• Giovani e lavoro: perché sempre più talenti italiani cercano all’estero

    Negli ultimi anni, è diventato sempre più evidente un fenomeno che, purtroppo, non è più solo una “tendenza”: i giovani talenti italiani stanno cercando lavoro all’estero in numero crescente. Un fenomeno che ha radici profonde, ma che oggi assume connotazioni ancora più marcate, a causa delle incertezze economiche e professionali in Italia.

    In impresa.biz abbiamo seguito questo processo da vicino, parlando con imprenditori e giovani professionisti, cercando di capire le motivazioni di questo esodo e, soprattutto, cosa significa per il futuro del nostro Paese.

    1. L’incertezza economica e la ricerca di opportunità
    Non è una novità che l’Italia abbia attraversato periodi di crisi, ma oggi i giovani si trovano a fare i conti con una situazione che, purtroppo, non sembra migliorare. L’incertezza economica e la difficoltà di accesso al mercato del lavoro sono fattori che spingono molti giovani a guardare altrove.
    -Contratti precari, salari bassi e prospettive poco allettanti per chi vuole costruire una carriera stabile.
    -Settori come tecnologia, ricerca e sviluppo, e-commerce sono fortemente richiesti in mercati esteri dove le opportunità, almeno a livello salariale, sono più ampie.
    -La disoccupazione giovanile in Italia è ancora troppo alta rispetto agli altri Paesi europei, e questo crea frustrazione tra chi ha studiato e acquisito competenze.

    2. L’appeal dei Paesi europei e non solo
    Molti giovani italiani si rivolgono a Paesi europei, come Germania, Francia, Paesi Bassi e Regno Unito, ma la ricerca di opportunità non si limita più all’Europa. Stiamo assistendo a un fenomeno crescente di emigrazione verso l’Asia (in particolare verso Paesi come Singapore e Hong Kong) e persino verso gli Stati Uniti e il Canada, dove l'innovazione tecnologica è più consolidata.
    -Ambiente internazionale e dinamico: in queste realtà, i giovani professionisti possono lavorare in contesti stimolanti e multietnici, dove l’inclusività e la meritocrazia sono valorizzate.
    -Migliori opportunità di crescita: i percorsi di carriera all’estero, soprattutto in ambito digitale, sono spesso più strutturati e offrono un accesso più diretto alle risorse, sia economiche che formative.
    -Stipendi più alti: un aspetto che non possiamo ignorare è il divario salariale che esiste tra l’Italia e i Paesi esteri, che in molti casi rende più interessante trasferirsi.

    3. La ricerca di un equilibrio tra lavoro e vita privata
    Un altro fattore che spinge i giovani italiani a cercare lavoro all’estero è il desiderio di un equilibrio migliore tra lavoro e vita privata. Paesi come la Svezia, la Danimarca e i Paesi Bassi sono da sempre considerati esempi di well-being lavorativo, grazie a politiche che favoriscono il lavoro flessibile, il lavoro remoto e il congedo parentale.
    -Orari di lavoro più ragionevoli, maggiore attenzione alla salute mentale e alla qualità della vita.
    -Aree in cui il lavoro agile è ormai la norma e dove gli spazi lavorativi sono pensati per migliorare la produttività senza sacrificare il benessere.

    4. La ricerca di nuove esperienze e sfide
    Per molti giovani italiani, trasferirsi all’estero non significa solo una questione di salario o di stabilità economica. C’è una forte motivazione legata alla crescita personale e alla voglia di vivere esperienze diverse. L'Italia è un Paese che offre molto in termini di storia, cultura e tradizioni, ma dal punto di vista lavorativo, a volte non sa rispondere alle ambizioni di chi vuole fare un salto più grande.
    -I giovani cercano ambienti stimolanti, dove possano mettere alla prova le proprie competenze, apprendere nuove metodologie di lavoro e crescere professionalmente.
    -Networking internazionale e progetti innovativi sono opportunità che all’estero sono spesso a portata di mano, mentre in Italia le opportunità in alcuni settori restano più limitate.

