano in vendite, di campagne pubblicitarie che non performano, di carrelli abbandonati. I segnali che stavo puntando al pubblico sbagliato Il primo segnale? Le vendite basse nonostante il traffico. La gente arrivava sul sito, guardava, magari si iscriveva alla newsletter… e poi spariva. Ho pensato che fosse un problema di prezzo o di UX. In parte lo era, ma scavando meglio ho capito che la comunicazione non parlava davvero al tipo di cliente che comprava. Poi ho fatto qualcosa che avrei dovuto fare sin dall’inizio: ho analizzato chi stava veramente acquistando. Ho guardato età, zona geografica, comportamenti d’acquisto. E sorpresa: il mio pubblico non era il 25enne nerd, ma il 40enne pratico, che cercava soluzioni semplici, affidabili e con un buon servizio post-vendita. Come ho raddrizzato la rotta -Ho riscritto la comunicazione. Niente più slang giovanile, niente battute troppo tecniche. Ho puntato su un linguaggio più chiaro, rassicurante, concreto. -Ho rivisto il catalogo. Ho spinto i prodotti più richiesti da quel pubblico e messo in secondo piano quelli pensati per “l’altro target”. -Ho modificato le campagne adv. Targeting rivisto, nuovi interessi, nuove creatività. E i risultati si sono visti: più clic, più conversioni, più clienti soddisfatti. -Ho ascoltato di più. Ogni recensione, ogni email del servizio clienti è diventata un’occasione per capire meglio a chi mi stavo rivolgendo. E da lì ho continuato a migliorare. Cosa ho imparato Conoscere il proprio pubblico non è un esercizio teorico, è la base di tutto. Parlare alle persone giuste, con il messaggio giusto, cambia radicalmente i risultati. Se oggi il mio e-commerce funziona, è perché ho smesso di inseguire il cliente che volevo e ho iniziato a servire al meglio quello che avevo. #targetmarketing #ecommerce #venditeonline #erroridanonfare #customerjourney #strategiadigitale #marketingdigitale #esperienzautente #impresadigitale #impresaitaliana
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  • Gli errori che mi sono costati tempo (e vendite) nel mio e-commerce
    Quando ho aperto il mio e-commerce, pensavo di avere tutto sotto controllo: un buon prodotto, un sito ben fatto, qualche campagna social. Ma la realtà, come spesso accade, è arrivata a mettermi alla prova. Oggi, col senno di poi, voglio condividere alcuni degli errori che mi sono costati tempo, soldi e soprattutto vendite. Magari possono servire a chi sta partendo adesso o a chi, come me, ha bisogno ogni tanto di fermarsi e rimettere a fuoco le priorità.

    1. Sottovalutare l’importanza delle schede prodotto
    All’inizio, ho riempito il sito di articoli con descrizioni brevi e generiche, convinto che “tanto la gente guarda le foto”. Sbagliato. Una descrizione ben scritta, chiara e ottimizzata per la SEO fa davvero la differenza. Non solo aiuta a posizionarsi meglio su Google, ma dà fiducia al cliente e riduce i resi.

    2. Ignorare l’analisi dei dati
    Mi ero concentrato sulle vendite, senza guardare cosa succedeva dietro le quinte: dove cliccavano gli utenti? Da dove arrivavano? Perché abbandonavano il carrello? Quando ho iniziato a usare strumenti come Google Analytics in modo serio, ho capito quante opportunità avevo perso.

    3. Non investire abbastanza nel servizio clienti
    Pensavo che una chat sul sito fosse un “di più”. Ho scoperto, invece, che un cliente che riceve una risposta veloce è un cliente che compra (e torna). A volte basta una risposta in più per salvare una vendita e trasformare un indeciso in un cliente soddisfatto.

    4. Trascurare la logistica
    I primi tempi gestivo tutto da solo: pacchi, spedizioni, resi. Il risultato? Ritardi, errori, clienti arrabbiati. Quando ho automatizzato parte della logistica e delegato ad un partner esterno, la qualità del servizio è salita e le recensioni positive pure.

    5. Voler fare tutto da solo
    Forse l’errore più grande: credevo di poter gestire tutto senza aiuti. In realtà, affidarsi a professionisti per il marketing, il copywriting o l’ottimizzazione del sito non è una spesa: è un investimento. Delegare mi ha permesso di concentrarmi su ciò che so fare meglio.

    Fare e-commerce non è solo vendere online: è costruire un’esperienza, capire il cliente, ottimizzare ogni fase del processo. Gli errori fanno parte del gioco, ma riconoscerli (e correggerli) è ciò che fa la differenza tra chi resiste e chi cresce davvero.

    #ecommerce #venditeonline #erroridanonfare #digitalmarketing #logistica #servizioclienti #imprenditoria #impresadigitale #esperienzautente #consiglidiecommerce
    Gli errori che mi sono costati tempo (e vendite) nel mio e-commerce Quando ho aperto il mio e-commerce, pensavo di avere tutto sotto controllo: un buon prodotto, un sito ben fatto, qualche campagna social. Ma la realtà, come spesso accade, è arrivata a mettermi alla prova. Oggi, col senno di poi, voglio condividere alcuni degli errori che mi sono costati tempo, soldi e soprattutto vendite. Magari possono servire a chi sta partendo adesso o a chi, come me, ha bisogno ogni tanto di fermarsi e rimettere a fuoco le priorità. 1. Sottovalutare l’importanza delle schede prodotto All’inizio, ho riempito il sito di articoli con descrizioni brevi e generiche, convinto che “tanto la gente guarda le foto”. Sbagliato. Una descrizione ben scritta, chiara e ottimizzata per la SEO fa davvero la differenza. Non solo aiuta a posizionarsi meglio su Google, ma dà fiducia al cliente e riduce i resi. 2. Ignorare l’analisi dei dati Mi ero concentrato sulle vendite, senza guardare cosa succedeva dietro le quinte: dove cliccavano gli utenti? Da dove arrivavano? Perché abbandonavano il carrello? Quando ho iniziato a usare strumenti come Google Analytics in modo serio, ho capito quante opportunità avevo perso. 3. Non investire abbastanza nel servizio clienti Pensavo che una chat sul sito fosse un “di più”. Ho scoperto, invece, che un cliente che riceve una risposta veloce è un cliente che compra (e torna). A volte basta una risposta in più per salvare una vendita e trasformare un indeciso in un cliente soddisfatto. 4. Trascurare la logistica I primi tempi gestivo tutto da solo: pacchi, spedizioni, resi. Il risultato? Ritardi, errori, clienti arrabbiati. Quando ho automatizzato parte della logistica e delegato ad un partner esterno, la qualità del servizio è salita e le recensioni positive pure. 5. Voler fare tutto da solo Forse l’errore più grande: credevo di poter gestire tutto senza aiuti. In realtà, affidarsi a professionisti per il marketing, il copywriting o l’ottimizzazione del sito non è una spesa: è un investimento. Delegare mi ha permesso di concentrarmi su ciò che so fare meglio. Fare e-commerce non è solo vendere online: è costruire un’esperienza, capire il cliente, ottimizzare ogni fase del processo. Gli errori fanno parte del gioco, ma riconoscerli (e correggerli) è ciò che fa la differenza tra chi resiste e chi cresce davvero. #ecommerce #venditeonline #erroridanonfare #digitalmarketing #logistica #servizioclienti #imprenditoria #impresadigitale #esperienzautente #consiglidiecommerce
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