• Come ho iniziato a lavorare con brand esteri (e cosa cambia davvero)

    Lavorare con brand internazionali è sempre stato uno dei miei obiettivi. Non tanto per “fare il salto”, ma perché sentivo il bisogno di mettermi alla prova in un contesto più ampio, più sfidante. Il primo contatto con un brand estero è arrivato in modo abbastanza inaspettato… e da lì le cose sono cambiate parecchio.

    1. Il primo passo: farsi trovare pronti (anche senza cercare)
    Il primo brand straniero mi ha trovato tramite Instagram. Avevo da poco iniziato a pubblicare contenuti in doppia lingua (italiano/inglese) e avevo ottimizzato il mio media kit. Quello che ho capito è che devi farti trovare preparato prima ancora che arrivi l’occasione.

    Traduzione: profilo professionale, contenuti curati, una bio chiara, e soprattutto un’identità coerente. Non servono milioni di follower, serve credibilità.

    2. Cosa cambia davvero nel lavorare con l’estero
    La prima differenza che ho notato? Il livello di organizzazione. I brief sono più dettagliati, le scadenze più rigide, e spesso ci sono NDA da firmare. È tutto molto strutturato, ma anche molto professionale.

    Inoltre, le aspettative sono alte, ma è più facile ricevere feedback chiari e contratti formali. Questo per me è stato un vantaggio: ho imparato a dare ancora più valore al mio lavoro, anche in termini economici.

    3. Comunicazione e cultura: serve flessibilità
    Lavorare con un brand americano non è come lavorare con uno tedesco o francese. Ogni mercato ha il suo tono, il suo modo di comunicare e promuovere. Ho dovuto imparare a calibrare il mio linguaggio e lo stile dei contenuti per adattarmi al target del brand.

    E sì, a volte ci sono incomprensioni linguistiche o culturali. Ma con pazienza (e un buon inglese) si superano.

    4. La questione pagamenti e burocrazia
    Un punto da non sottovalutare è quello fiscale. Collaborare con aziende fuori dall’Unione Europea richiede un minimo di attenzione in più: dichiarazioni fiscali, fatturazione estera, contratti in valuta diversa.

    Io ho iniziato a farmi supportare da un commercialista con esperienza in collaborazioni internazionali. Meglio investire in assistenza che commettere errori costosi.

    5. Cosa ho imparato
    Più che una semplice collaborazione, ogni esperienza con un brand internazionale è stata un momento di crescita. Ho migliorato la mia gestione del tempo, la capacità di negoziare, e anche la mia creatività (spesso i progetti sono più stimolanti).

    Ma la cosa più bella? Sapere che quello che faccio può parlare a un pubblico globale, senza dover snaturare me stessa.

    Lavorare con brand esteri non è solo una “bella vetrina”, è un percorso che richiede preparazione, flessibilità e tanta professionalità. Ma se ci arrivi con la giusta mentalità, può aprirti porte che non pensavi nemmeno di poter raggiungere.

    #CollaborazioniInternazionali #InfluencerMarketing #CreatorLife #LavorareOnline #BrandCollaboration #DigitalCareer #ConsigliPerCreator #FreelanceLife #PersonalBranding
    Come ho iniziato a lavorare con brand esteri (e cosa cambia davvero) Lavorare con brand internazionali è sempre stato uno dei miei obiettivi. Non tanto per “fare il salto”, ma perché sentivo il bisogno di mettermi alla prova in un contesto più ampio, più sfidante. Il primo contatto con un brand estero è arrivato in modo abbastanza inaspettato… e da lì le cose sono cambiate parecchio. 1. Il primo passo: farsi trovare pronti (anche senza cercare) Il primo brand straniero mi ha trovato tramite Instagram. Avevo da poco iniziato a pubblicare contenuti in doppia lingua (italiano/inglese) e avevo ottimizzato il mio media kit. Quello che ho capito è che devi farti trovare preparato prima ancora che arrivi l’occasione. Traduzione: profilo professionale, contenuti curati, una bio chiara, e soprattutto un’identità coerente. Non servono milioni di follower, serve credibilità. 2. Cosa cambia davvero nel lavorare con l’estero La prima differenza che ho notato? Il livello di organizzazione. I brief sono più dettagliati, le scadenze più rigide, e spesso ci sono NDA da firmare. È tutto molto strutturato, ma anche molto professionale. Inoltre, le aspettative sono alte, ma è più facile ricevere feedback chiari e contratti formali. Questo per me è stato un vantaggio: ho imparato a dare ancora più valore al mio lavoro, anche in termini economici. 3. Comunicazione e cultura: serve flessibilità Lavorare con un brand americano non è come lavorare con uno tedesco o francese. Ogni mercato ha il suo tono, il suo modo di comunicare e promuovere. Ho dovuto imparare a calibrare il mio linguaggio e lo stile dei contenuti per adattarmi al target del brand. E sì, a volte ci sono incomprensioni linguistiche o culturali. Ma con pazienza (e un buon inglese) si superano. 4. La questione pagamenti e burocrazia Un punto da non sottovalutare è quello fiscale. Collaborare con aziende fuori dall’Unione Europea richiede un minimo di attenzione in più: dichiarazioni fiscali, fatturazione estera, contratti in valuta diversa. Io ho iniziato a farmi supportare da un commercialista con esperienza in collaborazioni internazionali. Meglio investire in assistenza che commettere errori costosi. 5. Cosa ho imparato Più che una semplice collaborazione, ogni esperienza con un brand internazionale è stata un momento di crescita. Ho migliorato la mia gestione del tempo, la capacità di negoziare, e anche la mia creatività (spesso i progetti sono più stimolanti). Ma la cosa più bella? Sapere che quello che faccio può parlare a un pubblico globale, senza dover snaturare me stessa. Lavorare con brand esteri non è solo una “bella vetrina”, è un percorso che richiede preparazione, flessibilità e tanta professionalità. Ma se ci arrivi con la giusta mentalità, può aprirti porte che non pensavi nemmeno di poter raggiungere. #CollaborazioniInternazionali #InfluencerMarketing #CreatorLife #LavorareOnline #BrandCollaboration #DigitalCareer #ConsigliPerCreator #FreelanceLife #PersonalBranding
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