Gestione dell’hate online e della pressione mediatica – Quello che ho imparato
Quando ho iniziato a lavorare sui social, nessuno mi aveva preparata alla parte più dura di questo mondo: l’odio gratuito e la pressione costante di dover sempre dimostrare qualcosa. Essere presenti online ogni giorno, con sincerità e passione, non significa solo ispirare chi ti segue: significa anche esporsi, accettare di essere giudicati, fraintesi e – a volte – attaccati.
Quando l’hate colpisce
Sì, anche io ho ricevuto commenti pesanti. A volte sul mio aspetto, altre sulle mie scelte personali o professionali. E no, non ci si fa mai davvero l’abitudine. Anche se sai che quelle parole parlano più di chi le scrive che di te, fanno comunque male. All’inizio provavo a rispondere con calma, poi ho imparato a scegliere il silenzio. Non perché non avessi nulla da dire, ma perché non tutto merita la mia energia.
Pressione mediatica e perfezione forzata
Il mondo dei social richiede una versione sempre perfetta di noi. Sempre sorridenti, produttive, in forma, aggiornate. Ma la verità è che nessuno può essere tutto questo ogni giorno. E quando ti prendi una pausa, ti senti in colpa. Quando non posti, pensi di perdere terreno. Quando mostri una tua fragilità, temi di sembrare "debole".
E invece ho scoperto che l’unico modo per resistere è essere autentica. Più mi mostro vera, più mi sento libera. Anche a costo di non piacere a tutti.
🛡 Come gestisco l’hate oggi
1. Filtro i commenti: ho impostato parole chiave da bloccare. Non è censura, è protezione della mia salute mentale.
2. Rispondo solo a chi merita: distinguo le critiche costruttive dagli insulti. Le prime le ascolto. Le seconde le ignoro o le segnalo.
3. Parlo con le persone giuste: ho una rete di amiche, colleghi e professionisti con cui confronto le mie emozioni. Non tutto deve restare “in silenzio digitale”.
4. Mi prendo pause sane: disconnettermi ogni tanto è fondamentale. La vita vera ha il volume più alto dei commenti.
Il mio consiglio a chi vive lo stesso
Ricorda: non sei il tuo algoritmo, né il tuo engagement. Sei molto di più. Non lasciare che l’hate definisca chi sei. Le parole cattive fanno rumore, ma non devono avere potere su di te.
E se oggi ti senti sotto pressione, sappi che va bene fare un passo indietro. Va bene rallentare. Va bene non essere perfettə.
Essere veri è già abbastanza coraggioso.
#StopHateOnline #VulnerabilityIsStrength #MentalHealthMatters #RealNotPerfect #DigitalResilience #OnlinePressure #SelfLoveJourney #SocialMediaDetox #SiiVera #Parliamone
Quando ho iniziato a lavorare sui social, nessuno mi aveva preparata alla parte più dura di questo mondo: l’odio gratuito e la pressione costante di dover sempre dimostrare qualcosa. Essere presenti online ogni giorno, con sincerità e passione, non significa solo ispirare chi ti segue: significa anche esporsi, accettare di essere giudicati, fraintesi e – a volte – attaccati.
Quando l’hate colpisce
Sì, anche io ho ricevuto commenti pesanti. A volte sul mio aspetto, altre sulle mie scelte personali o professionali. E no, non ci si fa mai davvero l’abitudine. Anche se sai che quelle parole parlano più di chi le scrive che di te, fanno comunque male. All’inizio provavo a rispondere con calma, poi ho imparato a scegliere il silenzio. Non perché non avessi nulla da dire, ma perché non tutto merita la mia energia.
Pressione mediatica e perfezione forzata
Il mondo dei social richiede una versione sempre perfetta di noi. Sempre sorridenti, produttive, in forma, aggiornate. Ma la verità è che nessuno può essere tutto questo ogni giorno. E quando ti prendi una pausa, ti senti in colpa. Quando non posti, pensi di perdere terreno. Quando mostri una tua fragilità, temi di sembrare "debole".