    5. Il ruolo della tecnologia e del lavoro remoto
    Infine, c’è un altro elemento fondamentale che sta facilitando l’emigrazione dei talenti italiani: la tecnologia e il lavoro remoto. La pandemia ha accelerato la digitalizzazione e ha mostrato che non è più necessario essere fisicamente in un determinato Paese per lavorare per un’azienda internazionale.
    -I giovani professionisti possono oggi lavorare da qualsiasi parte del mondo per aziende estere, scegliendo i luoghi che rispondono meglio alle loro esigenze.
    -Il remote working ha creato nuove opportunità di carriera, che prima non sarebbero state possibili.

    La crescente emigrazione dei talenti italiani all’estero non è solo una fuga da difficoltà economiche o da mancanza di opportunità in patria. Si tratta di una ricerca di migliori condizioni lavorative, di crescita professionale e di un equilibrio tra vita e lavoro che molti Paesi, purtroppo, non sono ancora in grado di offrire.

    Noi di impresa.biz siamo convinti che il futuro dell'Italia dipenda anche dalla capacità di trattenere i giovani talenti. L’emigrazione è una risorsa in termini di networking globale, ma la vera sfida è rendere il nostro Paese più competitivo, dinamico e capace di offrire opportunità che non costringano più i giovani a cercarle altrove.

    #lavoro #giovaniitaliani #emigrazione #talentiitaliani #lavoroallestero #futurolavoro #remoteworking #futurodigitale #impresa

