• Antiriciclaggio: obblighi per aziende e professionisti
    Nel contesto economico e normativo attuale, essere informati e preparati in materia di antiriciclaggio non è più un'opzione, ma un dovere. Come imprenditore o professionista, ho imparato che non basta concentrarsi sul proprio core business: bisogna anche conoscere le normative che regolano il nostro operato, soprattutto quando si tratta di prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo.

    Un obbligo normativo, non solo etico
    Il quadro normativo di riferimento è rappresentato principalmente dal D.Lgs. 231/2007, modificato e integrato nel tempo per recepire le direttive europee (tra cui la IV e la V Direttiva Antiriciclaggio). Questo decreto impone una serie di obblighi a carico di soggetti specifici, tra cui:
    -Banche e intermediari finanziari
    -Notai e avvocati
    -Commercialisti, consulenti del lavoro e revisori
    -Agenzie immobiliari
    -Fiduciarie e altri operatori non finanziari
    -Alcune categorie di aziende, soprattutto quando operano in settori a rischio

    Ma al di là dei tecnicismi, quello che è importante capire è che le imprese e i professionisti sono parte attiva nel contrasto al riciclaggio. La legge ci chiede di vigilare, segnalare e documentare: non possiamo più permetterci di ignorare questi obblighi.

    Gli obblighi principali
    Ecco, in sintesi, quali sono i principali adempimenti previsti per le aziende e i professionisti soggetti alla normativa:

    1. Adeguata verifica della clientela
    Prima di instaurare un rapporto d'affari o eseguire determinate operazioni, è necessario identificare il cliente, verificarne l’identità e acquisire informazioni sullo scopo e sulla natura del rapporto. Questo vale anche per i titolari effettivi delle società, ovvero le persone fisiche che ne detengono il controllo.
    2. Registrazione e conservazione dei dati
    Tutti i dati raccolti devono essere documentati e conservati per almeno dieci anni. La tracciabilità è fondamentale per consentire eventuali controlli da parte delle autorità competenti (come l’UIF o la Guardia di Finanza).
    3. Segnalazione delle operazioni sospette (SOS)
    Se, durante l’attività professionale o imprenditoriale, emergono indizi di operazioni potenzialmente legate al riciclaggio o al finanziamento del terrorismo, bisogna effettuare una segnalazione all’Unità di Informazione Finanziaria (UIF). Anche il solo sospetto, se fondato, è sufficiente per procedere.
    4. Adozione di procedure interne e formazione del personale
    Le imprese e gli studi professionali devono dotarsi di procedure interne per la gestione del rischio antiriciclaggio, oltre a garantire la formazione continua del personale coinvolto. Questo è fondamentale per evitare sanzioni e, soprattutto, per garantire un comportamento conforme.
    5. Valutazione del rischio
    Ogni soggetto obbligato deve effettuare una valutazione del rischio legata alla propria attività, ai clienti e alle operazioni effettuate. In base al livello di rischio, variano anche le misure da adottare (verifica semplificata, ordinaria o rafforzata).

    Le sanzioni: meglio non rischiare
    Le sanzioni amministrative e penali per chi non rispetta gli obblighi antiriciclaggio sono pesanti: si va da multe salate fino all’interdizione dall’attività. Ma al di là delle sanzioni, c’è un tema di reputazione e di fiducia, che oggi è più importante che mai.

    Un’opportunità per fare impresa in modo responsabile
    Personalmente, vedo la normativa antiriciclaggio non solo come un obbligo, ma anche come un’opportunità per rafforzare l’etica e la trasparenza del mio lavoro. Adottare buone pratiche di controllo e prevenzione significa proteggere la propria attività, i propri clienti e contribuire a un sistema economico più sano e sicuro.

    L’antiriciclaggio non è un tema riservato solo al mondo bancario: riguarda tutti noi, ogni giorno. Che tu sia un imprenditore, un consulente o un professionista, è fondamentale conoscere e rispettare gli obblighi di legge, adottare le giuste procedure e promuovere una cultura della legalità all’interno della tua organizzazione.

