Web Tax e Digital Services Tax: cosa devono sapere le aziende italiane nel commercio online
Nel 2025, il quadro fiscale internazionale continua a evolversi rapidamente, soprattutto per quanto riguarda la tassazione dell’economia digitale. Molte aziende italiane che operano online – anche PMI e startup – si trovano a dover fare i conti con Web Tax, Digital Services Tax e normative OCSE in continua definizione.
Noi di impresa.biz siamo in prima linea nel supportare queste realtà, aiutandole a comprendere gli impatti concreti di queste norme, a tutelarsi da rischi fiscali e a cogliere le opportunità di una corretta pianificazione.
Web Tax e Digital Services Tax: cosa sono e perché esistono
Le cosiddette “Web Tax” sono nate come risposta all’esigenza, da parte dei governi, di tassare i profitti generati dalle multinazionali digitali in mercati in cui non hanno una presenza fisica ma realizzano comunque ricavi significativi.
In Italia, è stata introdotta la Digital Services Tax (DST), un’imposta del 3% (in vigore, salvo modifiche, dal 2020) su:
-Vendita di spazi pubblicitari online;
-Fornitura di piattaforme digitali che favoriscono l’interazione tra utenti;
-Trasmissione di dati raccolti da utenti in Italia.
Ma riguarda solo i colossi del web?
No, ed è qui che molte aziende italiane si sorprendono.
Sebbene la DST italiana si applichi formalmente a gruppi con ricavi globali superiori a 750 milioni di euro (e 5,5 milioni da servizi digitali in Italia), molti altri Paesi europei stanno adottando versioni locali della web tax con soglie più basse, e spesso i marketplace o le piattaforme estere scaricano questi costi sulle imprese italiane che vi operano.
Inoltre, con l’implementazione progressiva del Pillar 1 del BEPS 2.0, è probabile che anche aziende italiane con vendite digitali all’estero si troveranno a dover versare imposte in più Stati, in base alla localizzazione degli utenti.
Cosa deve sapere (e fare) un’azienda italiana online nel 2025
Noi di impresa.biz consigliamo a tutte le aziende che operano nel commercio elettronico o nei servizi digitali di porre particolare attenzione a questi aspetti:
-Analizzare dove si trovano i propri utenti/clienti finali: i nuovi regimi fiscali guardano sempre di più alla “location dell’utente” per determinare dove tassare i ricavi.
-Verificare l’esposizione alla DST in Italia e all’estero: anche se la propria azienda non supera le soglie, può essere coinvolta indirettamente, ad esempio attraverso commissioni applicate dai marketplace.
-Gestire i contratti e la documentazione fiscale con precisione: la tracciabilità e la trasparenza sono fondamentali per evitare contestazioni.
-Monitorare le novità normative in ogni Paese in cui si vendono prodotti o servizi: il rischio fiscale non riguarda solo l’Italia, ma ogni mercato digitale estero in cui l’azienda è attiva.
Opportunità: il digitale cresce, ma serve preparazione
Se da un lato queste nuove tasse rappresentano una maggiore complessità, dall’altro l’espansione dell’e-commerce e dei servizi digitali apre opportunità senza precedenti per le imprese italiane, a patto che la struttura fiscale sia solida e sostenibile.
Noi di impresa.biz lavoriamo al fianco di imprese che vendono su marketplace, gestiscono e-commerce proprietari o offrono servizi digitali B2B e B2C, aiutandole a costruire modelli fiscali coerenti con l’evoluzione internazionale e con l’ecosistema digitale.
La tua azienda opera nel digitale o vende online anche all’estero?
Contattaci per una consulenza: evitiamo insieme rischi inutili e costi imprevisti.
#WebTax #DigitalServicesTax #DSTItalia #CommercioOnline #Ecommerce2025 #FiscalitàDigitale #BEPS2 #ImpresaBiz #TassazioneDigitale #Marketplace #ConsulenzaFiscale
Nel 2025, il quadro fiscale internazionale continua a evolversi rapidamente, soprattutto per quanto riguarda la tassazione dell’economia digitale. Molte aziende italiane che operano online – anche PMI e startup – si trovano a dover fare i conti con Web Tax, Digital Services Tax e normative OCSE in continua definizione.
Noi di impresa.biz siamo in prima linea nel supportare queste realtà, aiutandole a comprendere gli impatti concreti di queste norme, a tutelarsi da rischi fiscali e a cogliere le opportunità di una corretta pianificazione.
Web Tax e Digital Services Tax: cosa sono e perché esistono
Le cosiddette “Web Tax” sono nate come risposta all’esigenza, da parte dei governi, di tassare i profitti generati dalle multinazionali digitali in mercati in cui non hanno una presenza fisica ma realizzano comunque ricavi significativi.
In Italia, è stata introdotta la Digital Services Tax (DST), un’imposta del 3% (in vigore, salvo modifiche, dal 2020) su:
-Vendita di spazi pubblicitari online;
-Fornitura di piattaforme digitali che favoriscono l’interazione tra utenti;
-Trasmissione di dati raccolti da utenti in Italia.
Ma riguarda solo i colossi del web?
No, ed è qui che molte aziende italiane si sorprendono.
Sebbene la DST italiana si applichi formalmente a gruppi con ricavi globali superiori a 750 milioni di euro (e 5,5 milioni da servizi digitali in Italia), molti altri Paesi europei stanno adottando versioni locali della web tax con soglie più basse, e spesso i marketplace o le piattaforme estere scaricano questi costi sulle imprese italiane che vi operano.