    Giovani e lavoro: perché sempre più talenti italiani cercano all’estero Negli ultimi anni, è diventato sempre più evidente un fenomeno che, purtroppo, non è più solo una “tendenza”: i giovani talenti italiani stanno cercando lavoro all’estero in numero crescente. Un fenomeno che ha radici profonde, ma che oggi assume connotazioni ancora più marcate, a causa delle incertezze economiche e professionali in Italia. In impresa.biz abbiamo seguito questo processo da vicino, parlando con imprenditori e giovani professionisti, cercando di capire le motivazioni di questo esodo e, soprattutto, cosa significa per il futuro del nostro Paese. 1. L’incertezza economica e la ricerca di opportunità Non è una novità che l’Italia abbia attraversato periodi di crisi, ma oggi i giovani si trovano a fare i conti con una situazione che, purtroppo, non sembra migliorare. L’incertezza economica e la difficoltà di accesso al mercato del lavoro sono fattori che spingono molti giovani a guardare altrove. -Contratti precari, salari bassi e prospettive poco allettanti per chi vuole costruire una carriera stabile. -Settori come tecnologia, ricerca e sviluppo, e-commerce sono fortemente richiesti in mercati esteri dove le opportunità, almeno a livello salariale, sono più ampie. -La disoccupazione giovanile in Italia è ancora troppo alta rispetto agli altri Paesi europei, e questo crea frustrazione tra chi ha studiato e acquisito competenze. 2. L’appeal dei Paesi europei e non solo Molti giovani italiani si rivolgono a Paesi europei, come Germania, Francia, Paesi Bassi e Regno Unito, ma la ricerca di opportunità non si limita più all’Europa. Stiamo assistendo a un fenomeno crescente di emigrazione verso l’Asia (in particolare verso Paesi come Singapore e Hong Kong) e persino verso gli Stati Uniti e il Canada, dove l'innovazione tecnologica è più consolidata. -Ambiente internazionale e dinamico: in queste realtà, i giovani professionisti possono lavorare in contesti stimolanti e multietnici, dove l’inclusività e la meritocrazia sono valorizzate. -Migliori opportunità di crescita: i percorsi di carriera all’estero, soprattutto in ambito digitale, sono spesso più strutturati e offrono un accesso più diretto alle risorse, sia economiche che formative. -Stipendi più alti: un aspetto che non possiamo ignorare è il divario salariale che esiste tra l’Italia e i Paesi esteri, che in molti casi rende più interessante trasferirsi. 3. La ricerca di un equilibrio tra lavoro e vita privata Un altro fattore che spinge i giovani italiani a cercare lavoro all’estero è il desiderio di un equilibrio migliore tra lavoro e vita privata. Paesi come la Svezia, la Danimarca e i Paesi Bassi sono da sempre considerati esempi di well-being lavorativo, grazie a politiche che favoriscono il lavoro flessibile, il lavoro remoto e il congedo parentale. -Orari di lavoro più ragionevoli, maggiore attenzione alla salute mentale e alla qualità della vita. -Aree in cui il lavoro agile è ormai la norma e dove gli spazi lavorativi sono pensati per migliorare la produttività senza sacrificare il benessere. 4. La ricerca di nuove esperienze e sfide Per molti giovani italiani, trasferirsi all’estero non significa solo una questione di salario o di stabilità economica. C’è una forte motivazione legata alla crescita personale e alla voglia di vivere esperienze diverse. L'Italia è un Paese che offre molto in termini di storia, cultura e tradizioni, ma dal punto di vista lavorativo, a volte non sa rispondere alle ambizioni di chi vuole fare un salto più grande. -I giovani cercano ambienti stimolanti, dove possano mettere alla prova le proprie competenze, apprendere nuove metodologie di lavoro e crescere professionalmente. -Networking internazionale e progetti innovativi sono opportunità che all’estero sono spesso a portata di mano, mentre in Italia le opportunità in alcuni settori restano più limitate. 5. Il ruolo della tecnologia e del lavoro remoto Infine, c’è un altro elemento fondamentale che sta facilitando l’emigrazione dei talenti italiani: la tecnologia e il lavoro remoto. La pandemia ha accelerato la digitalizzazione e ha mostrato che non è più necessario essere fisicamente in un determinato Paese per lavorare per un’azienda internazionale. -I giovani professionisti possono oggi lavorare da qualsiasi parte del mondo per aziende estere, scegliendo i luoghi che rispondono meglio alle loro esigenze. -Il remote working ha creato nuove opportunità di carriera, che prima non sarebbero state possibili. La crescente emigrazione dei talenti italiani all’estero non è solo una fuga da difficoltà economiche o da mancanza di opportunità in patria. Si tratta di una ricerca di migliori condizioni lavorative, di crescita professionale e di un equilibrio tra vita e lavoro che molti Paesi, purtroppo, non sono ancora in grado di offrire. Noi di impresa.biz siamo convinti che il futuro dell'Italia dipenda anche dalla capacità di trattenere i giovani talenti. L’emigrazione è una risorsa in termini di networking globale, ma la vera sfida è rendere il nostro Paese più competitivo, dinamico e capace di offrire opportunità che non costringano più i giovani a cercarle altrove. #lavoro #giovaniitaliani #emigrazione #talentiitaliani #lavoroallestero #futurolavoro #remoteworking #futurodigitale #impresa
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  • Non solo Delaware: cosa valutare prima di “espatriare” il business

    Negli ultimi anni è diventato quasi di moda parlare di società estere.
    “Apri una LTD a Londra, paghi meno tasse!”
    “Meglio una LLC in Delaware!”
    “Mettiti in Estonia, è tutto digitale!”
    Sì, ma non è così semplice né sempre conveniente.
    Costituire una società fuori dall’Italia può offrire vantaggi reali, ma porta anche rischi legali e fiscali molto concreti, soprattutto se il centro dell’attività rimane in Italia.
    Vediamo allora cosa c’è davvero da sapere prima di aprire una società estera.

    1. Non basta aprire una società all’estero per “trasferire” il business
    Uno degli errori più diffusi è pensare che basti registrare una LTD o LLC in un altro Paese per spostare la fiscalità.

    Sbagliato: conta dove si svolge l’attività, non solo dove sta la sede legale.

    Secondo la normativa italiana (e OCSE), il concetto chiave è la residenza fiscale effettiva:

    Se la gestione effettiva, i clienti, i fornitori o i soci sono in Italia, l’impresa può essere considerata fiscalmente residente in Italia, anche se formalmente estera.

    Conseguenza? Tassazione integrale in Italia + rischio di accertamenti per esterovestizione.

    2. Cos’è l’esterovestizione (e perché è il vero pericolo)
    Esterovestizione = simulazione di residenza estera per ottenere un vantaggio fiscale.