    #Antiriciclaggio #Compliance #DirittoDImpresa #ObblighiProfessionisti #SicurezzaFinanziaria #PrevenzioneRiciclaggio #Legalità #TrasparenzaAziendale #GestioneDelRischio #FormazioneProfessionale
    Antiriciclaggio: obblighi per aziende e professionisti Nel contesto economico e normativo attuale, essere informati e preparati in materia di antiriciclaggio non è più un'opzione, ma un dovere. Come imprenditore o professionista, ho imparato che non basta concentrarsi sul proprio core business: bisogna anche conoscere le normative che regolano il nostro operato, soprattutto quando si tratta di prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo. Un obbligo normativo, non solo etico Il quadro normativo di riferimento è rappresentato principalmente dal D.Lgs. 231/2007, modificato e integrato nel tempo per recepire le direttive europee (tra cui la IV e la V Direttiva Antiriciclaggio). Questo decreto impone una serie di obblighi a carico di soggetti specifici, tra cui: -Banche e intermediari finanziari -Notai e avvocati -Commercialisti, consulenti del lavoro e revisori -Agenzie immobiliari -Fiduciarie e altri operatori non finanziari -Alcune categorie di aziende, soprattutto quando operano in settori a rischio Ma al di là dei tecnicismi, quello che è importante capire è che le imprese e i professionisti sono parte attiva nel contrasto al riciclaggio. La legge ci chiede di vigilare, segnalare e documentare: non possiamo più permetterci di ignorare questi obblighi. Gli obblighi principali Ecco, in sintesi, quali sono i principali adempimenti previsti per le aziende e i professionisti soggetti alla normativa: 1. Adeguata verifica della clientela Prima di instaurare un rapporto d'affari o eseguire determinate operazioni, è necessario identificare il cliente, verificarne l’identità e acquisire informazioni sullo scopo e sulla natura del rapporto. Questo vale anche per i titolari effettivi delle società, ovvero le persone fisiche che ne detengono il controllo. 2. Registrazione e conservazione dei dati Tutti i dati raccolti devono essere documentati e conservati per almeno dieci anni. La tracciabilità è fondamentale per consentire eventuali controlli da parte delle autorità competenti (come l’UIF o la Guardia di Finanza). 3. Segnalazione delle operazioni sospette (SOS) Se, durante l’attività professionale o imprenditoriale, emergono indizi di operazioni potenzialmente legate al riciclaggio o al finanziamento del terrorismo, bisogna effettuare una segnalazione all’Unità di Informazione Finanziaria (UIF). Anche il solo sospetto, se fondato, è sufficiente per procedere. 4. Adozione di procedure interne e formazione del personale Le imprese e gli studi professionali devono dotarsi di procedure interne per la gestione del rischio antiriciclaggio, oltre a garantire la formazione continua del personale coinvolto. Questo è fondamentale per evitare sanzioni e, soprattutto, per garantire un comportamento conforme. 5. Valutazione del rischio Ogni soggetto obbligato deve effettuare una valutazione del rischio legata alla propria attività, ai clienti e alle operazioni effettuate. In base al livello di rischio, variano anche le misure da adottare (verifica semplificata, ordinaria o rafforzata). Le sanzioni: meglio non rischiare Le sanzioni amministrative e penali per chi non rispetta gli obblighi antiriciclaggio sono pesanti: si va da multe salate fino all’interdizione dall’attività. Ma al di là delle sanzioni, c’è un tema di reputazione e di fiducia, che oggi è più importante che mai. Un’opportunità per fare impresa in modo responsabile Personalmente, vedo la normativa antiriciclaggio non solo come un obbligo, ma anche come un’opportunità per rafforzare l’etica e la trasparenza del mio lavoro. Adottare buone pratiche di controllo e prevenzione significa proteggere la propria attività, i propri clienti e contribuire a un sistema economico più sano e sicuro. L’antiriciclaggio non è un tema riservato solo al mondo bancario: riguarda tutti noi, ogni giorno. Che tu sia un imprenditore, un consulente o un professionista, è fondamentale conoscere e rispettare gli obblighi di legge, adottare le giuste procedure e promuovere una cultura della legalità all’interno della tua organizzazione. #Antiriciclaggio #Compliance #DirittoDImpresa #ObblighiProfessionisti #SicurezzaFinanziaria #PrevenzioneRiciclaggio #Legalità #TrasparenzaAziendale #GestioneDelRischio #FormazioneProfessionale
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  • Bilancio di Sostenibilità e Report Non Finanziari: perché sono sempre più strategici per le imprese
    Negli ultimi anni, il concetto di performance aziendale si è evoluto. Non basta più misurare solo ricavi, utili e produttività: oggi, investitori, clienti, istituzioni e dipendenti vogliono sapere come un’impresa crea valore anche dal punto di vista ambientale, sociale e di governance (ESG).

    In questo contesto, strumenti come il bilancio di sostenibilità e il report non finanziario stanno diventando indispensabili. Come impresa.biz, vediamo crescere ogni giorno l’attenzione delle PMI e delle grandi aziende verso questo tipo di rendicontazione, anche alla luce delle novità normative in arrivo.

    Cosa sono e a cosa servono
    Il bilancio di sostenibilità è un documento volontario (obbligatorio solo per alcune aziende quotate o di grandi dimensioni), che racconta in modo trasparente l’impatto dell’azienda su temi come:
    -Ambiente: consumi energetici, emissioni di CO₂, gestione dei rifiuti, economia circolare.
    -Società: relazioni con il territorio, tutela dei diritti, parità di genere, welfare aziendale.
    -Governance: etica d’impresa, anticorruzione, gestione dei rischi ESG.

    Il report non finanziario (DNF), invece, è il documento previsto dal D.Lgs. 254/2016 per le imprese con oltre 500 dipendenti e determinate soglie economiche, e che diventerà ancora più centrale con la nuova Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) in vigore dal 2024.