Inoltre, con l’implementazione progressiva del Pillar 1 del BEPS 2.0, è probabile che anche aziende italiane con vendite digitali all’estero si troveranno a dover versare imposte in più Stati, in base alla localizzazione degli utenti.
Cosa deve sapere (e fare) un’azienda italiana online nel 2025
Noi di impresa.biz consigliamo a tutte le aziende che operano nel commercio elettronico o nei servizi digitali di porre particolare attenzione a questi aspetti:
-Analizzare dove si trovano i propri utenti/clienti finali: i nuovi regimi fiscali guardano sempre di più alla “location dell’utente” per determinare dove tassare i ricavi.
-Verificare l’esposizione alla DST in Italia e all’estero: anche se la propria azienda non supera le soglie, può essere coinvolta indirettamente, ad esempio attraverso commissioni applicate dai marketplace.
-Gestire i contratti e la documentazione fiscale con precisione: la tracciabilità e la trasparenza sono fondamentali per evitare contestazioni.
-Monitorare le novità normative in ogni Paese in cui si vendono prodotti o servizi: il rischio fiscale non riguarda solo l’Italia, ma ogni mercato digitale estero in cui l’azienda è attiva.
Opportunità: il digitale cresce, ma serve preparazione
Se da un lato queste nuove tasse rappresentano una maggiore complessità, dall’altro l’espansione dell’e-commerce e dei servizi digitali apre opportunità senza precedenti per le imprese italiane, a patto che la struttura fiscale sia solida e sostenibile.
Noi di impresa.biz lavoriamo al fianco di imprese che vendono su marketplace, gestiscono e-commerce proprietari o offrono servizi digitali B2B e B2C, aiutandole a costruire modelli fiscali coerenti con l’evoluzione internazionale e con l’ecosistema digitale.
La tua azienda opera nel digitale o vende online anche all’estero?
Contattaci per una consulenza: evitiamo insieme rischi inutili e costi imprevisti.
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Web Tax e Digital Services Tax: cosa devono sapere le aziende italiane nel commercio online
Nel 2025, il quadro fiscale internazionale continua a evolversi rapidamente, soprattutto per quanto riguarda la tassazione dell’economia digitale. Molte aziende italiane che operano online – anche PMI e startup – si trovano a dover fare i conti con Web Tax, Digital Services Tax e normative OCSE in continua definizione.
Noi di impresa.biz siamo in prima linea nel supportare queste realtà, aiutandole a comprendere gli impatti concreti di queste norme, a tutelarsi da rischi fiscali e a cogliere le opportunità di una corretta pianificazione.
Web Tax e Digital Services Tax: cosa sono e perché esistono
Le cosiddette “Web Tax” sono nate come risposta all’esigenza, da parte dei governi, di tassare i profitti generati dalle multinazionali digitali in mercati in cui non hanno una presenza fisica ma realizzano comunque ricavi significativi.
In Italia, è stata introdotta la Digital Services Tax (DST), un’imposta del 3% (in vigore, salvo modifiche, dal 2020) su:
-Vendita di spazi pubblicitari online;
-Fornitura di piattaforme digitali che favoriscono l’interazione tra utenti;
-Trasmissione di dati raccolti da utenti in Italia.
Ma riguarda solo i colossi del web?
No, ed è qui che molte aziende italiane si sorprendono.
Sebbene la DST italiana si applichi formalmente a gruppi con ricavi globali superiori a 750 milioni di euro (e 5,5 milioni da servizi digitali in Italia), molti altri Paesi europei stanno adottando versioni locali della web tax con soglie più basse, e spesso i marketplace o le piattaforme estere scaricano questi costi sulle imprese italiane che vi operano.
Inoltre, con l’implementazione progressiva del Pillar 1 del BEPS 2.0, è probabile che anche aziende italiane con vendite digitali all’estero si troveranno a dover versare imposte in più Stati, in base alla localizzazione degli utenti.
Cosa deve sapere (e fare) un’azienda italiana online nel 2025
Noi di impresa.biz consigliamo a tutte le aziende che operano nel commercio elettronico o nei servizi digitali di porre particolare attenzione a questi aspetti:
-Analizzare dove si trovano i propri utenti/clienti finali: i nuovi regimi fiscali guardano sempre di più alla “location dell’utente” per determinare dove tassare i ricavi.
-Verificare l’esposizione alla DST in Italia e all’estero: anche se la propria azienda non supera le soglie, può essere coinvolta indirettamente, ad esempio attraverso commissioni applicate dai marketplace.
-Gestire i contratti e la documentazione fiscale con precisione: la tracciabilità e la trasparenza sono fondamentali per evitare contestazioni.
-Monitorare le novità normative in ogni Paese in cui si vendono prodotti o servizi: il rischio fiscale non riguarda solo l’Italia, ma ogni mercato digitale estero in cui l’azienda è attiva.
Opportunità: il digitale cresce, ma serve preparazione
Se da un lato queste nuove tasse rappresentano una maggiore complessità, dall’altro l’espansione dell’e-commerce e dei servizi digitali apre opportunità senza precedenti per le imprese italiane, a patto che la struttura fiscale sia solida e sostenibile.
Noi di impresa.biz lavoriamo al fianco di imprese che vendono su marketplace, gestiscono e-commerce proprietari o offrono servizi digitali B2B e B2C, aiutandole a costruire modelli fiscali coerenti con l’evoluzione internazionale e con l’ecosistema digitale.
📌 La tua azienda opera nel digitale o vende online anche all’estero?
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