    Per l’Agenzia delle Entrate, i segnali di allarme sono:
    -I soci o amministratori sono italiani (o residenti)
    -L’amministrazione avviene in Italia
    -Il business è rivolto principalmente al mercato italiano
    -I contratti, i conti bancari, i dipendenti sono italiani

    Se scatta l’accertamento:
    -Tassazione in Italia retroattiva
    -Sanzioni dal 100% al 200% delle imposte evase
    -Responsabilità penale in alcuni casi

    3. Quando ha senso aprire una società estera?
    Detto questo, ci sono situazioni in cui una società estera è perfettamente legittima e vantaggiosa, ad esempio:

    Hai un’attività internazionale con clienti e fornitori all’estero
    Sei realmente trasferito all’estero e non operi più dall’Italia
    Hai partner stranieri o progetti in mercati extra-UE
    Vuoi una struttura societaria flessibile (es. USA, UK, Emirati, Estonia…)

    Ma anche in questi casi: serve progettazione legale e fiscale, altrimenti i rischi restano.

    4. Paesi più usati (e cosa sapere)
    USA – Delaware / Wyoming
    -Costi bassi, privacy societaria, flessibilità
    -Ottimo per startup tech o investimenti USA
    -Non evita tasse italiane se operi da qui

    UK – LTD
    -Facile e veloce da costituire
    -Dalla Brexit in poi: serve attenzione su dogana e IVA
    -Rischi alti se sei fisicamente in Italia

    Estonia – e-Residency
    -Digital-first, utile per servizi digitali
    -Richiede reale gestione estera per essere vantaggiosa
    -Non è una scorciatoia fiscale

    Emirati Arabi (Dubai)
    -Zero imposte societarie, ma costi di gestione elevati
    -Richiede presenza fisica, residenza o sponsor locale
    -Attira molti “expat fiscali”, ma l’Agenzia delle Entrate osserva con attenzione

    5. Fisco italiano e controlli: cosa monitorano?
    -Doppia residenza fiscale: se hai una società estera e vivi in Italia, può scattare l’imponibilità totale in Italia
    -Trasferimenti non dichiarati di asset, conti, proprietà
    -Operazioni infragruppo non giustificate (es. royalties, servizi tra società collegate)
    -Utilizzo di banche estere senza monitoraggio fiscale (quadro RW)

    In sintesi: estero sì, ma con metodo e consapevolezza
    Aprire una società all’estero può essere una scelta intelligente e strategica, ma non deve essere una furbata mal fatta.

    Se:
    -Operi ancora in Italia
    -Non hai un progetto internazionale reale
    -Non segui i passaggi legali e fiscali corretti

    rischi più costi, più tasse e un’indagine fiscale. Non proprio l’ottimizzazione che avevi in mente.

    6. Cosa fare prima di aprire una società estera?
    Valutazione con un consulente esperto in fiscalità internazionale
    Pianificare la struttura societaria (holding, partner, residenza amministrativa)
    Controllare gli obblighi di monitoraggio fiscale (RW, CFC, transfer pricing)
    Dialogare con il commercialista prima, non dopo