E invece ho scoperto che l’unico modo per resistere è essere autentica. Più mi mostro vera, più mi sento libera. Anche a costo di non piacere a tutti.
🛡 Come gestisco l’hate oggi
1. Filtro i commenti: ho impostato parole chiave da bloccare. Non è censura, è protezione della mia salute mentale.
2. Rispondo solo a chi merita: distinguo le critiche costruttive dagli insulti. Le prime le ascolto. Le seconde le ignoro o le segnalo.
3. Parlo con le persone giuste: ho una rete di amiche, colleghi e professionisti con cui confronto le mie emozioni. Non tutto deve restare “in silenzio digitale”.
4. Mi prendo pause sane: disconnettermi ogni tanto è fondamentale. La vita vera ha il volume più alto dei commenti.
Il mio consiglio a chi vive lo stesso
Ricorda: non sei il tuo algoritmo, né il tuo engagement. Sei molto di più. Non lasciare che l’hate definisca chi sei. Le parole cattive fanno rumore, ma non devono avere potere su di te.
E se oggi ti senti sotto pressione, sappi che va bene fare un passo indietro. Va bene rallentare. Va bene non essere perfettə.
Essere veri è già abbastanza coraggioso.
#StopHateOnline #VulnerabilityIsStrength #MentalHealthMatters #RealNotPerfect #DigitalResilience #OnlinePressure #SelfLoveJourney #SocialMediaDetox #SiiVera #Parliamone
💬 Gestione dell’hate online e della pressione mediatica – Quello che ho imparato
Quando ho iniziato a lavorare sui social, nessuno mi aveva preparata alla parte più dura di questo mondo: l’odio gratuito e la pressione costante di dover sempre dimostrare qualcosa. Essere presenti online ogni giorno, con sincerità e passione, non significa solo ispirare chi ti segue: significa anche esporsi, accettare di essere giudicati, fraintesi e – a volte – attaccati.
🔥 Quando l’hate colpisce
Sì, anche io ho ricevuto commenti pesanti. A volte sul mio aspetto, altre sulle mie scelte personali o professionali. E no, non ci si fa mai davvero l’abitudine. Anche se sai che quelle parole parlano più di chi le scrive che di te, fanno comunque male. All’inizio provavo a rispondere con calma, poi ho imparato a scegliere il silenzio. Non perché non avessi nulla da dire, ma perché non tutto merita la mia energia.
🎯 Pressione mediatica e perfezione forzata
Il mondo dei social richiede una versione sempre perfetta di noi. Sempre sorridenti, produttive, in forma, aggiornate. Ma la verità è che nessuno può essere tutto questo ogni giorno. E quando ti prendi una pausa, ti senti in colpa. Quando non posti, pensi di perdere terreno. Quando mostri una tua fragilità, temi di sembrare "debole".
E invece ho scoperto che l’unico modo per resistere è essere autentica. Più mi mostro vera, più mi sento libera. Anche a costo di non piacere a tutti.
🛡 Come gestisco l’hate oggi
1. Filtro i commenti: ho impostato parole chiave da bloccare. Non è censura, è protezione della mia salute mentale.
2. Rispondo solo a chi merita: distinguo le critiche costruttive dagli insulti. Le prime le ascolto. Le seconde le ignoro o le segnalo.
3. Parlo con le persone giuste: ho una rete di amiche, colleghi e professionisti con cui confronto le mie emozioni. Non tutto deve restare “in silenzio digitale”.
4. Mi prendo pause sane: disconnettermi ogni tanto è fondamentale. La vita vera ha il volume più alto dei commenti.
🌿 Il mio consiglio a chi vive lo stesso
Ricorda: non sei il tuo algoritmo, né il tuo engagement. Sei molto di più. Non lasciare che l’hate definisca chi sei. Le parole cattive fanno rumore, ma non devono avere potere su di te.
E se oggi ti senti sotto pressione, sappi che va bene fare un passo indietro. Va bene rallentare. Va bene non essere perfettə.
Essere veri è già abbastanza coraggioso.
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