    Perché diventano fondamentali
    Anche per le PMI, questi strumenti stanno assumendo un valore strategico per diversi motivi:
    -Accesso al credito e ai bandi: sempre più banche e fondi pubblici valutano le performance ESG per decidere a chi concedere finanziamenti.
    -Fiducia del mercato: fornitori e clienti vogliono lavorare con imprese trasparenti, responsabili e sostenibili.
    -Vantaggio competitivo: chi dimostra concretamente il proprio impegno ambientale e sociale si differenzia, attrae talenti e conquista la fiducia dei consumatori.
    -Compliance normativa: la rendicontazione ESG diventerà obbligatoria per un numero crescente di imprese. Meglio prepararsi ora.

    Come iniziare: i passi essenziali
    Per chi è alle prime armi con la rendicontazione non finanziaria, consigliamo di:
    -Definire una strategia ESG chiara e coerente con il proprio modello di business.
    -Raccogliere i dati interni su ambiente, risorse umane, governance, impatti sociali.
    -Utilizzare standard riconosciuti, come quelli del Global Reporting Initiative (GRI) o, per le imprese europee, i nuovi ESRS (European Sustainability Reporting Standards).
    -Coinvolgere tutte le funzioni aziendali, dalla produzione alla comunicazione, fino al controllo di gestione.

    Non solo un adempimento, ma un’occasione
    Redigere un bilancio di sostenibilità non è (solo) un obbligo o un esercizio di stile. È un modo per guardare dentro l’impresa con occhi nuovi, mettere a fuoco rischi e opportunità, valorizzare ciò che si fa bene e migliorare dove serve.

    Come impresa.biz, crediamo che le imprese che sapranno integrare la sostenibilità nei processi decisionali avranno un ruolo chiave nell’economia del futuro: più trasparente, più resiliente, più inclusiva.

    #BilancioDiSostenibilità #ReportNonFinanziario #ESG #SostenibilitàDImpresa #CSRD #GRI #TrasparenzaAziendale #ResponsabilitàSociale

    Bilancio di Sostenibilità e Report Non Finanziari: perché sono sempre più strategici per le imprese Negli ultimi anni, il concetto di performance aziendale si è evoluto. Non basta più misurare solo ricavi, utili e produttività: oggi, investitori, clienti, istituzioni e dipendenti vogliono sapere come un’impresa crea valore anche dal punto di vista ambientale, sociale e di governance (ESG). In questo contesto, strumenti come il bilancio di sostenibilità e il report non finanziario stanno diventando indispensabili. Come impresa.biz, vediamo crescere ogni giorno l’attenzione delle PMI e delle grandi aziende verso questo tipo di rendicontazione, anche alla luce delle novità normative in arrivo. Cosa sono e a cosa servono Il bilancio di sostenibilità è un documento volontario (obbligatorio solo per alcune aziende quotate o di grandi dimensioni), che racconta in modo trasparente l’impatto dell’azienda su temi come: -Ambiente: consumi energetici, emissioni di CO₂, gestione dei rifiuti, economia circolare. -Società: relazioni con il territorio, tutela dei diritti, parità di genere, welfare aziendale. -Governance: etica d’impresa, anticorruzione, gestione dei rischi ESG. Il report non finanziario (DNF), invece, è il documento previsto dal D.Lgs. 254/2016 per le imprese con oltre 500 dipendenti e determinate soglie economiche, e che diventerà ancora più centrale con la nuova Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) in vigore dal 2024. Perché diventano fondamentali Anche per le PMI, questi strumenti stanno assumendo un valore strategico per diversi motivi: -Accesso al credito e ai bandi: sempre più banche e fondi pubblici valutano le performance ESG per decidere a chi concedere finanziamenti. -Fiducia del mercato: fornitori e clienti vogliono lavorare con imprese trasparenti, responsabili e sostenibili. -Vantaggio competitivo: chi dimostra concretamente il proprio impegno ambientale e sociale si differenzia, attrae talenti e conquista la fiducia dei consumatori. -Compliance normativa: la rendicontazione ESG diventerà obbligatoria per un numero crescente di imprese. Meglio prepararsi ora. Come iniziare: i passi essenziali Per chi è alle prime armi con la rendicontazione non finanziaria, consigliamo di: -Definire una strategia ESG chiara e coerente con il proprio modello di business. -Raccogliere i dati interni su ambiente, risorse umane, governance, impatti sociali. -Utilizzare standard riconosciuti, come quelli del Global Reporting Initiative (GRI) o, per le imprese europee, i nuovi ESRS (European Sustainability Reporting Standards). -Coinvolgere tutte le funzioni aziendali, dalla produzione alla comunicazione, fino al controllo di gestione. Non solo un adempimento, ma un’occasione Redigere un bilancio di sostenibilità non è (solo) un obbligo o un esercizio di stile. È un modo per guardare dentro l’impresa con occhi nuovi, mettere a fuoco rischi e opportunità, valorizzare ciò che si fa bene e migliorare dove serve. Come impresa.biz, crediamo che le imprese che sapranno integrare la sostenibilità nei processi decisionali avranno un ruolo chiave nell’economia del futuro: più trasparente, più resiliente, più inclusiva. #BilancioDiSostenibilità #ReportNonFinanziario #ESG #SostenibilitàDImpresa #CSRD #GRI #TrasparenzaAziendale #ResponsabilitàSociale
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