    #societàestera #fiscalitàinternazionale #esterovestizione #PMIglobali #startupexport #partitaIVA #emigrazionefiscale #consulenzafiscale #residenzafiscale #businessallestero #internationaltax #aziendeitaliane
    Non solo Delaware: cosa valutare prima di “espatriare” il business Negli ultimi anni è diventato quasi di moda parlare di società estere. “Apri una LTD a Londra, paghi meno tasse!” “Meglio una LLC in Delaware!” “Mettiti in Estonia, è tutto digitale!” Sì, ma non è così semplice né sempre conveniente. Costituire una società fuori dall’Italia può offrire vantaggi reali, ma porta anche rischi legali e fiscali molto concreti, soprattutto se il centro dell’attività rimane in Italia. Vediamo allora cosa c’è davvero da sapere prima di aprire una società estera. 🧭 1. Non basta aprire una società all’estero per “trasferire” il business Uno degli errori più diffusi è pensare che basti registrare una LTD o LLC in un altro Paese per spostare la fiscalità. ⚠️ Sbagliato: conta dove si svolge l’attività, non solo dove sta la sede legale. Secondo la normativa italiana (e OCSE), il concetto chiave è la residenza fiscale effettiva: Se la gestione effettiva, i clienti, i fornitori o i soci sono in Italia, l’impresa può essere considerata fiscalmente residente in Italia, anche se formalmente estera. 👉 Conseguenza? Tassazione integrale in Italia + rischio di accertamenti per esterovestizione. ⚖️ 2. Cos’è l’esterovestizione (e perché è il vero pericolo) Esterovestizione = simulazione di residenza estera per ottenere un vantaggio fiscale. 📌 Per l’Agenzia delle Entrate, i segnali di allarme sono: -I soci o amministratori sono italiani (o residenti) -L’amministrazione avviene in Italia -Il business è rivolto principalmente al mercato italiano -I contratti, i conti bancari, i dipendenti sono italiani Se scatta l’accertamento: -Tassazione in Italia retroattiva -Sanzioni dal 100% al 200% delle imposte evase -Responsabilità penale in alcuni casi 🌍 3. Quando ha senso aprire una società estera? Detto questo, ci sono situazioni in cui una società estera è perfettamente legittima e vantaggiosa, ad esempio: ✅ Hai un’attività internazionale con clienti e fornitori all’estero ✅ Sei realmente trasferito all’estero e non operi più dall’Italia ✅ Hai partner stranieri o progetti in mercati extra-UE ✅ Vuoi una struttura societaria flessibile (es. USA, UK, Emirati, Estonia…) 💡 Ma anche in questi casi: serve progettazione legale e fiscale, altrimenti i rischi restano. 📋 4. Paesi più usati (e cosa sapere) 🇺🇸 USA – Delaware / Wyoming -Costi bassi, privacy societaria, flessibilità -Ottimo per startup tech o investimenti USA -Non evita tasse italiane se operi da qui 🇬🇧 UK – LTD -Facile e veloce da costituire -Dalla Brexit in poi: serve attenzione su dogana e IVA -Rischi alti se sei fisicamente in Italia 🇪🇪 Estonia – e-Residency -Digital-first, utile per servizi digitali -Richiede reale gestione estera per essere vantaggiosa -Non è una scorciatoia fiscale 🇦🇪 Emirati Arabi (Dubai) -Zero imposte societarie, ma costi di gestione elevati -Richiede presenza fisica, residenza o sponsor locale -Attira molti “expat fiscali”, ma l’Agenzia delle Entrate osserva con attenzione 🧾 5. Fisco italiano e controlli: cosa monitorano? -Doppia residenza fiscale: se hai una società estera e vivi in Italia, può scattare l’imponibilità totale in Italia -Trasferimenti non dichiarati di asset, conti, proprietà -Operazioni infragruppo non giustificate (es. royalties, servizi tra società collegate) -Utilizzo di banche estere senza monitoraggio fiscale (quadro RW) 📌 In sintesi: estero sì, ma con metodo e consapevolezza Aprire una società all’estero può essere una scelta intelligente e strategica, ma non deve essere una furbata mal fatta. Se: -Operi ancora in Italia -Non hai un progetto internazionale reale -Non segui i passaggi legali e fiscali corretti 👉 rischi più costi, più tasse e un’indagine fiscale. Non proprio l’ottimizzazione che avevi in mente. 🔐 6. Cosa fare prima di aprire una società estera? 🔍 Valutazione con un consulente esperto in fiscalità internazionale 📁 Pianificare la struttura societaria (holding, partner, residenza amministrativa) 📑 Controllare gli obblighi di monitoraggio fiscale (RW, CFC, transfer pricing) 💬 Dialogare con il commercialista prima, non dopo #societàestera #fiscalitàinternazionale #esterovestizione #PMIglobali #startupexport #partitaIVA #emigrazionefiscale #consulenzafiscale #residenzafiscale #businessallestero #internationaltax #aziendeitaliane
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